Pola. Mercatino dell’usato: incertezza per il futuro

Il numero dei rigattieri è ridotto, l’offerta è meno varia, i pezzi unici e quelli veramente pregiati sono sempre di meno e sempre di più gli articoli di produzione seriale

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Pola. Mercatino dell’usato: incertezza per il futuro
Il mercatino di via Ciscutti è sempre più... snello. Foto: DARIA DEGHENGHI

Il mercatino dell’usato di via Ciscutti potrebbe avere i giorni contati, così temono alcuni tra i rigattieri perché c’è “un’aria di incertezza che tira”. Ivana di Varaždin ci racconta che ogni tanto si sente parlare di un’imminente chiusura e dove c’è del fumo c’è anche dell’arrosto, a meno che non sia un incendio bello e buono che ha già compromesso tutto: “Non ci hanno nemmeno comunicato quando dovremmo chiudere, se a fine agosto o ai primi di settembre, e quindi come facciamo a sapere se ci vogliono per l’anno prossimo oppure hanno deciso di mandarci via”. Eppure sarebbe un peccato. Questo mercatino delle pulci che si fa chiamare “Fiera dell’antiquariato”, aspirando a vette irraggiungibili, è diventato ormai una seconda pelle per via Ciscutti, anima e cuore di questa città, forse anche più di via Sergia. Sta di fatto che adesso anche i contestatori dei primi anni non possono più farne a meno. Certo, nella sua modestia è bruttino, ma è proprio questa mancanza di grazia, per assurdo, a conferirle il fascino che decisamente possiede. E poi, contro gli inestetismi delle bancarelle arrugginite, basterebbe un piccolo investimento comunale con una modesta partecipazione dei commercianti e la fiera potrebbe guadagnare lustro o perlomeno decoro, se il lustro ci sembra una parola troppo impegnativa.

Prezzi tondi ma… variabili
Solito giro di ricognizione agostano in via Ciscutti, nodo nevralgico dei percorsi pedonali estivi più battuti. Si nota immediatamente che il mercatino si è ulteriormente snellito: il numero dei rigattieri è ridotto, l’offerta è meno varia, i pezzi unici e quelli veramente pregiati sono sempre di meno e sempre di più gli articoli di produzione seriale. Certamente gli anni del Covid e dei lockdown hanno lasciato la traccia e comunque è sempre più difficile campare con vendite così marcatamente stagionali. A voler essere completamente sinceri con noi stessi, dovremmo ammettere che siamo in troppi a voler lavorare tre o quattro mesi l’anno per vivercene 12: i conti semplicemente non tornano. Senza considerare la possibilità che anche i turisti abbiano i soldi contati come noi. Detto questo sbirciamo tra gli articoli in vendita e ragioniamo sui prezzi. Intanto va detto che sono immancabili le scorte di oggetti che costituiscono il corredo da tavola, generalmente in porcellana, come le tazzine e i piattini del caffè con le decorazioni di una volta. Presente all’appello anche il vasellame in ottone, rame e altri metalli più o meno pregiati, stoviglie, pignatte, padelle, cuccume, posate, insomma, ce ne sarebbe per aprire un ristorante se i ristoranti usassero ancora questi materiali così rustici invece dell’acciaio inossidabile. I prezzi? Impossibile elencarli su queste colonne perché vanno e vengono, salgono e scendono come le maree sulla battigia. Tuttavia si nota una tendenza all’approssimazione che manca nei negozi coperti: tutto quanto si trovi in vendita costa o 10 o 20 o 30 euro tondi, mai un centesimo in meno o mezzo euro in più. Questo per dire che fare di conto costa fatica oppure che i centesimi di euro non valgono un fico secco? Probabilmente entrambe le cose.

Francobolli vivi e vegeti
Andiamo avanti. Molti sono i fumetti italiani usati e si vendono generalmente a uno o due euro. Poi circolano tanti di quei francobolli da collezione che è difficile da capire da dove vengano. I set a tema da cinque o sei pezzi arrivano a costare fino a cinque euro. È curioso come quest’attività della filatelia sia sopravvissuta alla digitalizzazione, ai social, al video streaming… Si sarebbe immaginato un destino affatto diverso per i francobolli e invece eccoli qua ancora vivi e vegeti, in perfetta salute. Vecchi e nuovi. Piuttosto, cosa comprano uomini e donne in relazione al proprio sesso? La disparità di genere esiste ancora? Certo che esiste e probabilmente esisterà per sempre. Una rigattiera ci racconta i clienti in base alle proprie preferenze di genere. In primo luogo, le donne guardano e comprano tazzine, stoviglie, contenitori da mensa, vasellame in genere. Gli uomini no. Se accompagnano le proprie mogli, allora si fermano ad aspettare che il procedimento dello scrutinio e della selezione degli oggetti abbia fine. Al contrario, quando sono gli uomini a cercare qualcosa, allora si tratta quasi sempre di fumetti, di coltelli, di divise militari e di anelli da uomo. Gli anelli piacciono anche alle signore, si capisce, ma sono quelli da donna. Collane, bracciali e spille vengono generalmente sui dieci euro e bisogna dire che qualche oggetto si merita l’attenzione della clientela perché vi sono anche dei pezzi in argento e gioielli di pietre semipreziose come l’ambra, l’ametista e il lapislazzuli… Basta avere la pazienza di rovistare tra quello che in condizioni normali non avremmo il rimorso di chiamare spazzatura. Tuttavia, ogni merce trova il suo acquirente come ogni acquirente prima o poi trova quello che cerca. Prova ne siano i dischi in vinile da cento euro (753 kune in controvalore, come si vede bene dall’etichetta) che ci lasciano a bocca aperta. È vero, il vinile è tornato di moda alla grande e infatti tutti i grandi album di ieri e di oggi vengono nuovamente stampati su vinile oltre ad andare in vendita attraverso i soliti canali di distribuzione digitali. Nei negozi i loro prezzi raramente superano i 30 euro, ma dai rigattieri l’usato costa dai 10 ai 120 senza troppe spiegazioni. Tuttavia il motivo delle differenze di prezzo s’intuisce: gli album più rari, i migliori, i più richiesti, che magari risalgono alla serie privilegiata dell’anno dell’uscita, sono certamente rari come le mosche bianche. Il “giusto prezzo”, a conti fatti, è sempre solo quello che qualcuno è disposto a pagare.

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