Fiume. «Un bosco» non adatto ai piccoli spettatori

Il Teatro dei burattini di Fiume ha portato in scena il classico di Ivana Brlić-Mažuranić senza adeguarlo al pubblico al quale era rivolto

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Fiume. «Un bosco» non adatto ai piccoli spettatori
La storia non ha attirato l’interesse dei bambini. Foto: RONI BRMALJ

Anche se la raccolta di favole di Ivana Brlić-Mažuranić “Priče iz davnina” (Racconti dal passato) viene solitamente letta nella quinta classe della scuola elementare, il Teatro dei burattini di Fiume ha scelto il racconto “Šuma Striborova” (Il bosco di Stribor) per proporlo ai bambini. La storia in sé è abbastanza macabra e complessa, ma a rendere la messinscena problematica per i bambini piccoli è la mancanza di burattini e l’utilizzo del testo originale, risalente al 1916 e decisamente poco comprensibile al giorno d’oggi.
L’atmosfera che si respira sulla scena può sembrare un po’ “cyberpunk”, ovvero un mondo del passato che rende l’idea di un universo post-apocalittico, con luci soffuse e l’utilizzo di elementi di metallo, ma la storia viene raccontata per mezzo di oggetti molto semplici e universali. I personaggi sono un’ascia, una cintura e un pezzo di stoffa.
Il regista e drammaturgo Lary Zappia ha deciso di mantenersi fedele al testo originale, recitato con maestria dagli attori in scena: Almira Štifanić, Karin Fröhlich/Andrea Špindel, Damir Orlić e Zlatko Vicić, ma l’ostacolo maggiore per i bambini di tre o quattro anni presenti in platea è stato comprendere non solo alcune azioni dei personaggi (probabilmente pochi hanno visto rammendare una manica o accendere un focolare), ma anche il linguaggio arcaico usato dai personaggi. Per non parlare del fatto che la mitologia slava è pressoché sconosciuta ai bambini in età prescolare. Interessanti sono stati, però, accanto agli elementi scenografici (Dalibor Laginja), i giochi di luce e i video (Deni Šesnić), nonché le canzoni (Duško Rapotec Ute).
Lo spettacolo del Teatro dei burattini è fatto molto bene esteticamente ed è chiaro che il regista ha voluto trasmettere l’originalità della parabola del sacrificio materno e del legame che unisce madre e figlio, ma ogni progetto deve tener conto del pubblico al quale si rivolge e in questo caso il dialogo con lo stesso è mancato. In meno di 45 minuti di messinscena, un arco di tempo lunghissimo per i bambini, gli spettatori si sono decisamente annoiati. Il problema si potrebbe affrontare rivolgendosi piuttosto alle scuole elementari o semplificando il testo, ma anche rendendo meno macabra la scena, composta da elementi di metallo su sfondo nero. Nella speranza che in futuro le scelte artistiche siano più attente allo spettatore medio, consigliamo la visione de “Il bosco di Stribor” soltanto ai ragazzi più grandi.

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