Etnie. Il rischio di diventare anatre zoppe

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Etnie. Il rischio di diventare anatre zoppe

ZAGABRIA | “L’obiettivo dei referendum è una Croazia etnicamente pura in cui i croati potranno picchiare le croate”. Con questo titolo, sicuramente indicativo, il Večernji list, il quotidiano in lingua croata a maggiore tiratura nazionale ha pubblicato un’interessante ed esaustiva intervista all’On. Furio Radin, vicepresidente del Sabor e deputato della CNI. L’argomento trattato è stato di quelli scottanti, come ha rilevato lo stesso Radin. Siamo infatti al cospetto di due iniziative referendarie che si prefiggono da un lato l’abrogazione della legge di ratifica della Convenzione di Istambul, che tratta della violenza sulle donne, e dall’altro di ridimensionare le competenze dei deputati delle minoranze nazionali. “Si vuole trasformarli, detto all’americana, in anatre zoppe. Per poi eliminarli”, ha sottolineato il vicepresidente del Sabor.

Deputati «spazzatura»

Soffermandosi sulla consultazione voluta dall’Iniziativa civica “Il popolo decide”, l’On. Furio Radin l’ha definita “molto confusa per quanto riguarda la Legge elettorale” che si vuole modificare, ma in realtà “assai chiara quando si tratta delle minoranze nazionali”. “Uno dei quesiti referendari punta a ridurre il numero dei deputati minoritari. Questo è rivolto esclusivamente nei confronti della comunità minoritaria serba, in quanto la Legge costituzionale prevede che le minoranze che rappresentano meno dell’1,5 per cento della popolazione complessiva hanno diritto a cinque deputati, mentre a quelle con una quota superiore – e solamente i serbi la superano – spettano da uno a tre parlamentari. Visto che nessuno dispone della forza necessaria per modificare la Legge costituzionale – serve infatti la maggioranza qualificata dei due terzi dei deputati – è evidente che questo quesito ha nel mirino i serbi. Però se qualcosa è rivolto nei confronti di una minoranza nazionale allora è rivolto nei confronti di tutte. Il secondo quesito referendario punta a svuotare di contenuto le competenze dei parlamentari minoritari. Provate a immaginare una situazione in cui i parlamentari delle etnie, al momento del voto di fiducia al governo o del voto sulla Legge finanziaria, devono alzarsi e abbandonare l’Aula! In una simile situazione diverremmo praticamente dei deputati “spazzatura”, dei parassiti che non fanno altro che intascare lo stipendio. I promotori del referendum sostengono sostengono di volerci togliere di dosso l’etichetta di etnobusinessman, però in realtà gli etnobusinessman sono loro, in quanto fanno leva sulla nazionalità, usando l’appartenenza etnica quale strumento. L’obiettivo è quello di privare le minoranze nazionali della rappresentanza parlamentare, perché il secondo passo sarebbeo quello di abolire completamente i seggi minoritari al Sabor, in quanto si porrebbe la questione della loro utilità”.

Croazia «etnicamente pura»

Chiaramente il referendum sulla Legge elettorale si riallaccia a quello sulla Convenzione di Istanbul, in quanto per dirla in soldoni è di fatto farina dello stesso sacco. A questo proposito, Radin sottolinea che i promotori “rinfacciano al governo anche la ratifica della Convenzione di istanbul sulla lotta alla violenza contro le donne, per cui riassumendo l’obiettivo di queste due iniziative referendarie è quello di giungere a una una Croazia etnicamente pura in cui i croati potranno picchiare le croate”. Come rilevato, per l’appunto in apertura.

Si punta ad assimilare le etnie

Anche nell’intervista concessa a Direktno.hr., il vicepresidente del Sabor ha ribadito che “le iniziative del catto-talebani” hanno quale obiettivo quello di “edificare un Paese in cui tutti sarebbero croati, perché le minoranze e i loro deputati sarebbero persone di serie B e alla fine sarebbero assimilate”. L’On. Radin si è detto comunque convinto che i referendum non avranno successo in quanto sono in contrasto con i diritti dell’uomo e delle minoranze: “E se per qualche grottesco miracolo dovessero passare, la Croazia diverrebbe uno scherno dell’Europa e del mondo libero”.
Rispondendo a quanti rinfacciano ai deputati minoritari di essere eletti in Parlamento con un numero di voti molto inferiore rispetto agli altri parlamentari – e tra questi particolarmente loquace è Željka Markić, leader dell’associazione conservatrice “In nome della Famiglia” – il vicepresidente del Sabor ha sottolineato nell’intervista al Večernji list di aver ricevuto nella sua circoscrizione “quale unico candidato 3.100 voti su un bacino elettorale con complessivi 17mila elettori, mentre Željka Markić l’unica volta in cui ha partecipato alle elezioni politiche nel secondo collegio che conta dai 300 a 400mila elettori, è riuscita a ottenere appena 1.717 suffragi”.

Un attacco assurdo

Furio Radin ha risposto pan per focaccia anche al leader dell’SDP, Davor Bernardić, il quale aveva rinfacciato alle minoranze di appoggiare il governo nonostante in Croazia, come rilevato dalla Commissione europea, vi sia un clima d’intolleranza. Il vicepresidente del Sabor ha evidenziato in questo contesto che il rapporto europeo al quale si richiama Davor Bernardić è stato stilato proprio in base ai documenti e alle dichiarazioni dei rappresentanti minoritari. “Davor Bernardić mi ha deluso. Penso che non sia all’altezza del ruolo che ricopre. Il suo partito è allo sbando e lui attacca le minoranze. Quando rimarrà nuovamente solo capirà di aver sbagliato”, ha affermato il deputato della CNI al Sabor.

Le riforme possono andare avanti

Soffermandosi sull’attuale coalizione di governo, Radin ha rievato che le maggioranze risicate incentivano alla collaborazione e non sono di per sé negative. Le riforme non dipendono da questo fatto, almeno non quando si tratta dei deputati delle minoranze nazionali”, ha evidenziato il vicepresidente del Sabor, lasciando intendere che le riforme possono proseguire.

Foibe. «Ricordare e rispettare tutte le vittime»

Parlando nell’intervista concessa a Direktno.hr delle tragedie, ovvero degli eccidi, perpetrati in particolare nel secondo dopoguerra, l’On. Furio Radin ha evidenziato che “le vittime sono innocenti per definizione. Chi è stato gettato in una foiba o nelle cosiddette ‘foibe marine’, ossia affogato, dev’essere ricordato e rispettato quale persona, con nome e cognome, che ha perso la vita in una guerra, nella maggior parte dei casi senza colpa né pena. Io ho visitato alcune foibe assieme ai miei connazionali, in silenzio, senza dare fiato alle trombe, in quanto ai defunti serve la pace e non la politicizzazione del loro tragico destino. La stessa cosa la propongo anche per Bleiburg”.In merito alle “eterne accuse” secondo le quali “solamente in Istria sarebbe ancora presente la Jugoslavia” e alla tesi secondo la quale la Regione continua a dover dimostrare la sua appartenenza alla Croazia, Radin ha rilevato che la penisola non deve dimostrare niente a nessuno: “Se in essa vivono persone di nazionalità diversa questo è un vantaggio, non una mancanza. I cetnici, gli ustascia e tutti gli altri fascisti sono naturalmente ‘persone non grate’”.

Un governo senza valide alternative

“Il governo di Andrej Plenković cadrà? No, in quanto tutte le alternative sono ben peggiori. Non abbiamo bisogno del nazional-populismo e nemmeno dell’anarchia. E la grande coalizione tra SDP e HDZ non è gradita a nessuno dei due partiti e devono riconoscere che entrambi hanno ragione a questo proposito”, ha rilevato l’On. Radin a Direktno.hr in merito alla crisi innescata dallo scandalo Agrokor. Il vicepresidente del Sabor si è detto convinto che Plenković non abbia avuto alcun vantaggio né materiale né di altro tipo da questa situazione, un fatto che ha un indubbio peso in Croazia. Per quanto concerne “la responsabilità politica le conseguenze le ha già subite visto che ha chiesto e ottenuto le dimissioni della vicepremier Martina Dalić”.
Per quanto concerne lo scandalo Agrokor, Radin si è detto convinto che la maggioranza e l’opposizione dovrebbero avere lo stesso obiettivo, quello di ridurre al minimo le conseguenze negative della crisi della multinazionale zagabrese, per salvare i posti di lavoro.

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