Pola. Sistema sanitario, troppe falle

Al nosocomio polese le persone in attesa della prima visita specialistica sono 9.814. È il risultato di una carenza cronica di personale medico e infermieristico. Ultimamente è alla ricerca di quadri anche l’ente Case della salute dell’Istria

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Pola. Sistema sanitario, troppe falle
L’Ospedale di Pola: le liste d’attesa sono lunghissime. Foto: RONI BRMALJ

L’anno che verrà. Nulla da ridire sui buoni propositi e le speranze, ma l’esperienza insegna che con la volontà di cambiare, in meglio, s’intende, non si vada oltre l’Epifania. L’anno che verrà, sempre questione d’esperienza, sembra calzare le scarpe risuolate del precedente. E si trascina dietro i problemi e le questioni irrisolte. Quali? Beh, c’è l’imbarazzo delle scelta. Si potrebbe dire delle pensioni di reversibilità che, grazie al cielo aumentano, o del diritto del coniuge superstite titolare di pensione a una quota della pensione di reversibilità, che va altrettanto bene. Si potrebbe obiettare che al solito restano scornati single e divorziati, ad esempio, che tutto la vita hanno potuto contare su un’entrata sola e non hanno goduto di agevolazioni. No Country for Old Man and Singles, si potrebbe dire, parafrasando il titolo di un film (e del romanzo che l’ha ispirato). Ma non è nemmeno Country for Sicks. Sarà, ne siamo certi, un diluviare di auguri di tanta salute, ma proprio tanta. E speriamo sia davvero così, perché la Sanità si trascina un malstare proprio che la mette in condizione di non potere rispondere come invece dovrebbe alle necessità dei pazienti.

La sede delle Case della salute istriane.
Foto: GIULIANO LIBANORE

Manca il ricambio generazionale
Non è un mistero né un segreto che il settore stia soffrendo di una carenza cronica di personale medico e infermieristico; situazione che negli ultimi tempi si è acutizzata, vuoi perché molti quadri hanno cercato migliore trattamento all’estero, vuoi per un ricambio generazionale a metà. Nel senso che chi lavorava ha maturato le condizioni per il pensionamento, ma non c’è stato chi ha poi sostituito il professionista. Avrà pesato la pandemia, che ha messo a dura prova tutto il sistema sanitario e molti hanno lasciato perché proprio non ce la facevano più, ma il peso Covid si è aggiunto a cedimenti strutturali. Le lunghe liste d’attesa per le visite mediche specialistiche non sono questione dell’ultima ora e hai voglia contare quanti ministri alla Sanità si siano avvicendati con ricette nuove e miracolose, che al lato pratico sono risultate un placebo.

Persone in coda allo sportello per prenotare una visita.
Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Fisiatria, situazione critica
Abbiamo consultato le liste d’attesa al nosocomio polese, rilevando i numeri più grandi. Per dire, la prima visita dermatologica vede in coda 823 persone, con un’attesa media di 464 giorni. Fisiatria, poi, ha le articolazioni bloccate davvero: 1.497 pazienti in sala d’attesa (con una media di 213 giorni d’anticamera. Ma poiché la media è media, personalmente devo lasciare passare la bellezza di 367 giorni. Dicono ci sia un unico medico operante, con altri specialisti assenti per vari motivi). Problemi gastroenterologici per 525 pazienti, che devono mettersi il cuore in pace e aspettare mediamente 282 giorni. Per la prima visita cardiologica sono in fila 424 pazienti, con una media di 258 giorni d’attesa. Oftalmologia. Hai voglia vederci chiaro! Sono 1.693 le impegnative (e quindi pazienti) da risolvere, con una media di 296 giorni d’attesa. Per la prima visita otorinolaringoiatrica la lista è a quota 458, con 64 giorni d’attesa (sempre in media). Per dirla senza guanti, si fa in tempo a morire. O a guarire. Perché, alla faccia della tessera sanitaria nazionale, che apre al medico della mutua per i contributi versati regolarmente con scadenza mensile e magari con la tessera dell’assicurazione aggiuntiva… si deve ricorrere al servizio privato. Un altro dato ci sembra desolatamente indicativo: al nosocomio polese le persone in attesa della prima visita specialistica (quale che sia) sono 9.814 (media d’attesa 211 giorni) e dai numeri forniti dal sito dell’Ospedale (obpula.hr; dati dell’Istituto nazionale d’assicurazione sanitaria) sembra siano quelli più elevati tra tutte le strutture in Croazia. Terribile.
Consultando sempre lo stesso sito, si vedrà che reiteratamente il nosocomio è alla ricerca di medici e personale infermieristico. Ultimamente è alla ricerca di quadri anche l’ente Case della salute dell’Istria. Nel solo mese di dicembre oltre 70 profili (medici, infermiere, tecnici…), da impiegare negli ambulatori di tutta la Regione. Servono sostituzioni per assenze prolungate, permessi parto, specializzazioni…

Uno degli ambulatori del nosocomio polese.
Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

La Borsa degli operatori sanitari
Come detto, il problema non è “fresco”, ma se fino a un certo punto la situazione era stabilmente preoccupante, adesso le crepe si sono fatte più serie. La Regione, come si ricorderà, ha messo sul problema almeno un cerotto. All’inizio del mese ha istituito la Borsa degli operatori sanitari, che accomuna l’Ospedale polese, l’Istituto formativo delle Medicina d’urgenza della Regione istriana, l’Istituto formativo regionale di salute pubblica, l’ente Case della salute, l’Ospedale ortopedico “Martin Horvat” di Rovigno e le Case dell’anziano di Pola, Cittanova, Rovigno e Arsia. Funziona più o meno così: il personale dipendente sanitario (medici, infermiere, tecnici e via discorrendo) disposti a mettersi al servizio in caso di necessità in altre strutture sanitarie, s’iscrivono nella Borsa; chi necessita di un quadro dichiara tale necessità e chi può… risponde. Un bell’esempio di solidarietà, aveva detto lo zupano, Boris Miletić. E in effetti è certamente così. La questione è un’altra: può funzionare? In definitiva, si mettono a disposizione quadri che hanno già l’orario di lavoro occupato nella struttura-madre e che quindi sono reperibili nel tempo libero. Ma nel solo mese di dicembre già è stato richiesto l’“intervento” di 15 medici.

Il lavoro straordinario
Giorni fa, la presidente dell’Associazione nazionale dei medici ospedalieri, Ivana Šmit, ha avuto modo di dichiarare che quella della mancanza di quadri è “una situazione che si trascina da anni e che non tende a migliorare, anzi, peggiora. Il sistema ospedaliero deve fare fronte con oltre 3 milioni e mezzo di ore di lavoro straordinario a carico del personale sanitario. Servirebbero 1.500 medici per riportare tutto entro parametri accettabili. Per capire quello che non va, servirebbe un’analisi approfondita. Certo, oggi non ci bastano i medici che bastavano 50 anni fa. Da una parte la medicina che cambia avrà bisogno di un numero sempre crescente di specialisti, dall’altra la popolazione che invecchia avrà bisogno del servizio. La misura introdotta dalla Regione istriana potrà spegnere qualche incendio, ma non sarà certo rivoluzionaria. Si tratta di quadri già impiegati e impegnati e che quindi faranno lavoro straordinario”.
Ritornando alla considerazione con la quale abbiamo iniziato, il 2023 sarà l’anno della riforma sanitaria. Vedremo se saranno scarpe nuove, buone o risuolate e di breve durata.

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