Rijeka. L’Europa non perdona

Conference League. Il Djurgarden ha sbancato Rujevica con il minimo sforzo. Tra problemi di amalgama e una rosa non altezza, l'avventura europea dei biancocrociati sembra essere giunta già al capolinea

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Rijeka. L’Europa non perdona
Foto Roni Brmalj

È finita con i tifosi ospiti a cantare e festeggiare la vittoria ancora a lungo dopo il triplice fischio. E ne avevano ben donde visto che dopo il match d’andata la loro squadra è già con un piede e mezzo al terzo turno preliminare di Conference League. L’esordio europeo del Rijeka è stata amaro. La spinta dei 6.500 di Rujevica non è stata sufficiente per strappare almeno un pareggio che avrebbe mantenuto intatte le chance di qualificazione. Non che il discorso sia già chiuso, ma dopo quanto visto nei primi 90 minuti, è quantomeno compromesso. Alla vigilia della partita Dragan Tadić aveva perfettamente ragione dichiarando di essere stati poco fortunati al momento del sorteggio. Non una scusa, ma la pura verità. Il fatto che la Dinamo nella stessa fase in Champions League abbia incontrato un avversario (Shkupi) meno forte rispetto a quello del Rijeka in Conference League fa oggettivamente un po’ sorridere. E pensare che a Nyon i fiumani erano stati pure testa di serie. Insomma, una bella differenza rispetto a un anno fa quando il cammino europeo iniziò contro i maltesi dello Gzira United.

Sfortuna o no, fatto sta che giovedì prossimo a Stoccolma ci vorrà un’autentica impresa per sperare di poter ancora inseguire la fase a gironi. Ossia vincere con due gol di scarto. Un’impresa, appunto. Il verdetto del campo parla chiaro: in questo momento il Djurgarden è superiore. Innanzitutto atleticamente, ma questo è stato ribadito già un milione di volte dato che hanno nelle gambe 15 giornate di campionato contro una sola del Rijeka. E in secondo luogo tecnicamente. Una squadra tatticamente molto disciplinata e con in rosa giocatori dai piedi pregiati. Dopotutto se a metà stagione sono in piena corsa per il titolo, un motivo ci sarà. Il Djurgarden è soltanto l’ultima conferma dei passi da gigante compiuti negli ultimi anni dal calcio scandinavo.

Errori individuali
Ad eccezione dell’ultimo quarto d’ora, è stata una partita praticamente a senso unico, con gli svedesi in pieno controllo. Peraltro la sensazione è che non abbiano nemmeno spinto troppo, bensì quanto bastasse per garantirsi un buon vantaggio in vista del ritorno e al tempo stesso risparmiare qualche preziosa energia ragionando in ottica della lotta al titolo. Che poi anche il gol del vantaggio firmato da Vučkić è stato più frutto del caso che di un’azione preparata, propiziato da un rimpallo (scontro tra Ekdal ed Eriksson) che ha favorito il capitano sloveno, bravo comunque a bersi la difesa avversaria e far esplodere di gioia lo stadio. In tanti a quel punto hanno messo mano sul cellulare per buttare un occhio sul risultato di Sepsi-Olimpija… Tuttavia, anche i due gol incassati sono stati più il risultato di errori individuali e di posizionamento dei difensori che di azioni travolgenti degli ospiti: nel primo caso Smolčić si è fatto saltare troppo facilmente e nel prosieguo Krešić era in netto ritardo su Findell, mentre in occasione del raddoppio Pavlović si è completamente perso Edvardsen il quale ha infilato Labrović con quello che è stato più un “passaggio in porta” piuttosto che una conclusione vera e propria. La coppia Krešić-Pavlović sarà anche fisicamente straripante (rispettivamente 198 e 196 centimetri), ma in campo aperto contro attaccanti molto veloci vanno inevitabilmente in grossa difficoltà. E qui l’assenza di Mitrović è destinata a pesare come un macigno.

Vučkić aveva illuso i fiumani

Cambio di modulo
Tadić ha voluto rimescolare le carte tirando fuori dal cilindro il 3-5-2 nel tentativo di sorprendere i nordici togliendogli i punti di riferimento. L’idea era abbastanza semplice, ossia con un centrocampo rinforzato (Selahi, Alvarez, Vrančić) soffocare la manovra avversaria costringendola a giocare di più sulle fasce e quindi di affidarsi ai cross in area che sarebbero poi stati facile preda delle due torri Krešić e Pavlović. Peccato però che i giocatori di Kim Bergstrand non siano caduti nel tranello. Una volta sotto nel risultato, il Rijeka è tornato al 4-2-3-1 e con i quattro cambi il tecnico ha provato a innescare una reazione nel tentativo di raddrizzare la partita. Effettivamente nel finale la sua squadra ha messo sotto gli svedesi, ma senza tuttavia creare dei reali pericoli per la porta di Zetterström. I fiumani ci hanno provato, il problema però è che davanti si sono ritrovati un avversario più forte. La verità, inutile girarci tanto attorno, è che la rosa è non uno, bensì due gradini sotto quella della scorsa stagione. E per capirlo basta dare una rapida occhiata al mercato. L’unico (piccolo) investimento è stato fatto per il riscatto di Krešić, per il resto si tratta tutto di giocatori arrivati a parametro zero, il che la dice lunga sulle ambizioni della società (ostaggio però di un budget sempre più limitato). Senza più i vari Čerin, Pavičić, Murić e soprattutto Drmić, è oggettivamente difficile pretendere grandi risultati. Se in termini di gol e assist Vučkić può anche rimpiazzare Murić, lo stesso non si può certo dire di Obregon, lontano anni luce da Drmić. Alla squadra mancano tremendamente anche le geometrie e la visione di gioco di Pavičić. A colmare questo vuoto dovrebbe essere Vrančić, ma fin qui il centrocampista arrivato dallo Stoke City ha fatto vedere ben poco e il suo inserimento si sta rivelando più lento e complicato del previsto. Per non parlare dell’emergenza sulla fascia destra, dove Tadić è tuttora costretto a improvvisare con Ampem e Bušnja, i quali comprensibilmente fanno molta fatica ad adattarsi in un ruolo che non è il loro.

«Sofferto il loro pressing»
“La delusione è tanta perché abbiamo perso una partita molto importante, e per di più in casa, ma c’è ancora il ritorno da giocare perciò siamo ancora in corsa – prova a farsi coraggio il tecnico dei biancocrociati –. Abbiamo approcciato bene la gara passando subito in vantaggio, poi però ci siamo abbassati troppo lasciando loro il possesso. Abbiamo sofferto soprattutto il loro pressing facendo fatica a tenere palla. Anche in avvio di ripresa siamo partiti bene, prima di subire ingenuamente il secondo gol in contropiede. Abbiamo cambiato in corsa provando anche con i cambi a dare una scossa e in effetti nel finale siamo stati noi a fare la partita, ma ci è mancata lucidità e concretezza in zona gol. Loro sono già a metà stagione e in piena corsa per il titolo, mentre noi siamo solamente alla seconda partita e la differenza a livello di condizione e affiatamento si è vista. Al ritorno ci aspetta una gara ancora più difficile, oltretutto giocheremo sull’erba sintetica perciò nei prossimi giorni ci alleneremo su questo tipo di manto proprio per iniziare un po’ ad abituarci. Di certo non ci arrenderemo, ma ci vorrà un altro tipo di prestazione”.
Un altro tipo di prestazione la dovrà offrire pure Vukčević, il quale ha spinto molto in fase offensiva, ma è stato poco reattivo in copertura e infatti entrambi i gol svedesi sono arrivati dalla sua fascia. “Dopo il nostro vantaggio loro hanno iniziato a fare tanto possesso e noi non riuscivamo in alcun modo a rubargli la palla. Il cambio di modulo? L’idea era pressarli alti in modo da mettergli pressione, però non ci siamo riusciti. Nel finale siamo comunque cresciuti e con un po’ di concretezza in più avremmo potuto anche trovare il gol del pari. Il fatto che abbiano giocato già 15 partite in campionato non può e non deve essere una giustificazione. Al ritorno conterà soprattutto l’atteggiamento perciò dovremo avere più fame di loro”, ha aggiunto il terzino montenegrino.

Il nodo del rinvio
Avendo rinviato il derby della seconda giornata con l’Hajduk, originariamente programmato per domani sera al Poljud, il Rijeka si ritrova ora con una settimana piena a disposizione per preparare il match di ritorno in Svezia. Visto però che la squadra ha evidenti problemi di amalgama, ora ci si chiede se questa mossa non sia stata forse un po’ troppo affrettata. La questione è abbastanza delicata: da un lato il match con gli spalatini sarebbe tornato sicuramente utile in termini di rodaggio, dall’altro invece un’eventuale sconfitta – uno scenario peraltro molto realistico – sarebbe stata una mazzata psicologica pesantissima in vista del ritorno a Stoccolma. Una risposta definitiva arriverà soltanto giovedì prossimo.

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