Un decennio di «Magazzino 18». La magia si ripete

Al Politeama Rossetti di Trieste è stato riproposto lo spettacolo musicale di Simone Cristicchi che non tralascia alcunché della storia del 900 in queste terre

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Un decennio di «Magazzino 18». La magia si ripete
Una scena dello spettacolo proposto nel 2013 a Pirano. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

“Magazzino 18 è stato uno spettacolo di riconciliazione – così l’ha definito il regista Antonio Calenda, per vent’anni alla direzione del Teatro Stabile FVG che l’ha prodotto -. Dieci anni fa il giorno della prima mi chiamò il questore; era molto spaventato perché girava voce che ci sarebbero state proteste, anche violente. La causa dello strepitio era la bambina che nello spettacolo raccontava in sloveno della prigionia e morte del padre nel campo di concentramento di Arbe (il fascismo sul confine orientale non ammetteva che si parlasse altra lingua che l’italiano e tutti coloro che contravvenivano all’ordine, in odore di antifascismo, rischiavano di finire in questo campo di prigionia dal quale era facile non uscirne vivi, nda). Non si voleva – ha raccontato Calenda – che in uno spettacolo sull’esodo dei giuliano-dalmati si parlasse in una lingua slava”.

Il clima di tensione
Poi però tutto si sciolse come neve al sole, l’emozione fu grandissima e ci fu solo un lungo, lunghissimo fragoroso applauso alla fine della rappresentazione. Chi era in città quel giorno di dieci anni fa ricorda il clima di tensione che si respirava; sembrava che Trieste continuasse a non voler uscire da quel provincialismo culturale in cui si era chiusa, soprattutto dopo il trattato di Osimo. Però la gente, anche se sobillata, ha dalla sua il cuore e il cuore quella sera disse che quello era uno spettacolo di riconciliazione tra italiani e slavi, tra esuli e rimasti, perché tutti capirono l’ingranaggio della storia in cui il nostro popolo era stato stritolato senza nessuna possibilità d’uscita. Antonio Calenda, per l’occasione del decennale e della riedizione di quel grande successo, che ha visto di nuovo Simone Cristicchi dominare la scena del Rossetti, ha ricevuto dal sindaco della città, Roberto Dipiazza, il sigillo trecentesco per aver impresso un carattere manageriale al teatro, portandolo così a livelli internazionali.

Antonio Calenda, Roberto Dipiazza e Serena Tonel.
Foto: ROSSANA POLETTI

Un «musical civile»
La riedizione di Magazzino 18 non si scosta dall’originale di cui avevamo raccontato al debutto: un musical civile che non tralascia alcunché della storia di quel disgraziato ‘900: dei gravi screzi tra italiani e slavi, già prima dell’avvento di Mussolini, dei militari ammazzati a Spalato, del Balkan bruciato a Trieste, dei soprusi del fascismo, mai ammessi, sulle popolazioni slave, della Risiera, del campo di internamento di Arbe, delle vendette dei partigiani di Tito, delle nefandezze non solo sui capi fascisti, in qualche modo responsabili di qualcosa, bensì su tante persone che finirono nelle foibe senza sapere il perché. “Dentro la buca” canta ancora il coro di bambini pestando all’unisono un bastone per terra. È il fragore dei corpi che cadono nelle foibe, mezzi ammazzati e mezzi vivi. È il sogno di Tito che vorrebbe annientare la popolazione italiana e arrivare fino all’Isonzo con una nazione tutta e solo slava.

Il dramma di queste terre
L’Orchestra del Teatro Verdi di Trieste, diretta dal maestro Valter Sivilotti, suona melodie, ballate, accenna a 1947 di Sergio Endrigo che, pur tacendo, non si era mai fatto una ragione di quella fuga da Pola in giovanissima età. E poi c’è il fragore dell’esplosione a Vergarolla e l’eroismo di Geppino Micheletti, il campo profughi di Padriciano, Goli otok, i rimasti che non avevano potuto e voluto staccarsi dalla loro terra. Unica novità del testo di Cristicchi è l’accenno al ritrovamento l’anno scorso di qualche migliaio di corpi in fosse comuni a Kočevski Rog, in Slovenia, a testimoniare che la crudeltà dei titini non si era riversata solo sugli italiani (all’arrivo delle truppe partigiane di Tito gli oppositori anticomunisti sloveni e croati avevano tentato l’esodo nella vicina Austria ed erano stati riuniti in un campo nei pressi di Klagenfurt. Le truppe britanniche che occupavano il Paese dopo la sconfitta del Terzo Reich ne avevano però deciso il rimpatrio. Una volta rientrati in Jugoslavia, i prigionieri, per lo più civili, erano stati condannati a morte, torturati e uccisi. I resti furono rinvenuti durante gli scavi per la nuova autostrada, nda).
Il pubblico della prima, molti i giovani delle scuole, di questa celebrazione del decennale di Magazzino 18 si alza in piedi alla fine e applaude lungamente; si ripete la magia di quella straordinaria serata di dieci anni fa, quando finalmente a teatro approdò uno spettacolo che rappresentava degnamente il dramma di queste terre, capace di girare l’Italia e arrivare a quei tanti, troppi che della nostra storia non sapevano ancora niente. Tutto esaurito per le repliche successive.

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