Galeb. Quel pozzo senza fondo

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Galeb. Quel pozzo senza fondo
La Galeb agli ormeggi a Kraljevica. Foto Željko Jerneić

L’ex nave scuola della marina da guerra jugoslava Galeb, che solitamente si ama definire il panfilo di Tito, sta diventando sempre più un pozzo senza fondo per le asfittiche casse della Città di Fiume. Per non parlare dei termini di consegna della nave ristrutturata che tendono pure ad allungarsi. Anche se nel passato i costi esorbitanti di ristrutturazione della nave, che dovrebbe diventare, negli intendimenti della municipalità fiumana, una sorta di museo galleggiante con annesso albergo e servizi di ristorazione, avevano suscitato notevoli polemiche, ora è passata tutto sommato sotto tono la notizia che dei nuovi interventi imprevisti a bordo della Galeb, fanno lievitare il prezzo della ristrutturazione di almeno 164.571,59, portando il costo complessivo del progetto a perlomeno 7.263.680,71 euro, ovvero il 16,79 per cento in più rispetto all’importo iniziale contrattato alla vigilia del 2020, anno in cui Fiume è stata Capitale europea della Cultura.

Già da cinque anni, dunque, vanno avanti i lavori di ristrutturazione dell’ex nave scuola. Il termine per l’esecuzione dei lavori è stato formalmente prorogato fino al 15 marzo 2024, mentre la scadenza per l’adempimento di tutti gli obblighi contrattuali, ovvero la consegna della nave alla Città di Fiume, fino al 15 luglio 2024.

Fin dall’inizio il progetto di recupero della nave, protetta come bene culturale della Repubblica di Croazia, è apparso a molti come un’operazione ideologica, di stampo nostalgico, in linea comunque con quella che è ormai da quasi ottant’anni, ininterrottamente, la corrente politica dominante a Fiume. Di musei che celebrano la figura e l’opera del presidente jugoslavo, con annessi i fasti della Lotta popolare di liberazione e del Movimento dei non allineati, ce ne sono già, da Brioni maggiore alla sua casa natia a Kumrovec. Però quello galleggiante del capoluogo quarnerino dovrebbe essere in linea con la ricerca della terza via in campo economico da parte di Tito. Proprietà pubblica, quindi, ed economia di mercato insieme. Come dire serve un imprenditore, un manager con il fiuto per gli affari e… le reminiscenze del socialismo d’autogoverno, che faccia sì che quell’ennesimo museo, stavolta navale, non pesi troppo sulle casse pubbliche. Ma l’impresa si è dimostrata ardua. Tutti i tentativi finora di trovare un locatario per la parte commerciale della nave Galeb si sono rivelati infruttuosi. I seguaci del libero mercato probabilmente non ci troveranno nulla di strano se si tiene conto della lista lunghissima dei costi che l’intraprendente imprenditore dovrebbe accollarsi, pur ottenendo quasi mille metri quadri da adibire ad albergo e ristorante. La Città però non si scoraggia, ci mancherebbe altro che gli ideali di ottant’anni venissero meno. Forse alla fine, magari con qualche compromesso, un accordo si troverà con qualche manager rampante. O si andrà a una gestione pubblica del tutto. Fatto sta che la Galeb sembra vivere ora tutte le traversie che il grande progetto ideologico, economico e statuale del suo “marinaio” più noto ha vissuto.

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