C’è un attimo dell’anno in cui di punto in bianco il morente inverno cede il posto alla stagione dei germogli e dei fiori. Quell’attimo non è l’equinozio di primavera, come vorrebbe l’astronomia, ma il momento del primo tepore che accarezza gli zigomi e dell’odore d’erba che solletica le narici. Quel “minuto di primavera che dura più a lungo di un’ora di dicembre, di una settimana di ottobre e di un mese di febbraio”, come ebbe a dire splendidamente Jacques Prévert, capita a seconda dei casi da persona a persona, me è generalmente preceduto da un tripudio di primizie di primavera al mercato degli ortaggi, della frutta e dei fiori in piazza del Popolo. Gli asparagi ne sono il segno tangibile più squisito, assieme ai cipollotti novelli e le prime fragole (8 euro al chilogrammo), che questa settimana hanno coperto le bancarelle accanto ai frutti del lavoro della terra tipici della stagione: gli ortaggi a foglia verde. I prezzi, è vero, sono elevati. Ma come aumentano le scorte da vendere, così tendono a calare ugualmente anche quelli. Per levarsi la voglia ci vogliono comunque delle banconote: le monete e gli spiccioli potrebbero non bastare più. Per esempio: un mazzetto scarso di asparagi selvatici costa 4 euro, uno più consistente viene 7 euro. Col primo ci fai la frittata, l’altro potrebbe bastare per un buon risotto o per due piatti di ravioli farciti al pecorino. Oddio quanti vizi! Lasciamo stare gli asparagi e vediamo il resto.

Un mazzetto di cipolla novella costa un euro tondo tondo, esattamente come il mazzetto dei ravanelli, e chi ricorda ancora i prezzi nella vecchia valuta nazionale deve per forza soffrire di nostalgia perché all’epoca i sacchetti erano pieni anche con tre banconote da dieci kune mentre ora non basta più nemmeno quella dieci euro. Ma lasciamo stare anche l’inflazione e il calo del potere d’acquisto e andiamo avanti. Ultimamente tra le primizie troviamo anche i primi cetrioli, le zucchine e i pomodori. Benché di serra, fanno già gola, stuzzicano l’appetito e fanno volare la fantasia ai fornelli. Le ricette si sprecano, specie se c’è da abbinare vari formaggi, la besciamella, l’olio d’oliva, la pasta o il riso. Ma lasciamo stare anche le buone idee della cucina mediterranea e passiamo a studiare i prezzi. Il pomodoro costa dai tre ai sei euro al chilogrammo tra grappolo e ciliegini, cetrioli e zucchine sono vendute quattro euro, come le bietole novelle e gli spinaci. Cavolo cappuccio e verza vengono a costare due euro, broccoli, radicchio, cavolfiore e radicchio trevigiano a tre. Cipolla e patate costano da un euro e ottanta a due (tre per la cipolla rossa, che è sempre stata la più cara in assoluto). Lattuga e indivia sono in vendita a quattro euro, la pastinaca e le radici di sedano a cinque, le carote novelle a tre mentre la rucola e la valerianella costano dieci euro al chilogrammo ben che vada, perché chi le vende a etti si fa pagare 1,20 l’etto (che volte dieci fanno 12 euro al chilogrammo). Ma non è tutto. Un’anziana venderigola osa l’improponibile e piazza la sua insalata mista con radicchio Verona di primo taglio a 20 euro al chilo. Venti di numero. Proprio così. L’ortolana ci assicura che come gusto il suo mix è “assolutamente incredibile”, ma di incredibile, assolutamente o relativamente, qui ci pare di trovare soltanto il prezzo. Pazienza. Le regole del gioco sono note: chi paga, mangia. Gli altri guardano soltanto.