Una riflessione sull’identità plurale della traduzione

Presentato alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università «Juraj Dobrila» di Pola il volume di Rita Scotti Jurić e Lorena Lazarić. Il volume è dedicato a studenti e studiosi

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Una riflessione sull’identità plurale della traduzione
Lorena Lazarić, elis deghenghi olujić, rita scotti Jurić, nives Zudič antonič e danijel načinović. Foto: Arletta Fonio Grubiša

Essere Italiano, ma anche Croato oggi in Istria, rappresenta una sfida culturale/linguistica, implica una complessità, ma anche un piacere di ragionamento su due o più binari, oltre che bilingue anche quadrilingue: italiano e croato standard, istroveneto e ciakavo. E guai ad aggiungere anche la ricchezza locale dell’area linguistica slovena o gli idiomi importati dalla globalizzazione e dall’industria dell’ospitalità. La traduzione automatica, spontanea, obbligatoria e l’onnipresente passaggio da un codice all’altro fanno parte della vita e del DNA istriano, rappresentano la ginnastica quotidiana per la mente che se traslata sul piano scritto può diventare emicrania e piacere al tempo stesso. Immaginarsi allora quel che significa il mestieraccio della traduzione letteraria nella quale soltanto pochi linguisti e artisti della parola riescono a conquistare l’equilibrio tra rispetto e ricreazione del testo originale.

Una guida completa
Ebbene, d’ora in poi tanto di sfida potrà risultare facilitata da una vera e propria guida, un vademecum oltremodo interessante che ieri ha avuto presentazione negli ambienti universitari di Pola dove i corsi di Italianistica e di Scienze della formazione in lingua italiana vantano mezzo secolo di tradizione. È in questa sede che l’attenzione del pubblico è stata eccome catturata dal libro “Tradurre e non tradire. Riflessioni teoriche e analisi testuali”, scritto da Rita Scotti Jurić, prof.ssa ordinaria di Linguistica in quiescenza e Lorena Lazarić, ricercatrice presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Ateneo polese. L’opera da 208 pagine (corredata da premessa, introduzione, postfazione, recensioni, corposa bibliografia, elenco di tabelle, indici di nomi e argomenti) è recensita da Nives Zudič Antonič, prof.ssa di letteratura italiana presso il Dipartimento di Italianistica dell’Università del Litorale di Capodistria, ieri coprotagonista della presentazione, e, da Franco Finco, docente dell’Istituto per il plurilinguismo e la formazione interculturale di Klagenfurt nonché del Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia di Fiume.

Aspetti linguistici, letterari e culturali
Onori di casa assolti ieri da Lorena Lazarić con saluti ai tanti presenti tra cui il poeta, giornalista e pubblicista, Daniel Načinović e in veste ufficiale Lina Pliško, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, nonché Iva Blažević, preside della Facoltà di Scienze della formazione. L’allocuzione introduttiva e più esaustiva, però è stata affidata a Elis Deghenghi Olujić, prof.ssa ordinaria, già docente del Dipartimento di Italianistica, ricercatrice e autrice di numerosi saggi scientifici e di critica letteraria, focalizzata principalmente sugli scrittori della Comunità Nazionale Italiana dell’istro-quarnerino. Qual è stato il suo punto di partenza? Un capello levato al cospetto dei traduttori, in quanto veri e propri “mediatori culturali” ingiustamente privati della fama riservata, in esclusiva, agli autori dei testi letterari. Da quanto sentito, il volume che le autrici hanno prodotto dopo indefessa pluriennale ricerca, portata avanti lavorando fianco a fianco, “è frutto di una riflessione sull’identità plurale della traduzione con l’intento di contemplarne gli aspetti linguistici, letterari e culturali, e allargare il campo degli studi sul genere alle influenze di altre discipline umanistiche, non puramente linguistiche, perché un approccio interdisciplinare è quello che s’impone sempre più anche nella pratica della traduzione”. Sempre per Elis Deghenghi Olujić, lo sforzo compiuto dalla autrici è indirizzato a una riflessione e a una presa di posizione intorno alla (in)traducibilità la cui complessità culmina al cospetto dei testi poetici in particolare. La medesima sottolinea pure l’evidenza: Rita Scotti Jurić e Lorena Lazarić “sono convinte del fatto che la traduzione favorisce il dialogo, che essa costituisce il ponte che mette in contatto due lingue e due culture senza annullarne le differenze, e senza neppure appiattirle: l’idea portante che le anima è che misurandosi con il testo non si traduce mai solamente una lingua, ma una cultura e una prospettiva culturale”.

Frutto di un’esperienza didattica
Ma, il valore aggiunto, recepito, è rappresentato dal fatto che il libro è maturato nell’ambito dell’esperienza didattica delle autrici: “il volume vuole fornire principalmente agli studenti universitari e a coloro che si occupano di traduzione, di quella letteraria in primis, un testo esauriente, scientificamente aggiornato, ma allo stesso tempo chiaro e scorrevole, delle strategie traduttive che caratterizzano la mediazione scritta, mettendo in stretto rapporto la dimensione teorica con quella applicativa”. Al filo di ragionamento proposto dalla prima oratrice è poi seguito l’ulteriore valido approfondimento di Nives Zudič Antonič, che si è soffermata a spiegare i diversi aspetti importanti dell’opera che “copre un’ampia varietà di argomenti in relazione agli studi sulla traduzione considerandoli da diversi punti di vista disciplinari” (teoria letteraria, letteratura, stilistica e linguistica); “analizza questioni teoriche e pratiche sulla base di opere tradotte”; compie “un’esplorazione tra italiano e croato, in quanto le autrici si muovono all’interno delle due lingue e culture dell’Istria” e propone una “molteplicità degli approcci metodologici: da quello linguistico e storico a quello qualitativo e quantitativo”.

Analizzati tre capitoli
Tramite esposizione della recensitrice sono stati illustrati i tre capitoli di “Tradurre e non tradire”. Nel primo, “Tra universale e locale” si affronta il discorso traduttivo partendo da problemi di fondo e concetti trattati attraverso l’analisi di due poeti istriani contemporanei che scrivono in ciakavo: Daniel Načinović e Rudolf Ujičić. In questo stesso capitolo, come fatto notare da Elis Deghenghi Olujić, si compie pure un “vero proprio azzardo”: le autrici propongono niente meno che la traduzione in croato e l’analisi di filastrocche e poesie di Gianni Rodari. Risultato? Il metatesto è finito per assumere “un’altra identità” però il testo originale è rimasto “riconoscibile e vivo”. Niente tradimento. La creatività ha ottenuto briglie sciolte mentre la “fedeltà al testo originale” è risultata davvero prioritaria.
A proposito della seconda parte del volume intitolata “Tra struttura e stile” che affronta i casi di (in)traducibilità, Nives Zudič Antonič rivela in anteprima che “vi è anche un altro autore preso in considerazione per il confronto delle possibilità espressive dei tempi passati nelle due lingue, italiano e croato. È Bruno Maier, attraverso l’analisi del suo romanzo ‘L’assente’”. Quanto alla terza parte del libro – intitolata ‘Tra target-oriented e source-oriented’ – si apprende che “le autrici hanno voluto dimostrare che la traduzione rappresenta non solo un’occasione unica di approfondimento e di osservazione privilegiata dei valori impliciti nelle lingue e nelle culture che si mettono in comunicazione, ma anche un atto privilegiato di mediazione interculturale”.

Non solo teoria
L’incontro presentazione di ieri ha visto proporre dal vivo degli squisiti momenti letterari con traduzioni. Daniel Načinović interpellato con benevolenza quale “persona caleidoscopica” o “homo universalis” si è reso interprete della propria poesia “Barka na kraju”, che da melodia ciakava diventa istroveneta tra redi e rampon de “la “Barca in riva”, fino a legno morente nell’italiano standard a firma di Srđa Orbanić. A seguire, un vero omaggio anche alla poesia di Rudolf Ujičić, in versione originale e tradotta, proposto da Rita Scotti Jurić per inneggiare al fatto che i parlanti ciakavi e istroveneti si trovano a condividere la medesima terra, il medesimo sole, le medesime gioie e le medesime sorti e sofferenze. “Umro je Barba Liberat” commuove anche quando “Xe morto sior Libero”, “od Franca Jozefa soldat” e quando “solo un can per lui una lagrima ga lasà”. “Traducendo” in breve, per Rita Scotti Jurić, traduzione significa “affidare”, “consegnare all’altrui capacità e discrezione” una creatura letteraria. I discorsi si sono conclusi all’insegna dei ringraziamenti e dell’intervento emotivo di Lorena Lazarić che ha salutato il pubblico con stile: in italiano, croato, istroveneto e ciakavo. La conversazione ha conosciuto anche uno splendido intermezzo musicale sulle note di Chopin, magistralmente proposte da Chiara Jurić, docente della Scuola di Musica I. Matetić-Ronjgov e dell’Accademia di Musica.

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