ANGOLI CITTADINI Bagno «Slatina» una storia travagliata

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ANGOLI CITTADINI Bagno «Slatina» una storia travagliata
Qui e sotto, l’area come si presenta al giorno d’oggi. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Nella seconda metà del XIX secolo lungo la costa di Abbazia affiorarono diversi stabilimenti balneari più o meno capienti per accogliere la mole di turisti e visitatori attratti dalle bellezze paesaggistiche, ma anche dalle acque medicinali della Riviera.

Come spiegato delle autrici Mirjana Kos e Julija Lozzi Barković nel libro “Il patrimonio balneare quarnerino”, il bagno “Slatina”, eretto nella baia da cui prese il nome, rappresentò il primo grande stabilimento balneare edificato nel territorio catastale di Volosca. Nel biennio 1888/89 la Società Meridionale delle Ferrovie comprò un appezzamento di terra sulla costa di Slatina con l’idea di adibire un’area riservata a turisti e villeggianti. Già pochi anni dopo la Società comprese l’urgenza di edificare un nuovo bagno di dimensioni consistenti. L’Amministrazione marittima di Trieste, a cui bisognava chiedere il permesso per qualsiasi tipo di intervento edilizio, non ebbe alcuna obiezione a riguardo e concesse il via libera ai lavori di costruzione dello stabilimento “Slatina”, anche perché all’epoca Abbazia era considerata il fiore all’occhiello della balneazione marittima dell’Impero austro-ungarico.
Fu subito evidente che la realizzazione del progetto sarebbe stata travagliata. Già prima dell’inizio dei lavori, la signora Adolfina Hassilinger, proprietaria di una villa adiacente, si oppose perché il progetto avrebbe ostruito il panorama che si godeva dalla sua proprietà. La Società delle Ferrovie Meridionali richiese comunque al Comune di Volosca il permesso di costruire. Permesso che fu concesso in seguito al nulla osta di una commissione competente che, dopo un sopralluogo, diede il suo benestare.
Il progetto portava la firma dell’architetto Josef Mitterlech e prevedeva una costruzione imponente con un padiglione centrale con due ali, le quali avrebbero dovuto costeggiare la baia. Ogni ala avrebbe dovuto avere due padiglioni: uno centrale e uno all’estremità, il tutto ornato da decorazioni e da orologi. La sovrastruttura avrebbe dovuto essere di legno e sovrastare dei massicci piloni a forma di parallelepipedo in pietra e cemento interrati nel sottosuolo marino, ma tale magnificenza non fu mai completamente realizzata.

La protesta del vicinato
All’inizio dell’estate 1986 fu completata soltanto una parte del prolungamento orientale. Nell’aprile 1897, quando si venne a sapere che si intendeva continuare con la monumentale costruzione, fu organizzata una protesta dei proprietari delle ville vicine e degli ospiti dei sanatori locali che si rivolsero alla Sovraintendenza Imperiale Reale di Trieste con la richiesta di proibire l’allargamento del bagno “Slatina”. Tale richiesta fu scritta in tre lingue: croato, tedesco e italiano, adducendo motivazioni estetiche e igienico-sanitarie e sostenendo che la visuale dall’entroterra sarebbe stata ostruita da “una brutta palazzina in legno”. Il dibattito fu molto infuocato, tanto che merita soffermarsi a elencare le giustificazioni igienico-sanitarie degli oppositori. Per prima cosa questi sottolinearono il fatto che la località possedesse molte sorgenti sotterranee, l’acqua dolce e l’acqua salata si sarebbero mescolate a discapito dei bagnanti che non avrebbero potuto godere delle proprietà curative di quella marina e di conseguenza l’acqua più fredda sarebbe stata nociva per le persone. Gli oppositori non mancarono di nominare che in estate poteva persistere un odore fatiscente dovuto alla decomposizione e all’essicazione della flora e della fauna marine durante la bassa marea. Bisogna dire che i vicini dello stabilimento erano molto preoccupati per il benessere dei natanti della “Slatina” perché evidenziarono anche che nella zona erano presenti tre ruscelli che sfociavano nella baia e portavano nelle sue acque sostanze dannose che fuoriuscivano dal sottosuolo e infine enumerarono i liquidi di scolo e piovani che scendevano dalla strada principale e portavano sporcizia nel mare.
Julius Glax, a nome della Commissione medica, rispose alle accuse asserendo la loro incorrettezza e non logicità e assicurando che la visuale sul lungomare non sarebbe stata rovinata. Suggerì di ridurre l’altezza e la larghezza della costruzione e di ridimensionare l’estetica per renderla più armonica. Lo stesso Glax però evidenziò che era necessario ampliare lo stabilimento a causa del turismo marittimo in continuo aumento. Contemporaneamente il medico distrettuale Tamaro, anch’egli membro della Commissione medica, testimoniò l’impossibilità di realizzare il progetto di Glax, rilevando che quella del collega era solo un’opinione personale, non la decisione della Commissione. L’imponente idea del progetto preliminare non fu mai portata a compimento, fu costruito solo un quarto della struttura progettata.

Un nuovo progetto
Nel 1909 gli architetti Sandor Nauhausler, Rudolf Pelda e Alois Breyer firmarono un nuovo progetto su richiesta della Società delle Ferrovie Meridionali. Nel 1910 si ebbe il dibattito sulla legalità dell’ingrandimento della struttura, finché la Commissione medica confermò la necessità di aumentare l’area dello stabilimento a patto che gli investitori rispettassero delle clausole molto restrittive. Nonostante tutte le limitazioni, la Sovrintendenza del Comune di Volosca non approvò le modifiche, asserendo che sarebbe stato un investimento nocivo per lo sviluppo di Abbazia perché avrebbe danneggiato i turisti invernali, molto più numerosi di quelli estivi, privando il lungomare del suo panorama, proprio in uno dei punti più belli.
Nel 1925 la Società Bagno Savoia cercò nuovamente il permesso di ridimensionare lo stabilimento balneare “Slatina” presentando il progetto dell’ingegnere Pichler, dipendente dell’Amministrazione marittima di Trieste, il quale pianificò un ridimensionamento della spiaggia di sabbia artificiale con edifici prefabbricati per ospitare locali e negozi, prestando attenzione all’aspetto della facciata rivolta alla strada. Nel 1927 si richiese anche il permesso per la ricostruzione della facciata meridionale e per altre migliorie, ma tutte le istanze vennero bocciate. Con il tempo venne concesso di ristrutturare la struttura finché la strada principale fu collegata al lungomare guadagnando un ampio spazio per negozi e spazi di ristorazione.
Nel 1979, a causa di un vento devastante, una zattera dell’hotel “Admiral” distrusse alcuni pilastri, la struttura lignea venne annientata e fu smantellata, rimase soltanto la spiaggia di sabbia artificiale. Con l’ultima ricostruzione in tre fasi, nel corso degli anni ‘80, la spiaggia di sabbia fu rimossa e venne cementificata per fare spazio a una grande area per prendere il sole con due piscine a forma di elisse.
Quella dello stabilimento balneare “Slatina” è una storia travagliata, che fa riflettere sul precario equilibro che si viene a creare tra sviluppo e incremento turistico, salvaguardia dell’ambiente e speculazione edilizia.

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