Storie di filatelia fiumana

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Storie di filatelia fiumana

Nell’articolo di dicembre intitolato Una tragedia umana e fiumana del XX secolo ho raccontato la storia di Edmondo Granitz, commerciante filatelico di Fiume, di origine ungherese, apolide ed ebreo, fucilato dai comunisti titini ai primi di maggio del 1945, dopo l’occupazione della città il 3 di maggio. Pochi giorni prima, il 21 di aprile, era stato assassinato sulle scale di casa a Susak l’architetto Giovanni Rubinich (italianizzato Rubini), autonomista fiumano, uno degli esponenti più in vista della Lega Liburnica, che accarezzava il sogno di uno Stato Libero di Fiume al termine della seconda guerra mondiale Un’architettura postale Giovanni Rubinich, nato a Laurana nel 1876, si era laureato al Politecnico di Budapest nel 1900 e dal 1902 alla Grande Guerra, pioniere dell’architettura “secessione”, aveva progettato a Fiume circa 70 diversi importanti edifici di carattere pubblico, residenziale, d’affari e operai, tra cui la Casa Sirius, in cui si trovava la sede della Loggia Massonica di cui lui stesso faceva parte. Nel 1919 entra a far parte del Consiglio Nazionale Italiano, con nomina il 24 novembre dello stesso anno a fiduciario del Dicastero delle Poste: su sua proposta il Consiglio delibera di mantenere per l’Austria-Ungheria la tariffa postale per l’interno, anche se ormai deve essere considerato “estero”. Nella seduta del 6 dicembre viene accolta la proposta di Rubinich di emettere da parte dell’Ufficio postale un francobollo commemorativo da cent. 20 in 15.000 esemplari in occasione del trigesimo (17 m.c.) dell’occupazione di Fiume da parte delle truppe italiane, il cui ricavato andava devoluto per sussidi a studenti che intendessero continuare i loro studi in Italia: progetto evidentemente abortito non essendoci traccia di una successiva emissione di questo francobollo. Rubinich, confermato alle Poste nella seduta del 30 dicembre, più volte sollecitato invano di riuscire a procurarsi una “adeguata provvista di francobolli italiani”, spiega nel Comitato del 24 febbraio che per ragioni politiche non possono essere usati francobolli italiani ma che “sino all’ annessione definitiva all’ Italia” la città di Fiume “per ragioni imprescindibili è costretta ad usare un francobollo speciale”. Nel frattempo Rubinich deve affrontare il 23 di gennaio del 1919 una dura contestazione addirittura nella seduta plenaria del Consiglio Nazionale. Infatti il signor Zigar “solleva la questione della mancanza di francobolli che si verifica tanto nelle rivendite quanto all’Ufficio Postale, rilevando che la mancanza va ascritta alla sconfinata incetta dei francobolli ad opera dei collezionisti e di speculatori. Ritiene responsabile di ciò il delegato e gli vota la sfiducia”. Rubinich risponde che “circa l’incetta di francobolli per parte dei filatelici egli a buon punto mise un freno a quell’incetta, ma eliminarla totalmente era impossibile. Per l’avvenire sarà poi abbondantemente provvisto al fabbisogno del servizio postale con una grande emissione di francobolli nuovi, che escluderà ogni mancanza (la Pittorica che uscirà di lì a pochi giorni ndr)”. Zigar si riferiva evidentemente ai francobolli ungheresi in filler e corone sovrastampati “Fiume” in vendita dal 2 di dicembre dell’anno prima. Il 24 di febbraio Rubinich si fa approvare l’emissione di francobolli speciali con sovrattassa di Lire 5 (poi trasformata in corone) il cui utile netto “andrà devoluto a favore di studenti accademici della futura provincia di Fiume, iscritte nelle Università del Regno”, la famosa serie Plebiscito messa in vendita il 18 di maggio. Il 7 di aprile l’Ingegnere si fa approvare l’emissione di un francobollo in onore del commendator Grossich, presidente del Consiglio Nazionale, con l’effigie del Presidente stesso, “immediatamente prima dell’annessione all’Italia”, gravato da una sopratassa di Lire 2, poi trasformata in Corone 2, a favore di un fondo da intitolare a suo nome. Ma la mancata annessione fa slittare la messa in vendita al 20 di settembre mentre la Tipografia Sacco e Vanzetti di Milano aveva già da tempo concluso la stampa: il ritardo provoca nuove polemiche nel Comitato del 5 di giugno nel corso del quale “il Dr. Springhetti dice che gli è stato riferito che a Milano si trovano in vendita dei francobolli commemorativi fiumani con l’effigie del Presidente, che non si possono invece acquistare a Fiume. L’ Ing. Rubinich dichiara che i francobolli furono confezionati a Trieste (Milano ndr) e che il controllo fu rigoroso; egli non esclude però che siano stati commessi degli abusi. Le ricerche fatte sinora a Trieste e a Milano hanno avuto per risultato il sequestro di alcune serie di francobolli fiumani, che però non erano autentiche. Si prendono a notizia le dichiarazioni del delegato alle Poste con la raccomandazione di continuare le indagini.” Nella seduta del Comitato del 2 di maggio era stato invece il signor Prodam a denunciare “un caso di abuso del potere d’ Ufficio successo nella mattina alla Posta. Una persona che aveva chiesto un francobollo di 10 cor. ottenne da una addetta postale la risposta che il chiesto francobollo era esaurito: lo poteva però ottenere a Cor. 20 il pezzo presso il suo capo-ufficio”. Su questo caso venne decretata l’apertura di una inchiesta. Le proteste continuano: nella seduta del 14 agosto 1919 “il signor Rodolfo Schneider si lagna diffusamente sul modo seguito nell’ultima emissione di francobolli, rilevando diversi inconvenienti riscontrati; non sa spiegarsi la ragione per cui i francobolli vennero stampati a Trieste anziché a Fiume dove il controllo avrebbe potuto essere più accurato e severo, sì da evitare i diversi furti (che daranno vita a varietà di dentellatura ndr).” Rubinich risponde che “certi inconvenienti era tecnicamente impossibile eliminarli ed osserva che per nuove disposizioni adottate essi cesseranno del tutto”. Dopo l’entrata di D’Annunzio a Fiume il 12 settembre del 1919 Rubinich viene sostituito alla guida del Dicastero delle Poste e non prende pertanto parte alle controverse vicende della filatelia fiumana al tempo delle emissioni promosse dal Comandante al tempo della Reggenza del Carnaro. E così il commerciante di francobolli ebreo Granitz e il responsabile delle Poste e delle emissioni filateliche del Consiglio Nazionale di Fiume Rubinich si avviano verso il loro tragico destino: colpito il primo dalle leggi razziali nel 1938 che lo costrinsero al confino, il secondo dalla messa fuori legge nel 1925 della massoneria da parte del fascismo, dopo aver visto Logge devastate in tutta Italia da parte degli squadristi. Entrambi poi, a distanza di pochi giorni, saranno assassinati dai sicari del comunismo titino, pagando con la vita l’attaccamento alla loro città che li aveva visti 25 anni prima protagonisti, autorevoli o chiacchierati, della storia filatelica di Fiume. Filatelia dannunziana Uscito di scena Rubinich viene delegato alle Comunicazioni Vittorio de Meichsner che deve fare i conti con la difficile convivenza con D’Annunzio. Il 1° di marzo del 1920, assente per malattia de Meichsner, è il delegato al Commercio Bellasich a comunicare al Comitato direttivo che “il Direttore delle Poste e Telegrafi si è recato da lui per interessarlo ad occuparsi della amministrazione postelegrafica che va di male in peggio. Il Direttore ha descritto a fosche tinte le conseguenze degli attuali sistemi, perdurando i quali tra breve la Amministrazione Postelegrafica costituirà un onere per il bilancio dello Stato.” L’avv. Nascimbeni, delegato alla Giustizia, viene incaricato di una indagine e il 4 di marzo comunica al Comitato “di essere venuto a conoscenza che al Comando arrivano grandi quantitativi di francobolli di nuovo tipo, destinati probabilmente ad uso postale. S’incarica il delegato di assumere informazioni al riguardo presso il Capo di Gabinetto del Comandante e nel caso queste corrispondano alle voci che corrono, far presente al Capo di Gabinetto che l’Amministrazione Postale non accetterà la vendita dei francobolli per conto del Comando, né potrà considerarli quali francobolli legalmente emessi.” Il 6 di marzo Nascimbeni riferisce che “il Comando ha ricevuto 50mila fogli di francobolli speciali che non sa a quale scopo debbano servire; se tali francobolli dovessero servire in luogo degli attuali francobolli postali fiumani, il danno che ne deriverebbe al Consiglio Nazionale – a prescindere dalla menomazione d’uno dei più cospicui diritti di regalia – sarebbe gravissimo.” Il Presidente, pur apprezzando le ragioni fiscali addotte da Nascimbeni, “ritiene che si debba in qualche modo venir incontro al Comando, il quale si trova in critiche situazioni finanziarie. Si potrebbe forse escogitare una soluzione che tenga conto dei reciproci interessi nel senso che il Comando si dichiari disposto a cedere tutto il quantitativo di francobolli all’amministrazione postale, la quale a sua volta si obblighi a versare al Comando una data quota dell’incasso. Si delibera che il Presidente Comm. Grossich, l’Avv. Nascimbeni e il Dr Springhetti trattino con il Capo di Gabinetto del Comando per addivenire ad un compromesso nel senso proposto dal Presidente.” Nel Comitato del 5 agosto viene reso noto che “in seguito all’accordo concluso tra il Comm. Grossich ed il Comandante sarà d’assegnare al Comando sulla emissione dei nuovi francobolli l’80% di utile netto derivante da quelli venduti per speculazione filatelica ed il 60% della vendita normale agli sportelli.” Credo, sino a prova contraria, che sia l’unico caso al mondo di una Autorità statuale che accetta formalmente di incassare una parte degli utili derivanti non dalla vendita dei francobolli al loro valore facciale ma della “speculazione filatelica” di cui si prevede saranno oggetto, iscrivendo la relativa posta nel bilancio preventivo delle Poste e Telegrafi.

Tratto da “L’arte del francobollo” per gentile concessione dell’autore

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