Furio Radin: «Il mio lavoro non è ancora concluso»

Il parlamentare della Comunità Nazionale Italiana al Parlamento croato spiega perché per fare politica bisogna studiare

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Furio Radin: «Il mio lavoro non è ancora concluso»
Furio Radin / Fotografia di Željko Jerneić

“Chi vuole fare il deputato deve prima studiare. Io l’ho fatto con alcuni amici, tra questi Anton Vujić (già deputato e ministro della Cultura) nella bettola Dinara, che si trovava a Zagabria, a metà strada tra l’Istituto di ricerche sociali dell’Università di Zagabria nel quale lavoravo io e l’Istituto lessicografico nel quale era impiegato lui. Un ambiente frequentato da varie persone, non solo della Croazia bensì provenienti un po’ da tutta quella che all’epoca era la Jugoslavia. Eravamo tutti, per così dire, dissidenti e per anni abbiamo discusso di politica (l’aneddoto è illustrato più nel dettaglio dal giornalista Neven Šantić nel libro ‘Lo giuro, prisežem’, la biografia politica di Furio Radin appena pubblicata dalla casa editrice Durieux di Zagabria, nda)”. Ad affermarlo è stato il decano della scena parlamentare croata, l’On. Furio Radin, ospite di Mojmira Pastorčić al talk show Direkt. Nel corso della trasmissione andata in onda giovedì scorso (14 marzo 2024) sulle frequenze dell’emittente commerciale a diffusione nazionale RTL, Radin ha annunciato di lavorare alla propria ricandidatura. “Il mio lavoro non è ancora concluso”, ha chiarito.

La forza delle parole

Il parlamentare della Comunità Nazionale Italiana, che nel corso della X legislatura ha ricoperto il ruolo di vicepresidente del Sabor per la seconda volta consecutiva, ha espresso un giudizio non troppo lusinghiero sullo status della cultura parlamentare in Croazia. “Ero convinto che avessimo toccato il fondo durante la IX legislatura. Credevo che non si potesse scendere ulteriormente di livello. Ho dovuto ricredermi. La X è stata peggiore”, ha detto. “Perché sono di questa opinione? Considerate, ad esempio, che rispetto al mandato precedente le sanzioni ai deputati sono aumentate di 10 volte (del 940 p.c. ha puntualizzato la conduttrice del programma)”, ha notato Radin, osservando tuttavia che la maggior parte dei richiami è legata a infrazioni al Regolamento di procedura del Sabor che non prevede più la possibilità di rettifica. “La cosa più semplice è insultare. Si è smesso di parlare dei problemi. Quando fui eletto per la prima volta al Sabor si discuteva dei problemi da risolvere. Ci scontravamo sui problemi, mentre ora a scontrarsi sono le persone e lo si fa a livello personale”, ha dichiarato Radin, ribadendo che chi desidera occuparsi di politica deve obbligatoriamente studiare. Ha affermato, inoltre, che il Sabor non deve essere un luogo nel quale si fa propaganda. “Il Parlamento è l’agorà nella quale bisogna dimostrare determinate cose facendo affidamento sulla forza delle parole, della retorica, non esibendo magliette o striscioni”, ha notato Radin, puntualizzando che la campagna elettorale è il momento quando i politici devono fare promesse. “L’importante è che poi le mantengano”, ha sottolineato.

Le “stelle” del Sabor

Radin non ha voluto svelare chi dal suo punto di vista è stata la “stella” della X legislatura parlamentare. “Sarei ingiusto se tra tutte queste star ne indicassi solamente una”, ha detto con l’ironia che lo contraddistingue. Ha però giudicato positivamente l’operato del presidente del Sabor, Gordan Jandroković. “Il suo operato è stato definito corretto dalla maggioranza dei parlamentari, me incluso”, ha notato Radin. “Essere corretti – ancora Radin – è la virtù più importante che deve caratterizzare le persone chiamate a guidare il Parlamento o a presiedere le sedute dell’emiciclo. Bisogna applicare il medesimo criterio nei confronti di tutti”.

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