Dino Škamo, pompiere doc

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Dino Škamo, pompiere doc

Potremmo definirli eroi senza nome. Uomini che spariscono tra le lingue del fuoco di un palazzo in fiamme, si fanno largo in una massa di macerie di cemento, neve o fango, si gettano in mare, nel fiume o nel lago come fosse un gioco, sempre alla ricerca anche di un solo superstite. Basta salvarlo, basta vederlo vivo dopo l’intervento, basta soltanto incontrare quello sguardo grato di chi è consapevole di aver rischiato di morire, ma che è ancora in vita grazie al suo audace soccorritore.

Un eroe della porta accanto

Quante volte l’avrà pensato un eroe di casa nostra, un Vigile del fuoco che un nome ce l’ha ed è Dino Škamo, 46.enne capoturno del Comando dei Vigili del fuoco professionisti di Fiume, insignito nei giorni scorsi a Zagabria del premio nazionale “Ponos Hrvatske” (Orgoglio della Croazia) per il suo coraggiosissimo intervento a Pećine, dove nel 2018 un gruppo di bagnanti festeggiava l’inizio dell’anno con un tuffo in mare. Tutti ricordiamo con orrore quel primo gennaio trasformatosi in tragedia, dopo che due degli uomini tuffatisi in mare annegarono tra le onde violentissime, nel bel mezzo di un’usanza che assieme ad altri amici ripetevano da anni, per la gioia di tanti concittadini che li seguivano con simpatia. Era stato proprio Dino Škamo a tirarli fuori dall’acqua gelida, già consapevole che per loro non c’era più nulla da fare. “L’avevo capito subito – esordisce durante un’intervista per il nostro quotidiano –, che per loro era finita, ma con i miei compagni dovevo andare fino in fondo, concludere quell’azione tristissima, consegnare la salma ai familiari. Per noi questo è il momento peggiore, con il quale purtroppo s’impara a convivere. Come con la paura di morire”. Vedere in faccia la morte, rischiare la vita per salvarne un’altra, non sapere che cosa ti aspetta prima di ogni intervento, che cosa troverai una volta arrivato a destinazione, come finirà la missione. Sono tutto timori che accompagnano la professione di un Vigile del fuoco e il nostro interlocutore, con i suoi 26 anni di onorato servizio lo sa bene, abituato com’è a confrontarsi con qualsiasi situazione, in qualsiasi momento del giorno, quando meno se l’aspetta.

Quell’incendio a Lopača

“Uno dei casi che non dimenticherò fino a quando sarò vivo è l’incendio nell’ospedale psichiatrico di Lopača avvenuto il 17 agosto scorso, quando con il mio team sono riuscito a salvare da morte sicura undici persone – racconta con un velo di tristezza negli occhi –. Non sapevamo assolutamente a che cosa andavamo incontro, che cosa avremmo trovato una volta arrivati. A differenza di altre occasioni in cui uno sa già che cosa vedrà dopo essere giunto sul posto ed è consapevole del livello di gravità, per cui sa almeno in parte come prepararsi psicologicamente, nel caso di Lopača eravamo completamente all’oscuro di ciò che avremmo vissuto, anche perché la prima informazione ricevuta parlava soltanto di un edificio in fiamme. Ricorderò per sempre la scena che mi si presentò appena sceso dall’autocarro: due infermiere affacciate alla finestra del piano di sopra che, col terrore negli occhi, invocavano aiuto urlando ‘Bruceremo tutti’. Con i miei colleghi non ci ho pensato un secondo, siamo corsi dentro per salvare quelle persone”.
Che cosa ha pensato Dino Škamo in quegli attimi? “Per un secondo il mio pensiero è volato a mia moglie e ai miei due figli (Zola di due anni e mezzo e Ivor di quattro, nda), ma poi hanno avuto il sopravvento quelle persone e non ci ho riflettuto più. Ho agito come un automa, con il cuore a mille, guidato dall’adrenalina. È difficile per me spiegarlo, ma in attimi come questi non pensi a nient’altro che al compito che hai davanti, al fatto che devi assolutamente portarlo a termine. La mia missione di quel giorno era salvare tutte quelle persone imprigionate al piano superiore, fino all’ultima. Con la mia squadra ci sono riuscito ed è una cosa di cui sarò fiero per sempre. Momenti come questi non hanno prezzo ed è questo il motivo per cui ritengo la mia professione una vera e propria vocazione”.

O la va o la spacca…

L’incendio nell’ospedale psichiatrico di Lopača è uno di quelli che a Dino Škamo sono rimasti particolarmente impressi. Lo ripete più volte durante la nostra chiacchierata. “Ci sono stati secondi in cui ho sentito di essere allo stremo delle forze, in cui non potevo respirare, in cui sentivo il fumo nella saliva, ma in cui mi sono detto: ‘O la va o la spacca. Se ci lascio la pelle, sarà per un buon motivo’. È finita bene, per fortuna”, scherza ora questo simpatico pompiere, anche se ripensandoci sente ancora un brivido e ce lo confida quasi sottovoce.

La moglie? Preoccupatissima

“Ne ho parlato così tanto con mia moglie, che giustamente è preoccupatissima e viene assalita dal panico ogni qualvolta parto per un intervento. Sono i rischi che questo mestiere comporta e lei ha dovuto imparare a convivere con la paura di perdermi. Come dovranno fare i miei figli una volta che saranno cresciuti e che diventeranno consapevoli del tipo di lavoro che faccio”. Un lavoro che, come già detto, per questo coraggioso Vigile del fuoco è una vera e propria vocazione. “Io adoro questo mestiere. Letteralmente. Credo di essere nato per farlo e non esagero quando lo dico”.

E se non lo fosse diventato in quel lontano 1993, a vent’anni appena compiuti?

“Probabilmente sarei stato insegnante di educazione fisica. Amo lo sport e lo considero parte integrante e imprescindibile della vita di un uomo. Pratico nuoto e immersioni e mi alleno quotidianamente ed è grazie a questa preparazione fisica che non ho avuto remore nel gettarmi nel mare in tempesta per soccorrere quei bagnanti. Tutti noi pompieri siamo predisposti per qualcosa e tutti noi abbiamo determinate fobie, vuoi dell’altezza, vuoi della profondità, vuoi alla vista del sangue, eccetera. Senza il lavoro di squadra non si va da nessuna parte e io lo ripeterò anche a costo di risultare noioso. I miei colleghi sono per me come dei fratelli e ci conosciamo talmente bene che basta guardarci per capire chi avrà quale ruolo una volta giunti sul posto dell’intervento. Io sono addetto all’acqua”, scherza Dino Škamo, il quale si è fatto conoscere all’opinione pubblica già nel 2016, dopo avere salvato un istruttore di volo dall’acqua gelida del lago di Grobnico, dov’era precipitato con il suo paramotore. Nell’incidente, ricorderemo, aveva perso la vita una donna, sua allieva, che non era riuscita a slacciarsi la cintura di sicurezza ed era annegata prima dell’arrivo dei soccorsi. Il nostro interlocutore ricorda bene quel giorno e anche il successivo processo avviato nei confronti dell’uomo, che però non gli si è mai più avvicinato, al quale aveva partecipato come testimone.
Dino Škamo è un Vigile del fuoco entusiasta, che svolge il proprio mestiere con grande gioia, nonostante i momenti di pericolo. La sua forza più grande è la sua famiglia, che lo supporta in tutto e per tutto. “Sono il mio orgoglio e senza di loro non sarei quello che sono. È importantissimo avere i familiari dietro quando si fa un lavoro come il mio, sentire che ti supportano e ti comprendono. So benissimo che per loro non è facile e per questo non finirò mai di ringraziarli”. Un pompiere doc, che con i suoi compagni di ventura, non si sente affatto un eroe, bensì soltanto un professionista di soccorso, che affronta il pericolo nonostante la paura. “È umano averla, ma con i miei colleghi ho imparato a soffocarla”.

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