Odonimi storici a Fiume: un segnale importante per tutta la CNI

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Molti fiumani avranno sentito un tuffo al cuore nel vedere, per la prima volta sulla pubblica piazza, tabelle con toponimi storici la cui memoria finora era stata tramandata soprattutto nello stretto ambito familiare. Certo i più anziani li avranno magari visti, tantissimi decenni fa, in epoche che sembrano ormai remote e che appartengono di diritto alla storia. Ma era dal 1954, da quella famosa “Notte dei cristalli” in concomitanza con le convulse vicende legate alla crisi di Trieste, che la lingua italiana non aveva praticamente diritto di cittadinanza nel centro storico. Ora è arrivato un primo segnale, importante, fondamentale, che fa ben sperare e che scalderà i cuori ai fiumani, rimasti ed esuli.
Ma si tratta anche di un passo che non riguarda soltanto il capoluogo quarnerino, bensì tocca da vicino l’identità stessa, multiforme e composita di queste terre, e di conseguenza interessa tutta la Comunità Nazionale Italiana. Si dirà, il bilinguismo, quello formale, è presente dal secondo dopoguerra in buona parte dell’Istria occidentale costiera, a partire dagli anni Novanta è stato ampliato in particolare nell’area polese e in quella parentina, in quest’ultimo caso spesso anche nell’immediato entroterra.
Ma Fiume, anche per la sua storia particolare, per la sua posizione storica al confine tra varie entità statuali, assume una valenza simbolica che compendia quella di altre realtà. Si è detto anche di recente nel mondo della diaspora che Fiume è stata una sorta di laboratorio culturale, in cui l’identità più che un fatto legato alle origini è stata il frutto di una scelta o di un intreccio tra influssi culturali, linguistici e dialettali diversi. Un fatto questo che i sostenitori delle purezze etniche hanno visto a lungo come fumo negli occhi, facendo di tutto per conculcare e misconoscere il carattere culturale anche italiano dei fiumani. Con tutte le sue ovvie e inevitabili peculiarità locali. Riconoscendo questa realtà composita a Fiume la si riconosce di fatto simbolicamente anche per quanto concerne altre zone con peculiarità simili del territorio d’insediamento storico della CNI, dall’Istria centro-orientale, alle isole quarnerine, alla Dalmazia.
Seppure timidamente, dunque, l’italiano nella sua accezione storica è ridiventato visibile nella città di San Vito, ha ottenuto diritto di cittadinanza sulla pubblica piazza. Certo anche finora la CNI non è che fosse bistrattata a Fiume rispetto a diverse realtà istriane. A parte la presenza di istituzioni storiche dell’etnia, pure dagli anni Novanta ad oggi erano stati fatti passi avanti. L’autoctonia era stata riconosciuta nello Statuto, era stato concesso il seggio garantito nel Consiglio cittadino, era stata rafforzata la rete di scuole materne con l’apertura anche di un asilo nido, era stata completata la verticale scolastica con la nascita del Dipartimento d’italianistica a livello universitario. Tutte cose importanti, sicuramente ce ne saranno state anche di altre. Ma mancava un segnale esteriore tangibile che potesse rendere davvero la cittadinanza tutta consapevole del retaggio culturale, anzi multiculturale, del nucleo urbano. L’appuntamento con Fiume Capitale della Cultura 2020 è stato la grande occasione. Al di là di tante altre meritorie iniziative a permettere al capoluogo quarnerino d’imporsi in questa corsa sicuramente è stato il richiamo alla sua storia peculiare. Alle autorità municipali va il merito di non aver sprecato quest’opportunità, di aver lanciato quel segnale pubblico che s’attendeva da decenni, naturalmente con la valida collaborazione della minoranza e degli esuli che hanno saputo suggerire soluzioni valide. Per una città che guarda a un futuro turistico e scientifico, postindustriale, essere consapevole delle proprie radici, non celarle, né tantomeno vergognarsi di esse, è fondamentale. Ma è importante anche per tutta la CNI, perché, come rilevato, di realtà abbastanza simili ce ne sono tante. Ad esempio Albona, dove soluzioni che ricordano l’attuale esperienza fiumana sono state sperimentate pubblicamente già tempo addietro.

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