ETICA E SOCIETÀ Uguaglianza anche nella prassi

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ETICA E SOCIETÀ Uguaglianza anche nella prassi

Nei giorni scorsi sono stato a Copenaghen (città stupenda e accogliente, abitanti molto cordiali!) per un convegno sull’uguaglianza di genere. Le discussioni hanno riguardato primariamente le conquiste che ancora devono essere fatte per raggiungere una piena uguaglianza delle donne nelle nostre società. Parlo di società al plurale, poiché i partecipanti provenivano da Stati diversi. Il convegno è stato organizzato nell’ambito del progetto internazionale SPEAR che coinvolge anche l’Università di Fiume.

Che cosa dire, oggi, dello stato dei diritti delle donne? È evidente che alcuni importanti progressi sono stati realizzati rispetto, ad esempio, a un secolo e mezzo fa, quando un filosofo della politica come John Stuart Mill era impegnato a spiegare perché alle donne deve essere riconosciuto il diritto al voto. Per fortuna, non ci sono più le discriminazioni esplicite mostrate, ad esempio, a livello di cultura popolare nella divertente fiction Netflix, Lidia Poët. Non voglio raccomandare una simile fiction quale una fonte storica attendibile, né per elevati meriti artistici (peraltro, assenti). Se vogliamo apprendere seriamente i fatti storici dobbiamo scegliere fonti più attendibili, così come dobbiamo cercare altrove la possibilità di soddisfare il bisogno di arte. Ma la raccomando, perché divertente e in quanto stimola ad apprendere notizie più precise sulla vita di questa donna molto importante nella storia italiana. Lidia Poët, torinese, infatti, è stata la prima donna, in Italia, a conquistare il diritto osteggiato di esercitare la professione di avvocato. Un personaggio che merita un riconoscimento pubblico e che, credo, sarebbe utile ricordare anche nelle scuole della CNI.

Nonostante i progressi, sono necessari miglioramenti. Soltanto un’uguaglianza pienamente riconosciuta nell’affermazione e nella pratica corrisponde a un livello di uguaglianza soddisfacente. Questa condizione non è ancora raggiunta nelle nostre società, fino a quando le donne incontrano maggiori ostacoli nella carriera, fino a quando i compiti sono distribuiti in modo disuguale nelle famiglie, fino a quando per lo stesso lavoro, in media, le donne sono pagate in modo inferiore. Non c’è un pieno riconoscimento della dignità in una condizione nella quale le donne con compiti istituzionali pubblici sono commentate in modo diverso rispetto agli uomini, ad esempio, in corrispondenza alle proprie caratteristiche estetiche o modo di abbigliarsi. Non possiamo essere soddisfatti di una situazione nella quale le molestie nei posti di lavoro sono, ancora, un male che va quanto meno monitorato (laddove, cosa ancora peggiore, non è di fatto presente). Purtroppo, c’è anche di peggio, come la violenza in alcune famiglie, ma credo di avere già indicato alcune illustrazioni sufficienti per rappresentare il problema.

Un errore frequente nelle discussioni che riguardano il riconoscimento dei diritti è un’osservazione superficiale del tipo “ma che cosa vogliono, ora, quando hanno un riconoscimento pieno dell’uguaglianza nella legge”. L’errore presente in commenti simili è quello di non considerare il fatto che il riconoscimento formale dell’uguaglianza, anche se, naturalmente, importante, non è sufficiente. È importante, anche, una realtà nella quale si garantiscono a tutti le capacità effettive di esercitare i propri diritti. Queste capacità effettive, ad esempio, possono implicare presupposti culturali. Ad esempio, non è soddisfacente una circostanza nella quale la legge garantisce a tutti un uguale diritto di accedere a tutte le carriere, ma una parte delle persone riceve un’educazione (a partire dalle famiglie) che favorisce la rinuncia a queste opportunità o offre stimoli minori rispetto a quelli offerti ad altri. Oppure alcune persone incontrano degli ostacoli di carattere biologico che gli altri non hanno. In questo caso, è un dovere della società attenuare o, nel caso ottimale, rimuovere questi ostacoli con adeguate politiche. Parlando delle opportunità delle donne si pensi a politiche che riguardano la maternità. Concludo l’elenco ricordando che le possibilità effettive di esercitare i diritti non sono presenti quando esiste un ingiustificato pensiero diffuso di scetticismo nelle capacità di alcune persone.

In breve, c’è ancora molto da fare. Buon 8 marzo.

*Professore ordinario di Filosofia Politica

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