Prošek. In arrivo una sconfitta burocratica

Sta per entrare in vigore il nuovo Regolamento europeo sulle Indicazioni Geografiche per prodotti agro-alimentari, vini e bevande

0
Prošek. In arrivo una sconfitta burocratica

Il nuovo Regolamento europeo sulle Indicazioni Geografiche per prodotti agro-alimentari, vini e bevande, prossimo a entrare in vigore – è questione di giorni –, vanificherà quasi sicuramente tutti gli sforzi profusi dal Ministero dell’Agricoltura croato, impedendo di fatto qualsiasi ulteriore iniziativa sulla tutela del Prošek, vino da dessert dolce e liquoroso, a cui si contesta l’assonanza col termine italico prosecco, che a sua volta è un vino totalmente diverso, secco e frizzante.
“In questo senso – aveva sostenuto in più frangenti l’eurodeputato Tonino Picula – il Prošek croato soddisfa i criteri di protezione nell’UE perché è un vino con una storia documentata che risale al XVI secolo, più lunga del Prosecco, menzionato per la prima volta nel XVIII secolo, con evidenti differenze nella produzione e nei modi e costumi di consumo”. Tutto inutile?

«Dolce Dalmazia»…

Sono diversi anni che la Croazia sta lavorando intensamente sulla tutela dell’espressione storica “Prošek” a livello comunitario. La procedura è stata a lungo nelle mani della Commissione europea che, dopo aver ascoltato entrambe le parti e studiato tutte le argomentazioni e obiezioni, sembra aver preso una decisione. Conoscendo la politica di Bruxelles, sembra scontata una soluzione sulla falsariga tocai-tokaji (Italia/Ungheria), con il Friuli che ha dovuto ribattezzare il suo vino storico Tocai in “Friulano”. Adottando la medesima formula, per il Prošek si sta profilando un cambiamento di nome e magari sarà chiamato “Dolce Dalmazia”, con il pendant croato “Slatka Dalmacija”. Se dessimo retta al vecchio detto “dare un colpo al cerchio e uno alla botte”, dopo la sconfitta sul campo del Tocai, l’Italia dovrebbe vincere su quello del Prosecco ai…rigori, a causa di un’assonanza. Insomma, ci sarà da dirimere una questione che non è enologica, ma soltanto burocratico-amministrativa.

In Italia toni trionfalistici

A conferma di questa tesi, i toni quasi trionfalistici del Consorzio di tutela del Prosecco, che dopo la votazione del Parlamento europeo del 28 febbraio scorso, secondo il quale “la riforma prevede lo stop alla registrazione di menzioni tradizionali identiche o che richiamino nomi di Dop e Igp, come nel caso del Prošek, il vino croato che evoca il Prosecco italiano”.
Il nuovo Regolamento sulle Indicazioni Geografiche per prodotti agro-alimentari, vini e bevande, che in questi giorni entrerà in vigore, era stato approvato con una maggioranza di quasi il 90 per cento, circa un anno dopo l’approvazione da parte della Commissione competente. Da ora in poi “sarà obbligatorio indicare il nome del produttore sull’etichetta di una Denominazione di Origine Protetta (Dop) o di una Indicazione Geografica Protetta (Igp), in modo da garantire la massima trasparenza ai consumatori”. Secondo il consorzio di tutela del prosecco, “la riforma fa un notevole passo avanti sul fronte della valorizzazione e sulla tutela delle indicazioni geografiche, ma anche della programmazione produttiva e della sostenibilità”.

Il pericolo… australiano

“Ora – sottolinea il Consorzio – sarà da capire se il regolamento vale per i casi precedenti all’entrata in vigore del Regolamento e se davvero si è compreso come il mancato rispetto di questa gerarchia può compromettere la credibilità dei regimi di qualità”. Zagabria aveva sempre sostenuto, tramite i propri eurodeputati, che il Prošek non genererebbe confusione nei consumatori di Prosecco, in quanto la produzione di questo vino sarebbe limitata ad alcune zone costiere del Paese e a uso prevalentemente interno. Anche se l’iniziativa della Croazia è stata rintuzzata, bisognerà verificare come la decisione presa a Bruxelles troverà applicazione per i casi precedenti all’entrata in vigore del Regolamento.
Sullo stesso “terreno di gioco”, per l’Italia si prospetta un altro pericolo all’orizzonte: quello del Prosecco australiano. Si tratta di un vino prodotto dai migranti italiani giunti in quel Paese che, coltivando le uve, hanno assegnato il nome Prosecco, sostenendo il loro diritto a riprodurre le proprie tradizioni, comprese le produzioni tipiche. A dar loro manforte ci hanno pensato le autorità di Canberra, secondo le quali se uno emigra nel loro Stato ha tutto il diritto di poter produrre qualsiasi cosa che faccia parte del suo background culturale. Come uscirne? L’unica strada appare quella già utilizzata in Nuova Zelanda per un caso analogo, e cioè un accordo con l’Unione europea che conceda ai produttori di Prosecco un limite di cinque anni per trovarsi un altro nome per il loro vino.

L’aceto balsamico sloveno

E non basta. L’Italia si trova a confrontarsi anche con la Slovenia, che per un suo prodotto utilizza il nome “aceto balsamico” a scapito dell’esclusiva richiesta dai prodotti italiani. Gli sloveni sostengono che “se è un aceto e se è balsamico, allora può essere consentito chiamarlo aceto balsamico”. Come “olio d’oliva” o “acqua frizzante”.
“Secondo la nuova norma slovena, in fase di valutazione a Bruxelles, qualsiasi miscela di aceto di vino con mosto concentrato si potrà chiamare, e vendere, come ‘aceto balsamico’, mortificando la tradizione e gli sforzi fatti dai produttori delle eccellenze modenesi che lo hanno reso famoso nel mondo”, denunciava il Consorzio dell’aceto balsamico di Modena Igp, che ora si dice “rinfrancato”, col “morale sollevato” e certo “che questa decisione possa finalmente portare a una risoluzione del problema”.

La Coldiretti aveva parlato di “inaccettabile scippo” che metterebbe a rischio un altro miliardo di euro di valore, in un “mercato internazionale del falso made in Italy che fattura già oltre 100 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette”.

Esagerazioni? Magari no, se consideriamo che in passato l’aceto balsamico era addirittura “segreto di stato”! La sua più antica menzione, infatti, risale al 1747 in un inventario dei beni custoditi nel palazzo ducale di Modena… Chi vincerà in questo caso?

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display