«Intermezzo». Il rapporto tra corpo dell’artista e contesto in cui viviamo

Allo Studio Tommaseo di Trieste è in visione fino al prossimo 8 dicembre la mostra degli artisti Giovanni Morbin e Slaven Tolj, curata da Daniele Capra

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«Intermezzo». Il rapporto tra corpo dell’artista e contesto in cui viviamo

Resterà aperta fino all’8 dicembre “Intermezzo”, la mostra degli artisti Giovanni Morbin e Slaven Tolj, presentata da Trieste Contemporanea, allo Studio Tommaseo di via del Monte 2/1 a Trieste. Morbin è artista vicentino, Tolj è invece nato a Dubrovnik (Ragusa) dove vive e lavora. Entrambi praticano la body art, la performance e concepiscono l’opera come un habitus incerto e aperto, uno spazio di mediazione e di frontiera, ma anche di straniamento, poiché lo spettatore non sempre conosce le convenzioni che in quel contesto si praticano o ha consapevolezza di ciò che sta accadendo. Morbin all’inaugurazione ha infatti accolto all’ingresso i visitatori misurando la temperatura, ha controllato il Green pass, consegnando a tutti un biglietto numerato, una performance che si fa opera d’arte nel momento in cui viene ripresa e l’ospite inconsapevole deve poi dare il proprio consenso, avendo tra l’altro incontrato l’artista senza saperlo.

 

«Non sto più nella pelle»

L’allestimento è stato curato da Daniele Capra che abbiamo incontrato nell’occasione. “L’intermezzo è ciò che sta tra due cose, a teatro è l’interruzione tra due atti, per l’artista è essere incistato tra lo spazio positivo e la vita, l’opera è l’interstizio di relazione tra il corpo dell’artista e il contesto in cui si manifesta – ha dichiarato il critico d’arte -. Vuole rappresentare l’estensione del corpo al di fuori dello stesso, ‘non sto più nella pelle’ è l’espressione che racconta della volontà e della condizione di Giovanni Morbin, che usa il proprio sangue e le cellule della pelle per andare oltre il proprio corpo”. Sugli scalini dell’ingresso alla mostra l’artista ha impresso alcuni disegni utilizzando il sangue e, con lo stesso mezzo, ha plasmato sul foglio il disegno di una sua cellula dilatata.

Intimità e denuncia politica

Slaven Tolj propone nella mostra un video nel quale si mostra nudo, ovvero “impotente in un mondo che gli impedisce di interagire. L’obiettivo è trasformare le cose intime in interesse generale – ci ha detto Capra -. In un disegno propone un sesso maschile cancellato e un altro nascosto, a significare il senso di castrazione, ‘sono un uomo ma lo nascondo’, ma anche per affermare che detta impotenza non è sessuale bensì una condizione contemporanea che nega la potenza dell’umanità. Anche l’abito a cui sono state cucite le tasche con un filo rosso, proposto in mostra, è il simbolo della privazione tra la relazione interno-esterno. Ma c’è in Tolj una denuncia più esplicitamente politica, quando propone una bandiera molto consunta e strappata, una di quelle che vengono poste sul tetto nell’edilizia quando viene raggiunto l’apice della costruzione, per affermare l’inutilità del nazionalismo e delle sue esagerazioni”.

Analisi del momento attuale

Nella sala della galleria viene esposta una decina di opere, tra cui disegni, sculture, video, oggetti. Una sedia posta di fronte ad uno schermo diventa per Morbin “scultura sociale” proprio per la sua capacità di introdursi in un contesto e interagire con esso in forma funzionale, essendo capace, anche ironicamente, di attaccare bottone spontaneamente con l’esistente, quando sempre il solito spettatore si siederà su di essa inconsapevolmente. Per Slaven Tolj l’arte è un lavoro di scavo interiore, ma anche una lucida analisi del contesto socio-politico, che vengono condensati nella forma della performance e della scultura”, ha concluso Capra.

Una collaborazione iniziata nel capoluogo quarnerino

L’artista e attivista Slaven Tolj è stato a capo del Museo d’Arte moderna e contemporanea (MMSU) di Fiume per due mandati. Una volta scaduto l’incarico e dopo la realizzazione del progetto A.F.A.Z.I.J.A.E.P.K., Tolj ha fatto ritorno nella sua città natale, Dubrovik (Ragusa). Con il progetto A.F.A.Z.I.J.A.E.P.K., tenutosi nel mese di giugno di quest’anno nel complesso Benčić, Slaven Tolj ha voluto salutare Fiume e concludere il progetto Fiume Capitale europea della Cultura 2020, di cui è stato direttore artistico. L’idea principale di A.F.A.Z.I.J.A.E.P.K. è stata quella di celebrare il 100.esimo anniversario della nascita di Joseph Beuys, Ivan Kožarić ed Edo Murtić come pure la partenza di Tolj da Fiume.

Slaven Tolj

L’artista vicentino Giovanni Morbin si era presentato al pubblico fiumano nell’ambito del progetto Fiume CEC 2020. La sua prima opera, un’installazione denominata “AutomaTic”, era stata collocata in via Ritter Vitezović. Si trattava di dieci barriere automatiche che si attivavano al passaggio dei pedoni alzandosi di 70 gradi a segnalare il saluto romano con la mano alzata. L’opera “Dannunzieggiare” è stata proposta invece come parte del programma “Tasca rivoltata – interventi artistici nell’ambiente urbano” del Museo d’Arte moderna e contemporanea, ovvero dell’indirizzo programmatico “L’era del potere” di Fiume CEC 2020. Si trattava di tre manifesti diversi raffiguranti lo stesso uomo usando lo stile seppia, ovvero usando il marrone piuttosto che il bianco e nero. L’uomo raffigurato era Gabriele D’Annunzio e l’immagine era stata ripresa da una cartolina d’epoca. Giovanni Morbin, imitando la posa e la fisionomia del poeta, relativizzava l’identità dello stesso. Giocando con gli elementi storici, Morbin ricordava il passante circa la necessità di assumere un atteggiamento inequivocabile di fronte alla storia.

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