La Comunità degli Italiani di Fiume continua ad offrire una ricca gamma di eventi culturali, musicali, artistici e letterari, tra cui è stata particolarmente interessante la presentazione del libro “Il peso del perdono” dell’autore Gianni Zanolin.
A dare il benvenuto ai presenti è stata, come sempre, la presidente della CI, Melita Sciucca, la quale ha rivelato il segreto del suo talento organizzativo.
“Tutti mi chiedono come vengo in contatto con gli autori che presentiamo – ha affermato – e devo dire che spesso non abbiamo bisogno di andare alla ricerca di contatti perché sono gli autori stessi a contattare noi. Sono arrivata a Zanolin tramite una fiumana, Elena Cargnus, che vive a Udine e mi ha proposto di portare il libro a Fiume. Mi è sembrato molto interessante perché sono storie vicine a noi e Trieste per la sua vicinanza al confine e il suo passato è molto affine a Fiume. Il libro è molto bello perché parla di amore, amicizia, posizione delle donne, rapporti in famiglia, in pratica una storia del Novecento, con tutte le conseguenze che la storia ha avuto su due famiglie triestine, di cui una ebraica”.
Un autore poliedrico
La prof.ssa e vicepresidente della Comunità ebraica di Fiume, Rina Brumini, ha esposto in maniera esaustiva la trama del libro, ma anche i dati inerenti all’autore, arricchendoli di dati simpatici come il fatto che Zanolin studia le religioni, tra cui il buddismo e la cultura dei maya, ma anche che scrive romanzi gialli e nutre numerosi interessi.
In un’intervista l’autore ha detto che si sente veneziano, triestino, istriano e dalmata. Questa dichiarazione ha dato adito a un dibattito sul fatto che tutti noi abbiamo radici mescolate, meticce, multiculturali.
La «sindrome del sopravvissuto»
“La vicenda inizia più di un secolo fa – ha raccontato Brumini –. Il protagonista, un ebreo già anziano racconta la sua vita. È venuto a Trieste da Cracovia perché si occupava di commercio di caffè, che all’epoca veniva trasportato fresco e spesso si rovinava. Una volta arrivato a Trieste il figlio ha scoperto che il caffè si può tostare e salvare in scatole di metallo, ponendo le basi della sua ricchezza”.
Zanolin si è rivolto ai presenti per parlare della vita degli ebrei prima della Seconda guerra mondiale e delle discriminazioni più o meno velate che dovevano subire. Il libro, però, parla anche di amore verso i genitori e di un fenomeno molto comune tra i sopravvissuti ebrei, ovvero la “sindrome del sopravvissuto”, il senso di colpa per non aver potuto salvare i propri cari.
Nel corso della serata si è parlato molto del concetto di perdono, che dà il titolo al volume, applicandolo sia verso i figli, che verso i genitori. Zanolin si è soffermato sull’importanza della memoria, senza la quale è impossibile costruire un futuro. L’autore ha tracciato un parallelo con la situazione politica contemporanea in Medio oriente spiegando che le persone rifugiatesi in Israele, sognando di avere una loro patria, ora devono fare nuovamente i conti con la guerra.
A conclusione della serata Melita Sciucca ha letto alcuni passi del libro.
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