Famìa Ruvignisa. Fine del Raduno 2023

I membri dell’associazione hanno ricordato pure i caduti di Cava Cise e la famiglia Hütterot

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Famìa Ruvignisa. Fine del Raduno 2023
I partecipanti all’incontro a Montona. Foto: CI DI MONTONA

Si è concluso il Raduno della Famìa Ruvignisa, organizzato per la festa di Sant’Eufemia da parte dell’associazione, che raggruppa gli esuli da Rovigno e loro discendenti e simpatizzanti, ma collabora anche con i rovignesi residenti. Tra i vari eventi, realizzati in buona parte assieme alla locale Comunità degli Italiani, sono stati commemorati i caduti di Cava Cise e la famiglia Hütterot. La prima commemorazione si è tenuta durante la visita di Montona e della locale Comunità degli italiani. Ad accoglierci presso la Cava, Simone Vicky Peri, presidente della Famiglia Montonese, accompagnata dalla madre Silva, che all’epoca fu testimone degli eventi. A partire dal 2001, la Famiglia Montonese ha allestito e curato il parco della rimembranza sorto dove furono massacrati, nel maggio ‘45, a guerra finita, più di 20 giovani di Montona e altre località. La Cava Cise rappresenta in Istria l’unica fossa comune sulla quale è stato possibile dare una cristiana sepoltura. La commozione palpabile di tutti i presenti, unitisi in preghiera, ha reso ancora più intensa la breve cerimonia. È seguita la visita, guidata dal prof. Marino Baldini, della stupenda Montona e della sede della locale CI, dove i convenuti sono stati calorosamente accolti dal presidente Enrico Pissach e da altri dirigenti, a suggellare una giornata indimenticabile.
Il giorno successivo la Famìa Ruvignisa ha commemorato la famiglia Hütterot presso l’isola di Sant’Andrea a Rovigno. Come ben noto ai rovignesi, le baronesse Enrichetta e Barbara de Hütterot e la loro governante furono deportate il 30 aprile 1945 dalla principale isola dell’arcipelago di Rovigno, della quale la famiglia era proprietaria, per poi scomparire per sempre. Oltre 40 persone hanno partecipato all’evento, guidate dal presidente della Famìa Gabriele Bosazzi e dalla consigliera Eufemia Giuliana Budicin, che hanno riassunto la storia dell’isola, che si ritiene abitata sin dall’epoca romana e dal VI secolo ha ospitato le strutture religiose dei monaci benedettini, poi avvicendati dai francescani nei secoli successivi. Una navata della chiesa abbaziale fu distrutta negli anni ‘60 per far posto a un albergo: conteneva degli affreschi del IX secolo, di cui restano solo le foto in bianco e nero scattate dallo studioso Branko Fučić. Il gruppo della Famìa ha dapprima visitato quanto resta delle antiche strutture conventuali e della residenza Hütterot, in buona parte inglobate nel ristorante dell’odierno “Hotel Istra”, che in ogni caso ne consente la visita; l’altra navata dell’antica chiesa dedicata a Sant’Andrea invece, un tempo allestita a piccolo museo, è al momento usata come magazzino del medesimo locale e quindi non accessibile. La comitiva si è quindi recata al centro dell’isola del Mas’cin, collegata a Sant’Andrea da un istmo, dove ha ricordato la tragica fine di Enrichetta, Barbara e della loro domestica, ponendo tre rose in loro suffragio all’interno dell’elegante mausoleo che fu realizzato da Georg Hütterot, con l’intenzione, poi non realizzata, di collocarvi la tomba di famiglia.
La presenza a Rovigno della famiglia iniziò con l’acquisto di questa e di altre isole circostanti da parte di Georg Hütterot nel 1890; il barone tedesco, figlio di un industriale operante a Trieste, si prodigò per restaurare i resti del complesso religioso installandovi la sua sontuosa dimora, ma soprattutto realizzò un’immane opera di rimboschimento, piantumando alberi di parecchie specie, anche esotiche, su tutta l’isola e sull’attuale parco di Punta Corrente, i cui terreni all’epoca spogli furono anche quelli comprati dal barone. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1910, la moglie e la figlia rimasero in pianta stabile sull’isola di Sant’Andrea. Diversi dei partecipanti alla commemorazione hanno riportato i loro ricordi della baronessa Barbara, la quale ricevette anche una medaglia al valor civile per aver soccorso e salvato un operaio ferito durante dei lavori in una cava di sua proprietà.
Si è trattato di una cerimonia semplice ma significativa, con la quale la Famìa auspica di aprire un varco dopo decenni di oblio sulla vicenda.

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