Liste d’attesa: la «ricetta» slovena

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Liste d’attesa: la «ricetta» slovena

SEBENICO | In Croazia, non di rado, i tempi d’attesa per sottoporsi agli esami diagnostici risultano insostenibilmente lunghi. La situazione è particolarmente critica nel caso della risonanza magnetica, della tomografia computerizzata, della tomografia a emissione di positroni e dei controlli effettuati con l’ausilio degli ultrasuoni. D’altro canto, la Slovenia è riuscita a ridimensionare il fenomeno aumentando le risorse destinate al sistema sanitario e prolungando l’orario di lavoro dei laboratori diagnostici. In Slovenia, le porte degli ambulatori diagnostici rimangono aperte anche nei fine settimana e nelle ore pomeridiane dei giorni feriali.

“Il nostro scopo consiste nel rendere accessibili nel minor tempo possibile gli esami diagnostici alle persone che ne hanno bisogno. Di conseguenza, i controlli possono essere effettuati già l’indomani dal rilascio dell’impegnativa, in due o tre ambulatori”, ha osservato il ministro sloveno della Sanità, Samo Fakin, rivolgendosi ieri a Sebenico ai partecipanti al 121° Congresso dell’Associazione croata dei datori di lavoro nel ramo sanitario (UPUZ). “Ritengo – ha proseguito – che ci siano i margini per ridurre ulteriormente le liste d’attesa. Di conseguenza, abbiamo dato luce verde al potenziamento degli esami diagnostici”. Fakin ha fatto presente che agli ospedali sono pagati tutti gli esami svolti nell’ambito di controlli quali la tomografia computerizzata o la risonanza magnetica. “Lo stesso vale pure nel caso della cardiochirurgia, dove non esistono liste d’attesa per gli interventi alle valvole cardiache”, ha puntualizzato il ministro. “I fondi aggiuntivi destinati al sistema sanitario, reperiti in virtù dell’aumento del PIL, vengono immediatamente indirizzati agli enti sanitari. Il messaggio chiave che vogliamo lanciare è il seguente: lavorate di più e sarete pagati di più”, ha rilevato Fakin.

In Slovenia la spesa pro capite destinata alla sanità ammonta a 1.700 euro, in Croazia l’importo si ferma a 750 euro. Pertanto, i budget a disposizione dei due sistemi sanitari nazionali si aggirano entrambi attorno ai tre miliardi di euro all’anno. La Croazia, però, ha il doppio dei cittadini della Slovenia. In Croazia le autorità si sforzano di invogliare quanti più cittadini a sottoscrivere le polizze dell’assicurazione sanitaria integrativa, in Slovenia si sta valutando la possibilità di abolire le medesime. “Le polizze integrative rappresentavano una soluzione quando furono introdotte, nel 1992. All’epoca i proventi dei contributi sanitari non erano sufficienti. Al giorno d’oggi è più corretto ripartire i costi in modo solidale, attingendo da una sola fonte”, ha concluso Fakin.

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