«Kamikaze»: il capitalismo e i rapporti umani

A colloquio con il regista Marco Lorenzi e con il drammaturgo Lorenzo de Iacovo, i quali offrono ai nostri lettori un assaggio dello spettacolo del Dramma Italiano che debutterà domenica, 17 marzo al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume

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«Kamikaze»: il capitalismo e i rapporti umani
Il regista Marco Lorenzi e il drammaturgo Lorenzo de Iacovo. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Domenica, 17 marzo alle ore 19.30, al TNC “Ivan de Zajc” di Fiume, andrà in scena “Kamikaze (Assocerò sempre la tua faccia alle cose che esplodono)”, uno spettacolo realizzato dal Dramma Italiano in coproduzione con il Teatro Biondo di Palermo. Il titolo del progetto di Emanuele Aldrovandi è decisamente enigmatico, motivo per cui abbiamo parlato con il regista, Marco Lorenzi e con il drammaturgo e assistente alla regia, Lorenzo de Iacovo, i quali hanno già portato in scena “Enrico IV”. Abbiamo cercato di scoprire che cosa ci possiamo aspettare da questa nuova produzione.

Com’è stata l’esperienza dell’allestimento di «Enrico IV»?
Lorenzi: “Nella realizzazione di ‘Enrico IV’ la dimensione di collaborazione sia con gli artisti che con il Teatro, il respiro della città, mi hanno entusiasmato e questo è sicuramente un motivo per cui siamo nuovamente qui. Questa collaborazione ci permette di creare e immaginare in estrema libertà, con estrema fiducia, in un clima molto protetto, ma che contemporaneamente ti spinge a ricercare e dare il massimo, incontrando anche un modo di pensiero e un punto di vista sul teatro diverso rispetto a quello a cui siamo abituati in Italia. Quindi è davvero una bella esperienza e sono molto felice di essere a Fiume e spero che non sia l’ultima volta”.

Qual è la differenza tra il teatro in Italia e in Croazia?
Lorenzi: “Affiancato dalla mia compagnia, con la quale lavoro in Italia (Il Mulino di Amleto, nda) e Lorenzo, cerchiamo di ‘spingere’ il teatro almeno cinque centimetri più in là rispetto ai confini dove pensiamo che sia arrivato. Questo modo di vedere in Italia ha molte difficoltà nel trovare una possibilità di respiro, mentre la stessa innovatività a Fiume ha trovato una casa molto piacevole”.
Com’è stato lavorare con una squadra così variegata?
Lorenzi: “È stato un sincretismo affascinante tra artisti di varie provenienze, nel senso che ci sono artisti del Dramma Italiano, artisti del Dramma Croato e artisti che vengono dall’Italia. Oltre a questo, anche il team dei collaboratori artistici è composto da italiani e da croati, rinnovando un po’ quella che è stata una tradizione sperimentata in ‘Enrico IV’. La cosa bella è che all’inizio non sapevamo come avrebbe funzionato, non avevamo un’idea di come farlo funzionare. L’abbiamo scoperto giorno per giorno in sala prove cercando un codice di comunicazione tra di noi. Penso che siamo stati abili nel costruire il gruppo, perché si tratta di persone molto disponibili a incontrarsi e instaurare un dialogo con esperienze e tradizioni teatrali diverse, ma anche lingue diverse. Abbiamo, ad esempio, due attori, Vittorio (Camarota, nda) e Mario (Jovev, nda), di cui uno non parla una parola di inglese e l’altro non parla una parola di italiano. Vittorio non parla nemmeno il croato. Vederli lavorare in sala prove e quanto sono in sintonia dimostra che l’amore per l’arte riesce a far superare ogni tipo di barriera. Trovo molto affascinante e stimolante il fatto che si tratti di un progetto ‘meticcio’ perché anche lo spettacolo parla dei confini dentro cui ci muoviamo nella società contemporanea. Come artista credo fortemente che se speri di poter fare arrivare agli spettatori una domanda o una riflessione, non puoi evitare di viverla sulla tua pelle anche in sala prove, sennò sarebbe arroganza, supponenza e un po’ una lezione da professori”.

Il sogno di una regista araba
Cosa ci possiamo aspettare da «Kamikaze»?
Lorenzi: “Apparentemente la storia parla di una regista araba di seconda generazione cresciuta in Europa. È una regista che sta cercando disperatamente di far produrre il suo nuovo progetto cinematografico. Vengono raccontati i conflitti che vive nel suo essere un’artista che si confronta con il mercato. Contemporaneamente alla linea narrativa della regista noi vediamo costantemente anche come sarebbe questo film che lei immagina, ma che poi non verrà mai girato.
Ci sono questi due piani, dunque, che si muovono in contemporanea”.

Quindi anche in questo progetto si farà uso del video?
Lorenzi: “Se possibile ancora più sviluppato e ancora più estremo rispetto all’utilizzo in ‘Enrico IV’. Lo abbiamo portato ancora più avanti nella sperimentazione. Praticamente lo spettacolo è metà teatro e metà film, girato in diretta sul palcoscenico, con un montaggio live. Il film visto dallo spettatore, dunque, è montato dal vivo, sta accadendo quella sera. Questo per quanto riguarda la trama e il funzionamento dello spettacolo. Ma di che cosa parla in realtà ‘Kamikaze’? ‘Kamikaze’ parla della natura più arcaica dell’uomo, il rapporto tra potere, quello che oggi possiamo definire capitalismo, e le relazioni tra gli esseri umani. Il potere e il capitalismo influenzano ogni aspetto delle relazioni sociali”.

Potremmo definire apocalittico il testo di Emanuele Aldrovandi?
Lorenzi: “È abbastanza giusta questa idea nel senso che Aldrovandi ama molto spingere in una direzione di paradosso quella che sembra una circostanza apparentemente normale per mettere lo spettatore nella condizione di vedere quello che gli sembra un dato di fatto da un’altra prospettiva. Per questo molto spesso ha queste derive apocalittiche nella sua scrittura”.
De Iacovo: “In realtà la chiave di interpretazione della realtà è sempre molto stimolante, nel senso che non è mai negativa, ma usa sempre un linguaggio che permette di ipotizzare un mondo diverso, una diversa realizzazione dei fatti, con la possibilità allo spettatore di immergersi (sempre in maniera lucida) nei fatti. Non passa mai da un’emotività che spegne, ma per lo spettatore è un passaggio di grande curiosità, di grande stimolazione anche mentale. Per cui è vero che c’è una forma apocalittica paradossale e l’associazione immediata è non solo al suicidio, ma a una forma di protesta violenta, estrema, però al tempo stesso, la scrittura è sempre molto dinamica, ironica e quasi mai patetica, leggera e priva di un’emotività morbosa”.
Lorenzi: “Penso che ‘Kamikaze’ in fondo non sia la soluzione. L’atto più estremo di protesta non è la risposta a questo problema. Diciamo che è la domanda e in questo spettacolo l’abbiamo tradotta in una domanda ancora più specifica, ovvero: ‘Siamo sicuri che non esista nessun’altra alternativa possibile all’essere perfettamente adesi al sistema in cui siamo o farci saltare in aria? Davvero non esiste nessun’altra alternativa?’ Richiama alla famosa frase della Thatcher: ‘There is no alternative’”.

Cercare una risposta
Dunque è uno spettacolo che fa riflettere?
Lorenzi: “Beh, spero che tutto il teatro ci lasci sempre con delle domande aperte alle quali cercare una risposta, altrimenti non abbiamo motivo di esistere”.
Come in «Enrico IV», avremo modo di vedere diversi punti di vista?
Lorenzi: “È uno spettacolo totalmente corale. Possiamo dire che, come in ‘Enrico IV’, la ragione l’abbiamo già persa tanti anni fa”.

Com’è stato curare la drammaturgia di questo spettacolo?
De Iacovo: “È stato un lavoro diverso rispetto a ‘Enrico IV’, nel senso che la drammaturgia, essendo un’opera originale di un autore vivente è comunque presente. Aldrovandi ha lavorato molto bene al testo, anche a seguito del confronto con noi, con diverse stesure ed è un bellissimo lavoro arricchente dal punto di vista umano. Gli attori influenzano molto il tipo di scrittura che proponiamo, perché sono un ‘materiale umano’ fortemente stimolante e non ci accontentiamo di un lavoro fatto a priori, ma vogliamo mettere in discussione la drammaturgia. Questo ci ha portato a fare delle piccole modifiche al testo rispetto a dei passaggi chiave. Il lavoro che abbiamo fatto su questo testo è stato improntato piuttosto all’azione scenica”.

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