Arbe. Lager fascista di Campore (Kampor): 80 anni fa la liberazione

Alle celebrazioni i discorsi dei Presidenti di Croazia e Slovenia

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Arbe. Lager fascista di Campore (Kampor): 80 anni fa la liberazione

Bisogna confrontarsi con il passato per quanto doloroso sia stato. Il ricordo delle tragedie non deve mai venire meno affinché fungano da monito per il futuro. È con questo spirito che sull’isola di Arbe (Rab), in un clima di comunanza, le organizzazioni combattentistiche di Croazia, Slovenia e Italia hanno celebrato l’80esimo anniversario della liberazione degli internati del campo di concentramento fascista di Campore (Kampor). Sono interventi alla commemorazione delle vittime nel cimitero memoriale, deponendo una corona di fiori congiunta, anche i Capi di Stato di Slovenia e Croazia, Nataša Pirc Musar e Zoran Milanović. È sicuramente significativo il fatto che alla cerimonia siano intervenuti insieme i presidenti delle organizzazioni antifasciste di Slovenia e Croazia, Marjan Križman e Franjo Habulin, nonché il leader dell’associazione nazionale dei partigiani italiani Gianfranco Pagliarulo. Non è certo la prima volta che i tre leader danno un segnale congiunto della necessità di ricordare insieme le tragedie del secolo breve: lo avevano già fatto ad esempio in occasione del Giorno del ricordo delle foibe e dell’esodo, con comunicato nel segno della comprensione reciproca. La presidenza croata ha affermato in occasione della commemorazione che nel campo di concentramento di Arbe erano state internate circa 15mila persone, inclusi 1.200 bambini, di cui diverse migliaia erano perite per la fame e le difficili condizioni di vita. Gli internati erano in maggioranza sloveni, nonché croati soprattutto del Gorski kotar. Ma erano molti anche gli ebrei provenienti da diverse zone, a testimonianza d’un periodo storico complesso su cui è necessario riflettere.
I Presidenti di Croazia e Slovenia Zoran Milanović e Nataša Pirc Musar nel rendere “omaggio alle vittime del campo fascista italiano di Kampor” ad Arbe hanno invitato tutti ad affrontare il proprio passato e a lottare affinché il male non prevalga nell’uomo. Milanović ha ricordato che già una volta si è trovato nello stesso posto con l’allora Presidente della Slovenia Borut Pahor, ma che il Capo dello Stato italiano non era presente. “Ma questo non è da biasimare”, ha detto e ha espresso la speranza che il prossimo Presidente dell’Italia possa avere la volontà e l’interesse di venire alla commemorazione.

Milanović si è chiesto “chi fossero quegli ufficiali italiani, cosa pensassero, cosa accadesse nella loro testa e nel loro cuore quando vedevano la gente morire davanti ai loro occhi e rimanevano senza parole di fronte a questo. Il campo di Kampor è diventato un campo di morte nel momento in cui la gente ha cominciato a morire in modo incontrollato, donne e bambini, e questa è la banalità del male, di coloro che hanno assistito a tutto quanto”, ha detto il Presidente croato usando il termine Hannah Arendt, ricordando che anche gli ebrei sono arrivati ​​più tardi nel campo di Kampor.

Parlare di numeri è la cosa peggiore

Milanović ha aggiunto che “gli slavi venivano trattati qui come oggetti perché, tra l’altro, cercavano la loro realizzazione umana attraverso l’appartenenza a una nazione, slovena o croata. Quell’anno terribile del campo non si concluse con la sua liberazione, ma con la capitolazione dell’Italia e questo luogo ricorda la banalità del male umano, sempre presente, in agguato. Le quindicimila persone che sono passate di qui sono tante, ma anche poche per ricordarcelo”. Il Presidente croato ha aggiunto che parlare di numeri è sempre la cosa peggiore, sempre la trappola più grande. Ha menzionato in questo contesto il campo di concentramento di Jasenovac, oggetto di controversia tra Belgrado e Zagabria per il numero delle vittime. “Ancora oggi, più o meno, così tante persone muoiono in Ucraina, da entrambe le parti, e noi lo guardiamo, ci abituiamo lentamente, e questo pure non ha nulla a che fare con il bene dell’uomo, è diventato uno stile di vita”, ha detto il Capo dello Stato croato e ha valutato che “quando l’umanità si trasforma in analisi, in mera disposizione e spiegazione di numeri, significa che l’umanità ha bisogno di fare un respiro profondo e di chiedersi dove stiamo andando”.

La Presidente della Repubblica di Slovenia, Nataša Pirc Musar, ha affermato che “è molto importante per il nostro futuro non dimenticare le sofferenze dei nostri antenati, ma soprattutto i fatti storici e le testimonianze sugli eventi passati e sugli atti crudeli del fascismo e del nazismo. “Tutti dobbiamo affrontare la nostra storia, quale che sia. Non possiamo cambiarla. Possiamo celebrare giorni gloriosi e grandi persone, dobbiamo rammaricarci e condannare giorno dopo giorno atti infami e crimini contro l’umanità per non dimenticarli mai”, ha affermato.

Alla commemorazione hanno partecipato più di un migliaio di persone, di cui la maggior parte giunta dalla Slovenia. Sono state una ventina le delegazioni che hanno deposto corone di fiori al cimitero memoriale. Il sindaco di Arbe Nikola Grgurić nel suo intervento si è ricordato delle sofferenze delle persone internate in tutti i campi dei vari regimi autoritari nella zona.

Lo spirito dei partigiani italiani

Come si rileva sul sito dell’ANPI, il presidente Pagliarulo ha dichiarato, tra l’altro alla commemorazione: “Oggi noi diciamo Mai più!, ma sappiamo che non basta dire Mai più!. Occorre una piena assunzione di responsabilità da parte del mio Paese, che ho l’onore di rappresentare. Occorre affermare senza alcuna ambiguità che l’invasione italiana fu un atto criminale e che le tragedie successive furono causate soprattutto da quella invasione e aggravate da un razzismo strisciante verso le popolazioni slave. La incancellabile responsabilità politica di tutto ciò ricade sul fascismo italiano e sul nazismo tedesco in un tempo in cui dominavano in tutta Europa i nazionalismi. Ogni silenzio dev’essere superato. A maggior ragione questo è urgente, perché viviamo un tempo in cui rinascono forme vecchie e nuove di nazionalismo, razzismo, irredentismo, e persino di fascismo e di nazismo. Chi non ama tutta l’umanità non ama la sua patria. Questo era lo spirito patriottico dei partigiani italiani e dei partigiani di tutta Europa”.

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