La «rinascita» della miniera di Arsia (foto)

Da quest'estate è visitabile una parte dell'immenso complesso industriale collegato all'attività di estrazione, gioiello da valorizzare. Il progetto va avanti e di sicuro porterà a diversi miglioramenti e al suo ampliamento

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La «rinascita» della miniera di Arsia (foto)
Foto: Igor Kramarsich

Il mondo delle miniere è un mondo a molti sconosciuto. Nell’ex Jugoslavia ce n’erano parecchie, ma oggi ben poche sono attive. Trovare poi una visitabile è molto difficile: per questioni principalmente di sicurezza e di salute, le miniere una volta chiuse, il più delle volte, diventano offlimit. E in pratica muoiono. Ma non deve necessariamente essere così. Che possono avere (anche) una seconda vita, una volta smessa l’attività principale, ce lo dimostra una struttura geograficamente vicina a noi, che è stata completamente “convertita” al turismo, ossia l’ex miniera del sale preistorica di Hallstatt, in Austria. Oggi è possibile visitarla, attraversare le gallerie, salire sullo scivolo di legno lungo 64 metri che un tempo veniva utilizzato dai minatori. Dei 65 km di gallerie esistenti, 22,5 sono percorribili a piedi. Inoltre, nel 2013 è stata aperta una piattaforma panoramica a 360 metri sopra i tetti di Hallstatt, con una visuale mozzafiato sulla città più pittoresca d’Austria, sul lago Hallstätter e sul massiccio del Dachstein. Diversa, ma pure molto turistica, è invece la miniera del sale vicino a Cracovia, in Polonia. Ma ci sono pure altre minori, altrettanto rappresentative.
E dalle nostre parti? Anni fa c’è stato il tentativo, grazie a un ottimo progetto, di rendere “turistica” la miniera di Albona. L’iniziativa ha subito ben presto un arresto: poco è stato realizzato e c’è ancora tanto da fare. La riqualifica delle gallerie sotterranee è ancora in fase di progettazione. Invece la vicina Arsia si è mossa presto e bene. Cinque anni fa ha instaurato una collaborazione con la Facoltà di mineralogia di Zagabria, dando vita a un piano che prevedeva l’istituzione di un museo e la possibilità di aprire al pubblico una parte dell’immensa miniera. Iniziativa realizzata a partire dallo scorso 15 luglio. A capo di questo progetto c’è l’associazione Arsiana.
Il percorso è stato progettato a tappe in modo da avvicinare il visitatore alle meraviglie della miniera e al lavoro che in passato qui è stato fatto. La prima tappa dell’itinerario prevede una visita al museo cittadino, situato nella piazza principale di fronte alla Chiesa di Santa Barbara, protettrice dei minatori.
Nel museo sono esposti gli attrezzi dei minatori, mentre dei filmini raccontano e spiegano come si presentava Arsia ai tempi della sua costruzione, ossia negli anni ’30 del secolo scorso. Qui vengono ricordati i pericoli del lavoro in miniera. Due stanze, con arredo originale, ci portano alla vita di cinquant’anni fa: a vederla si ha l’impressione che il tempo si sia fermato. Segue la passeggiata per Arsia fino alla zona mineraria situata subito dopo il campo di calcio, dove c’è un grande palazzo che fino a pochi anni fa portava la scritta “Prvomajska” (del Primo maggio). Oggi l’edificio, per ragioni di sicurezza, è chiuso, ma nel vicino hangar si possono vedere ulteriori filmati con le testimonianze degli ex minatori di Arsia e di altre miniere. Attraverso i loro racconti apprendiamo dettagli della quotidianità degli operai, sia in miniera che fuori. Dopo le proiezioni si passa alla fase più interessante: l’entrata in miniera. Un avvertimento: occorre vestirsi per bene, perché dentro la miniera ci sono circa 12 gradi e l’entrata è ancora più fredda. Si riceve il giubbotto catarifrangente e l’elmetto con lampada frontale. Una volta equipaggiati, ci si dirige verso l’ingresso, che dispone di due vie d’accesso. Ci incamminiamo verso quella superiore chiamata tunnel “Carlotta”.
Ci attende un’ondata di… freddo. È qui che ci rendiamo conto di entrare in una miniera, scavata nel pieno rispetto di numerose regole. E queste ci vengono spiegate, passo per passo. Troviamo lungo la strada delle “stanze” laterali usate in passato per varie riparazioni. Poi ci sono delle piccole insenature. La miniera e tutto il percorso sono dotati di un’illuminazione moderna, che facilita e rende sicuro il tragitto. Il terreno è nella prima parte ghiaioso, però strada facendo diventa fangoso. Dopo oltre una settimana dall’ultima pioggia ci sono le prime infiltrazioni d’acqua. Si incontrano parecchi archi; alcuni sono recenti, costruiti per assicurare l’incolumità, ma la maggior parte sono stati realizzati in epoca italiana e alcuni portano la dicitura “Dicembre 1936”.
Lungo la strada alla destra ci sono i numeri per indicare il posto in galleria e ci sono pure diversi posti per il telefono. Parecchi sono quelli originali. Inutile dire che i telefonini non hanno campo. Nel tratto finale di questa galleria, dopo un chilometro, si arriva alla zona museo. Infatti qui troviamo i resti dei binari, insieme con diversi macchinari d’epoca, da quelli per la produzione, per lo smistamento del materiale, ma pure per la purificazione dell’aria. C’è inoltre la zona degli ascensori, ma è solo per la produzione, non per le persone. È uno dei posti centrali della miniera, con tanto di incrocio delle gallerie sia in orizzontale che in verticale. Lungo la strada abbiamo visto i collegamenti tra le gallerie e anche le porte per l’aerazione. Ma ci sono pure diversi carrelli e sopra la testa notiamo non poche funi che ancora oggi sembrano in ottimo stato. Lungo il percorso le guide ci spiegano che oggi ci sono ben pochi binari perché sono stati in gran parte venduti dopo il fallimento della miniera. E, dato del tutto originale, la ditta che gestiva la miniera di Arsia è ancora oggi attiva, anche se in fallimento.
Noi siamo entrati nel tunnel che era adibito al trasporto del materiale a 39 metri sopra il livello del mare. Il tunnel come tale è in costante e leggera discesa fino alla zona centrale. Per l’uscita, come da progetto, veniva utilizzato un altro tunnel, il tunnel Arsia. Al contrario del primo, che ha delle curve, questo è completamente diritto, un lungo corridoio con tanto di numeri che salgono fino al 36 dove si trova l’uscita. In futuro, siamo sicuri, sarà ideale per il percorso di un trenino, magari quello usato dai minatori, in modo da offrire al visitatore un’esperienza quanto più completa e vicina alla vita dei minatori. Ad Arsia i minatori andavano a piedi e, al contrario di quelli di Albona, non utilizzavano l’ascensore. Pure questo tunnel è in leggera discesa e appena all’uscita ci rendiamo conto che siamo arrivati fuori dalla miniera, accanto al grande palazzo attraverso il quale i minatori, un tempo, entravano al piano terra, dove c’era la zona delle docce e lo spogliatoio. In futuro, quando sarà accessibile pure questo edificio e non solo la zona adibita ai minatori ci si potrà rendere ancora di più conto di come scorreva la vita all’interno del complesso, senza dimenticare che qui quasi tutto è rimasto invariato dalla costruzione. All’uscita non rimane altro che restituire elmo e giubbino… e mangiare il classico panino del minatore. Arsia è una miniera molto grande e ricca e si spera che il progetto in futuro metta a disposizione del pubblico ancora più contenuti. Perché quest’area, da molti anni quasi dimenticata, oggi vive rivalutando il proprio passato.

Foto: Igor Kramarsich
Foto: Igor Kramarsich
Foto: Igor Kramarsich
Foto: Igor Kramarsich
Foto: Igor Kramarsich
Foto: Igor Kramarsich

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