Il bilinguismo in Istria è una buona prassi

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Il bilinguismo in Istria è una buona prassi

ZAGABRIA | Qual è la percezione degli appartenenti alle minoranze nazionali, dei profughi e dei migranti? Come si rapporta a queste categorie l’opinione pubblica? Quanto è razzista e xenofoba la società? Sono alcune delle domande alle quali i ricercatori del Centro per lo studio delle etnie, delle cittadinanze e delle migrazioni (CEDIM) operante in seno alla Facoltà di Scienze politiche di Zagabria hanno cercato di dare risposta con una ricerca pubblicata dal Centro per gli studi di pace. A illustrare i risultati scaturiti, in un’intervista rilasciata al portale Stina, è il responsabile del progetto, Viktor Koska, collaboratore del CEDIM che dopo la laurea conseguita a Oxford ha seguito diversi corsi di aggiornamento negli Stati Uniti.

Dialogo interculturale

“La ricerca rientra nel progetto Racism and Xenophobia: For Refugee and Ethnic Equality IPA Rax Free. Il nostro obiettivo era quello di verificare il livello di razzismo e di xenofobia nella società, ma anche di capire le ragioni che provocano questi atteggiamenti. Sappiamo tutti che per xenofobia s’intende la paura nei confronti dello straniero o più in generale di qualcosa di sconosciuto, mentre il razzismo è un’ideologia che poggia sull’assunto che le persone sono determinate dalla razza d’appartenenza e che le differenze che scaturiscono dalla razza non sono superabili. Per le necessità di questa ricerca abbiamo cercato di approfondire il concetto di straniero, ovvero delle categorie di persone che secondo la percezione dominante nella società croata rappresentano il diverso. In quest’occasione non abbiamo approfondito altre differenze – ad esempio quelle di genere –, ma ci siamo concentrati sulla percezione di quelle derivanti dall’appartenenza etnica, culturale e nazionale. Abbiamo poi cercato di capire in quale misura queste incidono sulla possibilità di impostare un dialogo interculturale e sulla convivenza. Nella ricerca abbiamo coinvolto sia appartenenti alla maggioranza sia alle varie minoranze residenti in Croazia. Per quanto riguarda poi l’ampliamento della ricerca ai profughi e ai migranti, va detto che ci siamo decisi a questo passo in considerazione delle conseguenze della crisi migratoria”, ha spiegato Koska.

Processi decisionali

Quest’impostazione impone una premessa: le differenze attinenti all’appartenenza etnica, culturale o religiosa sono il frutto di schemi sociali combinati alla distribuzione del potere, ovvero dell’incidenza della partecipazione di esponenti dei gruppi etnici, culturali o religiosi nelle sfere decisionali. In questo senso Koska ha fatto presente che bisogna tenere a mente il fatto che “il coinvolgimento dei singoli nei processi decisionali dipende spesso da tutta una serie di processi politici, economici, sociali e culturali che incidono sul loro atteggiamento rispetto al senso di appartenenza, nonché sul modo di percepire l’identità collettiva”.

Esperienze personali

“Sotto questo punto di vista – ha fatto presente il ricercatore – gli appartenenti alle minoranze nazionali, i profughi e i migranti sono accomunati dal fatto che per definirli si prende sempre come riferimento l’identità culturale del popolo di maggioranza, nel nostro caso del popolo croato. Considerato però – ha puntualizzato –, che la percezione del popolo di maggioranza, ma anche dei gruppi di minoranza, dei profughi e dei migranti, si formano nel tempo, i valori e gli atteggiamenti considerati peculiari cambiano con il cambiare del contesto. Di conseguenza cambia anche il modo di rapportarsi nei confronti dei gruppi minoritari, dei profughi e dei migranti. Sull’atteggiamento della maggioranza incidono diversi fattori, ad esempio i media, i processi politici e la prassi istituzionale. Inoltre, a livello personale il modo di rapportarsi può essere determinato anche da esperienze maturate con singoli appartenenti a un determinato gruppo sociale in quanto le persone tendono a generalizzare”.

Il contesto è fondamentale

Il quadro attuale va dunque contestualizzato e bisogna tenere conto di tutta una serie di fattori, inclusi i rapporti interstatali. Ad esempio, stando a quanto ha affermato Koska, “l’atteggiamento positivo della maggioranza nei confronti della comunità italiana oppure la diffidenza nei confronti di altre minoranze vanno interpretate tenendo conto del contesto in cui si formano”. A detta del ricercatore si tratta di un qualcosa di positivo in quanto fa ben sperare in uno sviluppo positivo della situazione, ma – avverte – “è difficile prevedere quale piega prenderanno i fenomeni sociali. Il loro andamento dipende da molti fattori a partire dallo Stato e dalle sue istituzioni, ma anche dalla società civile, dai media, dalla comunità accademica, nonché dai diretti interessati, ovvero dagli appartenenti al popolo di maggioranza e alle comunità nazionali”. Quanto ai risultati della ricerca, Koska ha puntualizzato che da questi è emerso in modo chiaro una corrispondenza con le tendenze globali, ovvero una forte incidenza dei media, delle élite e delle istituzioni sull’opinione pubblica.

La CNI: esempio positivo

“I dati indicano che alcune comunità nazionali godono di un’alta considerazione da parte degli appartenenti alla maggioranza. Ad esempio, il loro ruolo nello sviluppo della società è considerato più che positivo. Ad esempio, praticamente tutti gli intervistati hanno indicato come un esempio di multiculturalità il bilinguismo in Istria e i rapporti con la Comunità Nazionale Italiana. Inoltre, molti appartenenti alla maggioranza iscrivono i loro figli nelle scuole con lingua d’insegnamento italiana. Eppure – ha ricordato – non moltissimo tempo fa, dopo la Seconda guerra mondiale, la situazione era ben diversa. Al contempo – ha proseguito Koska – la ricerca rivela un atteggiamento negativo nei confronti dei migranti e l’esistenza di pregiudizi nei confronti delle minoranze serba e rom. Naturalmente – ha concluso – questo non deve far pensare che la società croata non abbia la capacità e la possibilità di migliorarsi innalzando il livello di comprensione nei confronti dell’altro e del diverso e quindi anche rispetto agli appartenenti alle minoranze, ai profughi e ai migranti”.

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