I tesori nascosti dell’Archivio di Stato

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I tesori nascosti dell’Archivio di Stato

La bella villa dell’arciduca Giuseppe, cugino dell’imperatore austriaco Francesco Giuseppe I, sita nel parco Nikola Host, ospita dal 1926 l’Archivio di Stato di Fiume, istituzione la cui missione è custodire, conservare e studiare documenti di vario tipo, come mappe catastali, registri notarili, anagrafi, progetti architettonici, antichi verbali di sedute di consigli comunali e altri organi amministrativi e quant’altro. Oltre all’enorme mole di materiale d’archivio custodito in diversi magazzini, che proviene da tutte le parti della Regione litoraneo-montana e da Segna, la sede dell’Archivio comprende tutta una serie di servizi amministrativi, una biblioteca e una sala lettura, uno spazio espositivo e una sala conferenze, il Dipartimento per il materiale d’archivio e quello per il servizio esterno d’archivio. Il Dipartimento di conservazione e restauro, un altro servizio di grande importanza dell’Archivio, opera invece in via dell’Acquedotto.

Nell’immaginario collettivo, l’Archivio di Stato è un luogo avvolto da una coltre di mistero, pieno zeppo di polverose carte ingiallite e antichi registri, scritti con una bella calligrafia spesso difficile da decifrare, nella quale lavorano persone altrettanto misteriose e magari un po’ asociali, che preferiscono la compagnia di libri e pergamene a quella di persone in carne e ossa, ma non è proprio così. Anche se effettivamente la sede dell’Archivio è piena di documenti antichi, questi sono ben organizzati in sezioni, custoditi con cura in vari magazzini disseminati un po’ ovunque nella villa. Se ne occupa il personale dell’Archivio, il cui compito è anche assistere gli studiosi, come pure i cittadini, nelle loro ricerche.

Ma quali sono i tesori nascosti dell’Archivio di Stato fiumano e come funziona quest’organismo così complesso e importante per la conservazione della memoria? A farci da Cicerone è Mladen Urem, responsabile della biblioteca e della sala di lettura, che ci porta a vedere ogni angolo della villa, la quale si rivela un labirinto di corridoi, stanze, magazzini, saloni, ripostigli, torri munite di scale a chiocciola, di angoli di per sé ricchi di storia. Perché la villa stessa è uno scrigno di affascinanti fatti storici.

Mladen Urem esordisce raccontandoci la storia della villa, che nell’epoca in cui venne costruita, ovvero alla fine del XVII secolo, era una villa rustica che apparteneva al patrizio fiumano Michele Androcha: ne è testimonianza lo stemma della famiglia sul camino al pianterreno. Gli Androcha furono un’importante famiglia di mercanti, presenti a Fiume dal XVI secolo, dei quali non si sa molto. Numerosi personaggi illustri furono successivamente proprietari della palazzina: il barone Vukasović, Andrea Lodovico de Adamich, la famiglia Scarpa, i Vranyczany. Nel 1881, il barone Simone Vranyczany vendette la villa all’arciduca Giuseppe, cugino dell’Imperatore Francesco Giuseppe I, in quanto questi fu costretto a stabilirsi nella parte ungherese della Monarchia in seguito a un dissidio con l’Imperatore. Affidò all’architetto fiumano Raffaele Culotti l’opera di ampliamento della villa, lavoro che venne concluso nel 1895, risultando una delle palazzine in stile eclettico più rappresentative di Fiume.

“I lavori di ampliamento della villa consistettero nell’aggiunta di un piano e di spazi aggiuntivi al pianterreno. Nel corso della sua storia, la villa subì diverse modifiche, per cui al suo interno sono visibili diversi strati architettonici – ci spiega Urem –. Tra le due guerre, quando Fiume faceva parte del Regno d’Italia, la villa era adibita a eventi culturali. Si trattava di uno spazio polivalente, nel quale operavano l’Archivio di Stato di Fiume, la Biblioteca civica, mentre tutto il pianterreno era adibito a un allestimento archeologico, il nucleo di un Museo civico che l’allora amministrazione desiderava istituire. Nell’Archivio custodiamo due scatole di oggetti destinati a questo ente museale che, però, non fu mai registrato come tale. Tra tutte le istituzioni insediate nella villa c’era pure una Scuola di musica. A un certo punto, nel secondo dopoguerra si capì che lo spazio non era sufficiente per accogliere tutte le istituzioni che vi operavano, per cui piano, piano, queste lasciarono la villa e vi rimase soltanto l’Archivio di Stato”.

Base della Loggia massonica

Iniziamo la nostra visita nella Biblioteca al secondo piano, uno spazio nel quale ricercatori e cittadini lavorano e consultano il materiale reperito nei magazzini dell’Archivio, al che scendiamo in pianterreno, che è una delle parti più antiche dell’edificio, dove è stata allestita un’altra biblioteca. “Si tratta di uno spazio particolare, in quanto in questa sala per tre secoli si svolgevano le cerimonie d’iniziazione della Loggia massonica, per cui sulle pareti si trovavano diversi simboli di quest’organizzazione. Durante i lavori di rinnovo della sala, abbiamo consultato i conservatori per vedere se sia necessario conservarli e metterli in mostra, ma ci è stato detto che ciò non è necessario. Pertanto, i simboli sono stati coperti da uno strato protettivo e riverniciati e se in un futuro qualcuno vorrà metterli nuovamente in mostra, lo potrà fare: basterà rimuovere lo strato di vernice. In questa sala si riunivano diversi personaggi illustri che hanno fatto la storia della città: i Vio, i de Adamich, gli Scarpa e via dicendo. La villa rimase una base massonica fino al momento in cui venne in possesso dell’arciduca Giuseppe”.

Dalla sala massonica, ovvero dalla nuova biblioteca, si entra in un piccolo ripostiglio che in passato fu una cappella di preghiera, costruita in stile neogotico, destinata agli Asburgo. Il 19 febbraio 1886, l’imperatrice Sissi presenziò alla cerimonia di consacrazione della cappella benedetta alla presenza dell’imperatore Francesco Giuseppe I. In quell’occasione la coppia visitò anche Abbazia. Il quotidiano fiumano di quell’epoca, “La Bilancia”, seguì assiduamente la loro visita per quattro giorni.

Proseguiamo verso i magazzini, dove notiamo sulle pareti i segni del tempo. L’edificio ha bisogno di un intervento di restauro, che inizierà – ci informa Mladen Urem – l’anno prossimo. Nella prima stanza è custodita tutta la documentazione degli Uffici tecnici del Comune di Fiume a partire dal 1845. “In questo magazzino sono custoditi tutti i progetti architettonici degli edifici costruiti a Fiume, mentre nella stanza seguente troviamo tutti i verbali delle sedute del Consiglio comunale dal XVII fino alla fine del XIX secolo. Questi documenti contengono delibere e decisioni su tutto ciò che concerne la città, dall’edificazione di nuovi palazzi ai vari servizi, ai problemi politici e via dicendo”, ci racconta Urem, mostrandoci un verbale del 1811, scritto con una bella calligrafia ornata. L’Archivio custodisce tutto, non si butta via niente, in quanto ogni documento è una testimonianza del passato.

Usciti dalla stanza, che si trova nella parte più antica della villa, ci imbattiamo in un possente muro medievale, che forse in passato faceva parte di una torre di difesa, ancora una testimonianza del ricco passato dello stabile.

Proseguiamo verso la stanza in cui sono custodite le antiche raccolte del nostro giornale, “La Voce del popolo” (quelle che abbiamo visto risalgono agli anni Cinquanta) e di altri quotidiani. L’Archivio custodisce 8 chilometri di documenti di vario tipo. Attraversate altre stanze e corridoi giungiamo al magazzino nel quale si trovano i documenti provenienti dall’isola di Cherso, di cui i più antichi risalgono al 1320.

Stanza-cassaforte

Ci fermiamo dinanzi a una curiosa stanza-cassaforte, con pareti dello spessore di un metro, nella quale sono custoditi i documenti più antichi e più preziosi, contenenti atti giuridici, registri notarili, anagrafi di valore inestimabile, non soltanto a livello nazionale, ma anche europeo e mondiale. “Sono preziosissimi perché sono unici, sono i primi documenti scritti, contengono dati sull’uso del glagolitico o di una variante particolare del latino utilizzata soltanto in questi territori. Insomma, si tratta di fonti ricche di dati importantissimi. Il documento più antico custodito nel nostro Archivio risale al XII secolo”, rileva Urem, aggiungendo come D’Annunzio avesse portato via da Fiume due scatole piene di antichissimi documenti d’archivio relativi a queste terre per custodirli nella sua residenza sul Lago di Garda.

Saliamo una rampa di scale, anche questa nell’ala più antica della villa, ed entriamo in un magazzino con le schede individuali dei cittadini di Sušak. Sono questi i documenti che illustrano chiaramente come la popolazione delle due sponde della Fiumara vivesse in un vero e proprio melting pot, con fiumani che si trasferivano a Tersatto e gli abitanti di Sušak che si stabilivano a Fiume. Raggiungiamo quindi una stanza contenente le schede individuali della Questura della Jugoslavia fino al 1990, e poi una nutrita collezione di raccolte del quotidiano fiumano “La Bilancia”, che usciva dal 1873 al 1918.

Al piano nobile si trova lo spazio espositivo con due sale e una stanza con tutto il necessario per l’allestimento delle mostre. Nella sala principale si trova la scrivania, a quanto sembra usata da D’Annunzio al Palazzo del Governo. Segue una stanza con le anagrafi di tutta la Regione litoraneo-montana a partire dal 1530 fino al 1919 e abbiamo pure occasione di sbirciare in un preziosissimo catastico del Comune di Cherso che va dal 1409 al 1795.

Database online

“Ecco un fatto curioso. Nel 1994 nell’Archivio giunsero dagli Stati Uniti dei rappresentanti della Chiesa mormone, che chiesero di poter fotografare le anagrafi del periodo compreso tra il 1960 e il 1994. Infatti, all’epoca avevano fatto questo lavoro in tutti i Paesi del mondo in cui avevano ottenuto il permesso di poterlo fare. Nei Paesi dell’ex Jugoslavia hanno pertanto fotografato le anagrafi della Croazia e di una parte della Slovenia. Le altre ex Repubbliche si erano rifiutate di dare loro questo permesso. Non sappiamo per quale ragione lo abbiano fatto, ma ora è possibile consultare questi database online”, spiega Urem mentre saliamo le scale a chiocciola nella torre della villa, per giungere agli uffici in soffitta, nei quali c’è il Dipartimento per il servizio esterno d’archivio. I dipendenti del Dipartimento coordinano il lavoro sul campo, ovvero il materiale d’archivio prodotto da aziende, associazioni, partiti politici, scuole, chiese, Tribunali e via dicendo. Come spiegatoci da Zoran Stanković, responsabile del Dipartimento, i documenti si suddividono in quelli di importanza nazionale, regionale e quelli di terza categoria. Mentre quelli appartenenti alle prime due categorie vengono custoditi nel loro insieme, di quelli della terza categoria viene custodita soltanto una parte prescelta. Attualmente, il Dipartimento tiene sotto controllo circa 20 chilometri di potenziale materiale d’archivio in Regione e a Segna creato dal 1990 fino al giorno d’oggi.

Sempre a disposizione dei cittadini

Scendiamo al piano nobile, dov’è iniziata la nostra visita dell’Archivio di Stato. Mladen Urem ribadisce che il personale dell’Archivio è sempre a disposizione dei cittadini e chiunque può venire qui a cercare informazioni. “Cerchiamo di assistere chiunque si rivolga a noi con una richiesta e rispondiamo alle richieste nell’arco di uno o due giorni. Dal momento che Fiume nel corso della sua storia ha vissuto numerosi cambiamenti di regime, il che ha inciso pure sulla struttura della popolazione, ci giungono spesso richieste da persone che vivono in diverse parti del mondo, ma i cui antenati provengono da queste terre. Il nostro Archivio è molto specifico perché abbiamo tantissimi contatti con altri Paesi proprio per questo motivo. Facendo ricerche nel nostro fondo, abbiamo scoperto anche tanti personaggi importanti a livello internazionale, la cui vita in un certo momento si è incrociata con Fiume o con un’altra città della nostra Regione”, conclude Mladen Urem. Ancora una conferma dell’importante ruolo dell’Archivio di Stato di Fiume nel custodire la memoria storica e ricostruire il ricco passato della città.

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