Vladimir Tonić e la sua passione viscerale per i bunker

Fiumano d’adozione, ma residente in Corea del Sud, l’ingegnere navale è un grande esperto delle architetture militari del XX secolo, nonché autore di svariati libri sul tema

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Vladimir Tonić e la sua passione viscerale per i bunker
Vladimir Tonić accanto a uno dei bunker di Škrljevo. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Un incontro insolito e, in qualche modo, fuori dalle righe, quello con l’ingegnere navale Vladimir Tonić, residente in Corea, grande conoscitore e appassionato delle architetture militari del 20° secolo e, nello specifico, dell’ infrastruttura difensiva nota come ‘confine di Rapallo’, tra il Regno d’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. I suoi disegni tecnici relativi alle fortificazioni italiane e a quelle dell’ex Jugoslavia sono stati pubblicati su riviste e libri del settore sloveni, inglesi e francesi, mentre lo scritto inerente a quelle italiane nell’area zaratina e il volume „Le fortificazioni del ventre molle europeo“ (Fortifying Europe’s Soft Underbelly), firmato insieme ad altri autori, vantano la divulgazione negli Stati Uniti dall’ editore di storia militare specializzato in libri sulla seconda guerra mondiale Merriam Press. Ma com’è nata la sua viscerale passione per le casamatte? Ce lo racconta tra un fortino e l’altro, nei pressi di Meja e Škrljevo, durante una breve capatina nel capoluogo quarnerino. “Il mio primo contatto con i bunker ebbe luogo negli anni ’70 del secolo scorso quando, all’età di 8 anni, con gli amichetti del quartiere di Vežica superiore, dove abitavo, entrammo in quello che oggidì è il Centro astronomico di Santa Croce e che all’epoca era una casamatta. Vi rimanemmo tutto il giorno e, al rientro a casa, mio padre si arrabbiò non poco. La vera passione per gli stessi, però, nacque in seguito a una visita ai bunker nella zona di Pulac, effettuata nel 1999. Il mio entusiasmo fu tale che, al fine di mostrare alle persone la mia “scoperta”, feci uno schizzo del Katarina B incontrando, però, la loro totale indifferenza. Ma ciò non mi scoraggiò e cominciai a leggere, approfondire, cercare dati, mappe e informazioni, contattai un gruppo di italiani appassionati come me e da lì non mi sono più fermato”.
Presumo che nel suo libro “Alla ricerca del Vallo alpino a Fiume e in Croazia” (Tragom Alpskog bedema u Rijeci i Hrvatskoj), pubblicato per i tipi dell’Associazione Stato Libero di Fiume (a cura di Nenad Labus), nostra preziosa fonte per le visite e gli scritti inerenti ai bunker, abbia voluto raccogliere tutte le esperienze e conoscenze in merito al sistema segreto degli stessi, come pure ai percorsi e rifugi sotterranei relativi al capoluogo quarnerino e al suo circondario tra i due conflitti mondiali?
“L’idea dello scritto nacque mentre mi trovavo in ospedale, in Corea, con un dito rotto e tanto tempo a disposizione. Nel tentativo di fare qualcosa di utile pensai di sistemare tutto il materiale che avevo e metterlo in un libro. Successivamente, andai alla ricerca di qualche editore interessato, ma non ebbi alcun feedback positivo. Infine, su suggerimento del conservatore e archivista Nenad Labus, lo proposi all’Associazione Stato Libero di Fiume, che fu ben felice di pubblicarlo”.
La pubblicazione vanta tante mappe riportanti le casamatte, tutte messe a punto da lei?
“Si, all’epoca mi piaceva molto disegnarle e, nel farlo, cercare di essere il più preciso possibile. Certamente in esse sono riscontrabili delle manchevolezze ma, a confronto con le mappe italiane relative alla tematica, anche quelle originali, sono molto più accurate. Le cartine italiane propendono a essere piuttosto schematiche, dove un metro in più o in meno non fa molta differenza. In tale contesto mi sono dilettato a illustrare anche le copertine dei manuali di altri autori”.
Ha scritto altri libri a riguardo?
“Ho collaborato con i coniugi Kaufmann ai libri “La Fortezza Terzo Reich” (Fortress Third Reich) e „Il Vallo Atlantico – Storia e guida“ (The Atlantic Wall: History and Guide), con Aleksander Jankovič Potočnik nella stesura dei suoi volumi “La linea Rupnik e il Vallo alpino” (Rupnikova linija in Alpski zid) e „Le fortificazioni del ventre molle europeo“ (Fortifying Europe’s Soft Underbelly), firmato insieme a Mateja Perpar. Inoltre, ho contattato con molte persone appassionate della materia, tra cui il fiumano Erberto Berti, scomparso nel 2010 il quale, in qualità di collaboratore dell’Organizzazione Todt, ha partecipato all’edificazione dei bunker quarnerini. Da lui ho appreso tanto“.
Che ne pensa del poco, se non nullo, interesse delle autorità cittadine nei confronti del vasto patrimonio militare presente nei nostri territori, il quale negli altri paesi (vedi l’Italia o, in molti casi la Slovenia), è stato qualitativamente reinterpretato e valorizzato?
“In effetti lo stesso, per le ragioni più varie e intuibili, è reale. Nel 2005, a riguardo, riuscii a smuovere qualcosa proponendo all’allora direttore del Museo civico di Fiume, Ervin Dubrović, un progetto realizzato in seno al Programma di cooperazione Interreg Slovenia – Croazia. Esso prevedeva una serie di conferenze, pubblicazioni, laboratori e incontri relativi alla tematica e vi aderirono altresì l’Ente per il turismo e la Città di Fiume, nello specifico Petar Škarpa e Vojko Obersnel. Purtroppo, a un certo punto, a causa di una serie di „incidenti di percorso“, il tutto s’interruppe e non se ne fece nulla. Per riportare, invece, un esempio in merito alla potenziale valorizzazone dei bunker, nel rione di Pehlin, ve n’è uno completamente sistemato ed elettrificato da parte di un signore, il quale a proprie spese l’ha adibito per visite turistiche. A mio avviso questo è definitavamente meglio che lasciarli al loro destino“.
Vive e lavora in Corea da molti anni. Come mai questa scelta?
“Ho lavorato 5 anni nel Settore di controllo tecnico del cantiere navale “3. Maj” dopodiché, come molti miei colleghi, volli fare un po’ d’ esperienza all’estero. Quando è capitata l’occasione di andare nella Corea del sud, presso la società di classificazione Det Norske Veritas (DNV) in qualità di ispettore e coordinatore del progetto relativo alle nuove costruzioni, non ci pensai due volte e partii. Mi ci trovo bene, è un paese tranquillo, ordinato, una vera e propria „America senza criminalità“, che ormai reputo casa mia. A Fiume vive la mia famiglia, per cui ci vengo non di rado“.
Ha visitato qualche casamatta coreana?
“Mi piacerebbe ma, al momento, farlo significherebbe esporsi a rischio, che ovviamente non intendo fare. Semmai mi capiterà l’occasione di poterle fotografare, lo farò”.

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