CI di Fiume. Un viaggio nella musica jazz

Marcello Piras ha illustrato la storia di questo genere in Italia

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CI di Fiume. Un viaggio nella musica jazz
Il relatore Marcello Piras. Foto: RONI BRMALJ

È stata estremamente interessante la lezione sulla storia del jazz italiano tenuta alla Comunità degli Italiani di Fiume dal musicologo Marcello Piras, il quale ha non solo tracciato le radici del jazz in Europa, ma ha condito la parte teorica con numerose tracce musicali, di cui alcune sono (e forse resteranno) inedite.
A dare il benvenuto ai presenti, a nome della presidente della CI, è stato Sandro Damiani, il quale ha riassunto brevemente la biografia dell’esperto. Piras ha iniziato la sua lezione partendo dal primo disco jazz italiano, risalente al 1923. Per giungere a questo vinile intitolato “Aggravintin papa” ha ricordato che le musiche sincopate di origine africane giungevano in Europa già a partire dal XIX secolo e già allora lasciarono una traccia, riscontrabile, ad esempio, nelle musiche del clarinettista Ernesto Cavallini, ma anche in quelle di Ernesto Sivoli (unico allievo di Paganini) e Giovanni Bottesini, che visitarono entrambi Cuba. Ma per giungere alla prima influenza diretta bisogna aspettare il 1917 e l’entrata degli USA in guerra, che accanto alla tecnologia militare portarono pure il jazz in Italia. I primi dischi sono associati a questa influenza e spesso sono un’imitazione maldestra dell’originale, con titoli pieni di errori ortografici. Il primo gruppo jazz italiano è la Louisiana Orchestra, la quale esordì nel 1925. Nel 1931 viene istituita la Columbia jazz orchestra, composta da musicisti professionisti. Il critico musicale ha ricordato che in quegli anni si aveva un’immagine falsata del jazz perché i piccoli complessi non hanno lasciato traccia, avendo meno occasioni di incidere i propri dischi. Nel corso della Seconda guerra mondiale l’Italia vede una generazione di musicisti definiti da Piras “impauriti” perché non escono mai dalla sicurezza dei loro centri abitati. Si tratta di Armando Trovaioli, Umberto Cesari e Nunzio Rotondo. Gli anni Cinquanta, invece, portano il boom economico e il jazz riguadagna popolarità perché diventa più melodico. Negli anni Sessanta il jazz sale di livello e diventa impegnato con la ricerca di linguaggi d’avanguardia. Negli anni Settanta ha ricordato il musicista Enrico Rava, il primo a imporsi all’estero. La lezione si è conclusa con gli ultimi contributi importanti, ovvero quello di Gianluigi Trovesi, il quale lo collega con la musica antica preclassica e il folklore, nonché quello di Enrico Pieranunzi, il celebre pianista che ha riportato il manierismo nel jazz, una fase nella quale ci troviamo tuttora.

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