Come in un romanzo

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Come in un romanzo

Che effetto fa discendere da uno degli scrittori più amati e apprezzati di tutti i tempi, simbolo del Novecento letterario? Non è oro tutto quel che luccica, verrebbe da dire a leggere i retroscena, e il termine “bizzarro” è forse uno dei più blandi per descrivere quest’incrocio di genio e follia che ha contraddistinto la “tribù” dei Hemingway. Autore impareggiabile di romanzi quali “Addio alle armi”, “Il vecchio e il mare”, “Per chi suona la campana”, “Il sole sorge ancora”, per citarne solo alcuni, Ernest Hemingway ha vissuto intensamente: fama, ricchezza, trionfi e cadute, fiumi di alcol, quattro matrimoni e diverse relazioni extraconiugali, fidanzamenti al di fuori del matrimonio (tra cui quello con Adriana Ivancich, appartenente a una famiglia veneziana discendente da armatori di Lussinpiccolo), leggendarie battute di pesca e caccia, corride, safari, due guerre (la Prima mondiale e quella civile spagnola), pagine e pagine tra libri, racconti, articoli giornalistici, un premio Nobel e una depressione che lo condurrà al suicidio.
Su di lui se ne sono dette tante: supermacho, era un mito e in tal senso difficile da “gestire”. È il 2001 quando il figlio minore, Gregory, viene trovato morto nella cella di una prigione femminile di Miami, dov’era stato rinchiuso sei giorni prima per atti osceni in stato d’ebbrezza. Padre di otto figli, era un medico e amava travestirsi da donna, facendosi chiamare Gloria. Nel 1995 si era fatto operare per cambiare sesso e si era fatto impiantare un seno, uno soltanto, come le Amazzoni. “Gig” (così il padre l’aveva ribattezzato) se ne andò in circostanze tristi, anche se naturali, dopo una vita di instabilità di umore e quattro matrimoni. Come il padre andava a caccia e a pesca, aveva il vizio del bere e un carattere turbolento. Ha lasciato un libro molto apprezzato dal pubblico, una biografia del padre intitolata “Papa: a personal memoir”.
E ha scritto un libro anche il figlio di Gregory, John: Una strana tribù. Memorie di famiglia. Un tentativo di riabilitare almeno in parte il defunto padre, che sostiene essere stato in tutto e per tutto uguale al celebre nonno. Infatti, come riportò lo stesso Ernest, assomigliava più di tutti a lui, sia fisicamente (“un piccolo Thomas Hudson in miniatura”, si legge nel romanzo “Isole nella Corrente”, dove Gregory è rievocato nella figura di Andy) che in alcuni lati del carattere, nella passione per la pesca, le donne e la caccia. Ma Gregory del padre finì per ereditare anche un certo lato oscuro – soffrirono entrambi di bipolarismo (disturbo che oggi si ritiene abbia una componente genetica) ed entrambi erano affascinati dall’androginia –, nonché le stesse debolezze, fragilità e un continuo estremismo, con forti spinte autodistruttive. Nell’opera (pubblicata di recente da Marlin editore, collana La camera del fuoco, Cava de’ Tirreni, 232 pp., traduzione di Maria Grazia Nicolosi, introduzione di Roberto Vitale, euro 17.90), il nipote del celebre romanziere rivela anche molti tratti poco noti della figura di Ernest, che come poi Gregory lottò tutta la vita con le proprie contraddizioni, cercando un equilibrio tra la parte femminile e maschile della sua personalità.

Maschile e femminile

Entrambi hanno avuto madri che li hanno cresciuti come fossero bambine. La bisnonna Grace, che si era sempre sentita schiacciata dalla figura di suo fratello, allevò il piccolo Ernest come fosse “la gemella” della sorellina Marceline, di un anno più grande: andavano in classe insieme, si scambiavano i vestiti, le bambole… E nonna Pauline, seconda moglie di Ernest, rimase molto delusa quando nacque Gregory, perché il marito infedele, che già cominciava ad allontanarsi da lei, desiderava ardentemente una bambina: da sempre priva d’istinto materno, non fece mistero della sua delusione e affidò Greg a una governante alcolizzata. Coraggiosi esploratori dell’animo umano, fragili e sensibili, Gregory tentò di essere all’altezza dell’irraggiungibile leggenda paterna. Uno sforzo vano. Diceva che non poteva fare a meno di travestirsi da donna perché era l’unica cosa che allentava uno stress insopportabile. Non era gay; non ha mai mostrato attrazione per gli uomini – nemmeno dopo l’operazione –, per tutta la vita ha amato e sedotto le donne. Semplicemente aveva un’inaspettata attrazione per lo scambio di genere.
Il libro, acclamato dalla critica, scopre come sia stato difficile crescere in quest’ambito. John è un “sopravvissuto” alle strane vicissitudini della sua “tribù”. Un’infanzia travagliata, suo padre soffriva di psicosi maniaco-depressiva – da un’esaltazione a mille giri piombava in stati di umore plumbeo, si chiudeva come fosse un eremita, con gli stessi abiti per settimane, tra piatti sporchi, spazzatura, sbronze, risse, arresti –, sua mamma Alice Thomas, era schizofrenica; per cui ha trascorso i suoi primi anni spostandosi da una casa all’altra.
“Mio nonno quando abitavano a Cuba trovò mio padre undicenne che si stava provando, nella sua stanza, delle calze da donna – narra John –. Lo guardò e non gli disse niente… Solo qualche giorno dopo lo chiamò mentre stavano vicini alla piscina, e gli disse ‘Tu e io proveniamo da una strana tribù’. Non ne parlarono più, ma rimase chiaro che avevano questo in comune. Però mio padre non lo raccontò mai in pubblico. Del resto chi gli avrebbe creduto? Solo ora gli studiosi stanno riscoprendo questo lato di mio nonno”.

Fuori dalla strana tribù

Lui che nella roulette genetica è stato risparmiato, si è sforzato di comprendere tutti questi casi di disturbo bipolare nella sua non-tradizionale famiglia, anche per aiutare altri con gli stessi problemi. “Ho sentito il dovere di fare qualcosa per ristabilire una certa verità storica quando mio padre è morto, nel 2001, da trans, stroncato dalla stampa mondiale come la pecora nera della famiglia…”, dirà John Hemingway. “Per questo il mio è un libro di memorie sulla famiglia in cui cerco di evidenziare i lati oscuri di nonno Ernest, ma anche, in qualche modo, riabilitare di fronte al mondo la controversa figura di papà. Il primo osannato come virile scrittore, l’altro frettolosamente rimosso come depravato per le sue stranezze sessuali”.
“Ho lavorato sodo per raccogliere del materiale anche inedito. Quando mio nonno si suicidò avevo 11 mesi, ma ho raccolto le confidenze di mio padre, e trovato carteggi inediti fra lui e Ernest”, lettere anche molto violente tra Ernest e Gregory. Con questo mémoire coraggioso, John cerca di perdonare e così liberarsi dei fantasmi della sua adolescenza. L’autore con grande capacità si distacca dalla storia e la racconta con estrema efficacia e sincerità, in maniera imparziale, con uno stile minimalista. Un’autobiografia/biografia straziante, più dolorosa che scandalistica, affascinante, che arriva al cuore del lettore. Una vicenda che si legge come un romanzo postmoderno.

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