Damir Mišković: «Il titolo? Abbiamo il dovere di provarci»

Il presidente promette un Rijeka ancora più competitivo, ma parla anche del nuovo progetto di Cantrida, della «fuga» di Jakirović e della nazionale

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Damir Mišković: «Il titolo? Abbiamo il dovere di provarci»
Il patron del Rijeka, Damir Mišković. Foto Ivor Hreljanović

Secondo posto alle spalle della capolista Hajduk e davanti alla Dinamo. Il tutto senza spendere un centesimo nel mercato estivo. E poi ancora il valore della rosa balzato del 30% rispetto ad agosto e diversi giocatori convocati nelle rispettive nazionali. Alla vigilia della stagione a Rujevica avrebbero messo la firma su questo scenario alla sosta invernale anche se, a dirla tutta, un pizzico di amarezza comunque resta considerando che gli spalatini avevano più volte prestato il fianco ai biancocrociati, che però non hanno saputo approfittarne, magari anche per andare in testa alla sosta invernale. Giusto qualche giorno di vacanza per godersi Natale e Capodanno e poi si tornerà nuovamente a sudare per iniziare la preparazione verso la seconda parte di stagione. Chi invece non si fermerà nemmeno per le feste è il terzetto formato da Darko Raić-Sudar, Antonini Čulina e Srećko Juričić, che si occupa della direzione sportiva. A loro il compito di occuparsi del mercato di riparazione seguendo le indicazioni fornite loro dal tecnico Željko Sopić. L’obiettivo è puntellare la rosa per restare competitivi anche nel girone primaverile e giocarsela alla pari con Hajduk e Dinamo su entrambi i fronti, campionato e Coppa Croazia. La formula, visti i limiti di budget, è quella ormai consolidata di portare a Rujevica giocatori giovani e affamati, ma rigorosamente a parametro zero. Una strategia che a qualcuno fa storcere il naso ma, numeri e classifica alla mano, il modello Rijeka funziona. E anche piuttosto bene. L’ultima parola spetta però a Damir Mišković. Dopotutto è lui metterci i soldi, cercando al tempo stesso di far quadrare i conti. Misurato, composto, con i piedi sempre ancorati a terra e mai sopra le righe. Una mosca bianca in quel ginepraio che è il mondo del calcio croato. “Gli altri club se lo sognano un presidente così”, ci confidava Sergej Jakirović la scorsa estate nel ritiro di Kranjska Gora. Ora, su “Jakir” si può dire di tutto dopo la sua pugnalata alle spalle, però su questo concetto non gli si può certo dare torto…

Presidente, che cosa le piacerebbe trovare sotto l’albero?
“La salute innanzitutto. E poi tanti successi in campo”.

Che voto dà al Rijeka del girone autunnale?
“Un bel nove. Non nascondo che siamo andati oltre quelle che erano le mie aspettative iniziali. La squadra è cambiata parecchio in estate. Abbiamo preso giocatori di grande qualità, sia chiaro, ma solitamente ci vuole tempo per incastrare tutti i pezzi. Oltretutto, avendo una rosa molto giovane, bisognava capire se questi ragazzi avrebbero retto la pressione perché un conto è giocare nel Rijeka e un altro in qualche club minore. Dopo l’ottimo percorso fatto in Europa era diventato chiaro che ci attendeva una stagione esaltante”.

A proposito di Europa, l’unico vero rimpianto è l’eliminazione nel play-off con il Lilla: siete arrivati a un centimetro da un’impresa clamorosa.
“È vero. Abbiamo giocato due partite alla pari con una squadra che lotta ai vertici nel campionato francese e che contro di noi è scesa in campo con tutti i titolari. Quel play-off ci ha dato tanta consapevolezza sulla nostra forza e sulle reali potenzialità di questi ragazzi”.

Il giocatore che l’ha colpita di più?
“Ce ne sono parecchi…”.

Tipo…
“Preferisco mettere in primo piano i giocatori cresciuti nel nostro vivaio, perciò dico Smolčić e Hodža. E attenzione a Ilinković. Magari fin qui ha trovato poco spazio, ma a me piace un sacco e sono convinto che più avanti saprà far emergere tutte le sue qualità”.

La cosa che più di tutte le altre ha contrassegnato la prima parte di stagione è stata la rocambolesca fuga di Jakirović alla Dinamo. Molti sostengono che il club fosse a conoscenza che qualcosa stesse bollendo in pentola…
“Lo ripeto per l’ennesima volta: noi non ne sapevamo nulla. Se l’avessimo saputo non ci saremmo fatti trovare impreparati in quella situazione e avremmo avuto già l’alternativa pronta. Come allenatore Jakirović non si discute, per il resto… meglio lasciar perdere”.

È più arrabbiato o deluso?
“Deluso”.

Vi siete sentiti dopo il fattaccio?
“No”.

Come sono ora i rapporti con la Dinamo?
“Parliamo meno rispetto a prima”.

Ciò rischia di avere delle ripercussioni sugli intrecci di mercato tra voi e loro?
“Assolutamente no. Nel business non c’è spazio per i sentimenti”.

Chi ha scelto Sopić?
“La direzione sportiva. Raić-Sudar, Čulina e Juričić si sono seduti a un tavolo ragionando su quale sarebbe potuta essere la soluzione migliore. Ci tengo a precisare che non abbiamo contattato direttamente Sopić, bensì per prima cosa abbiamo interpellato il presidente del Gorica Črnko e solo allora è stata avviata la trattativa”.

Soddisfatto di quanto fatto finora dall’allenatore?
“Certamente. Non dimentichiamoci che fino alla sconfitta con lo Slaven Belupo avevamo aperta una striscia d’imbattibilità che andava avanti da agosto, il che la dice lunga sulla forza e la solidità della squadra. Sopić è un allenatore relativamente giovane e deve ancora crescere e maturare. E il Rijeka sotto questo punto di vista rappresenta la piazza ideale perché ti permette di lavorare in un ambiente sereno e con il pieno supporto da parte della società”.

Lo stesso Sopić è stato chiaro in tema di mercato: serve un rinforzo per reparto se si vuole restare competitivi.
“Sono pienamente d’accordo. Più concorrenza c’è e più la squadra è forte. Ci stiamo lavorando. E ci stiamo lavorando da sei mesi. È un lavoro continuativo che non inizia a dicembre o a maggio quando il campionato si ferma. Si tratta infatti di un lavoro di programmazione il che significa che già adesso stiamo costruendo la squadra per la prossima stagione. Prendere i giocatori, soprattutto quelli in grado di fare la differenza, non è facile. Vediamo che cosa riusciremo a fare a gennaio”.

Il titolo è un obiettivo?
“Abbiamo il dovere di provarci”.

Tra Hajduk e Dinamo qual è la rivale più pericolosa?
“Entrambe. Sono due squadre piuttosto diverse, ma a giudicare dalla prima metà di stagione mi sembrano più o meno sullo stesso livello. Certamente non temiamo né l’una né l’altra. A conquistare il titolo sarà la squadra che lascerà meno punti per strada”.

Con Selahi la frattura è insanabile?
“Noi come club abbiamo fatto il possibile. Non permetterò a nessuno di metterci i piedi in testa né di ricattarci. E non accetteremo mai richieste totalmente scollegate dalla realtà. Il ragazzo era pronto a firmare il rinnovo, ma qualcun altro lo ha fatto desistere…”.

Quindi il problema è il suo agente?
“Esatto”.

Foto Hnk Rijeka

Cantrida?
“Avremmo tutti voluto che il progetto fosse partito qualche anno fa come inizialmente previsto. Poi però le cose sono andate diversamente, ma è inutile star qui a rimuginare su quel discorso. Ora però finalmente si parte”.

Trattandosi di un progetto mastodontico non mancano le polemiche. Va bene il nuovo stadio e anche l’albergo, ma ciò che fa storcere il naso a tanti, in primis ai residenti, è la costruzione di quei tre tanto discussi grattacieli…
“Gli investitori non possono limitarsi esclusivamente allo stadio, bensì necessitano di altri contenuti e servizi commerciali per avere un ritorno economico. Ed è proprio grazie a queste entrate che, una volta costruito, lo stadio verrà ceduto a titolo gratuito alla Città. E se ci pensiamo questa è una cosa straordinaria. Capisco la diffidenza delle persone davanti a un progetto così grande, però il mondo va avanti e noi non possiamo starcene fermi a guardare. È chiaro che è impossibile soddisfare tutti. Dobbiamo tenere presente che opere di questo tipo incoraggiano anche nuovi investimenti in città. Nel corso dei cinque anni di lavori verranno impiegate migliaia di persone e, una volta conclusi, vi troveranno stabilmente lavoro 300-400 persone. Ciò contribuirà a far girare l’economia, a richiamare altre persone a Fiume e magari anche a trattenere coloro che magari pensano di andarsene. Quanto ai grattacieli, questi sono sempre un pugno nell’occhio. Ricordo che i miei zii, i quali abitavano proprio a Cantrida, si lamentavano della costruzione di quelli attuali ritrovandoseli davanti casa. Fiume non ha spazio e di conseguenza l’urbanistica impone la costruzione di palazzi ed edifici in verticale. Ripeto, non possiamo fermare il progresso”.

Tempistiche? Cosa dicono le stime più ottimistiche in merito all’ultimazione dei lavori?
“Mi auguro che la parte burocratica, e quindi tutti i permessi necessari, siano pronti tra un anno. A quel punto il permesso di costruzione dovrebbe arrivare nel corso del 2025, mentre i lavori partirebbero nel 2026. Lo stadio dovrebbe venire terminato in circa tre anni, mentre l’intero complesso verrebbe ultimato dopo altri due anni, perciò parliamo di cinque anni in totale per realizzare il tutto”.

Lei ha sempre ribadito di essere pronto a cedere il Rijeka qualora fosse arrivato qualcuno disposto a metterci i soldi. Ecco, negli oltre dieci anni alla guida del club, c’è stato un momento in cui si è arrivati vicini alla cessione?
“Investitori interessati ce ne sono stati, ma nessuno di loro aveva intenzioni serie. Torno a ripetere: se qualcuno è disposto a investire nel Rijeka con l’obiettivo di renderlo più forte di quello che è adesso, allora sono pronto a farmi da parte”.

Cambiamo argomento. Tra sei mesi ci saranno gli Europei. La Croazia è inserita in un girone che promette spettacolo con Italia, Spagna e Albania.
“Un gruppo tostissimo. Italia e Spagna non hanno certo bisogno di presentazioni, ma attenzione anche all’Albania, che sarà una mina vagante. Però in fondo è meglio così, perché la Croazia si esalta sempre contro le più forti. In un torneo come l’Europeo sono due le chiavi: lo stato di forma e la chimica all’interno dello spogliatoio”.

La Germania sarà il canto del cigno di Modrić in nazionale?
“Credo proprio di sì, anche se tutti noi vorremmo vederlo con questa maglia per altri dieci anni”.

E lo sarà anche per Dalić? Per molti lascerà anche lui al termine della rassegna continentale.
“Questo perché non sanno che ha in realtà un contratto oltre l’Europeo. Dalić non si discute. Lasciamolo lavorare in pace. Se la Croazia dovesse essere protagonista in Germania, i suoi detrattori saranno i primi a volerlo ancora alla guida della nazionale”.

Restando in tema, ha fatto i complimenti a Kek?
“Certamente. Ci vediamo e sentiamo spesso. Matjaž è un amico. A Fiume e al Rijeka ha lasciato un segno indelebile. Una persona straordinaria, oltre che un grandissimo allenatore”.

Si aspettava che sarebbe riuscito a portare la Slovenia all’Europeo?
“In tutta onestà – no! Ne parlavamo proprio la scorsa estate. Gli dicevo che sarebbe stata dura qualificarsi, ma lui ci credeva ed era convinto di riuscirci. E sono contento che mi abbia smentito. Un traguardo eccezionale per la Slovenia e per lui come allenatore”.

Ultima cosa: che fine ha fatto Gabriele Volpi?
“Non ne ho la più pallida idea. Per me è un capitolo chiuso”.

Il Rijeka punta a essere protagonista anche nella seconda parte di stagione.
Foto: RONI BRMALJ

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