Approccio multidisciplinare e personalizzato per le terapie

Nel Centro di medicina iperbarica e subacquea del CCO vengono curati pazienti con svariati problemi di salute. In aumento il numero dei sub che hanno avuto bisogno del trattamento

0
Approccio multidisciplinare e personalizzato per le terapie
Il dott. Boris Reinić. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Sei anni fa veniva inaugurata la nuova camera iperbarica nel Centro di medicina iperbarica e subacquea del CCO di Fiume – località Sušak. Si tratta della camera iperbarica più all’avanguardia in questi territori che è parte integrante del sistema ospedaliero pubblico e che serve per la cura dei pazienti che hanno bisogno di questo specifico trattamento. Sono pazienti con varie indicazioni mediche, dai malati ambulatoriali fino a quelli con problemi gravi che hanno bisogno di un continuo monitoraggio della respirazione. Al Centro di medicina iperbarica e subacquea opera un team di medici multidisciplinare. A disposizione dei pazienti ci sono il chirurgo traumatologo, il pneumologo, l’anestesiologo e il medico di medicina urgente. Il trattamento dura di solito dai 70 ai 90 minuti. Il paziente viene trattato con una pressione dell’ossigeno di 1,4 bar che corrisponde a un’immersione alla profondità di 14 metri. La camera iperbarica del CCO può ospitare 8 pazienti seduti o 2 sdraiati. Durante i mesi estivi, ma non solo, vengono curati anche i sommozzatori. “Quest’anno abbiamo avuto un lieve aumento per quanto riguarda i sommozzatori rispetto agli anni precedenti – spiega Boris Reinić, anestesiologo specialista e responsabile del Centro –. Ce ne sono stati circa una ventina, mentre di solito entro la fine di agosto il loro numero non superava la quindicina. Per fortuna si trattava di casi con lievi problemi. Sono convinto però che i pazienti che arrivano da noi siano solo una piccola parte di quelli che presentano disturbi di decompressione, visto il gran numero di centri subacquei in zona. Alcuni di loro, stranieri, fanno subito rientro nei loro Paesi, mentre altri ignorano semplicemente quei sintomi che potrebbero portare a delle malattie più gravi perché hanno probabilmente grande esperienza e sanno che dopo qualche giorno si sentiranno meglio senza il nostro aiuto”.

Quali sono questi problemi e come si risolvono?
“La malattia da decompressione si può manifestare in vari modi: da un prurito alla pelle, a un mal di testa, stanchezza, dolore ai muscoli… sono problemi che riscontriamo nella vita di tutti i giorni, però questi lievi sintomi possono provocare grossi problemi se non ci si attiene a delle regole e protocolli che ogni subacqueo dovrebbe conoscere. I sub che abbiamo curato noi avevano lievi problemi neurologici come vertigini e debolezza negli arti, che vengono curati benissimo nella camera iperbarica. In caso di gravi disturbi neurologici, come la paresi, o problemi ai polmoni, purtroppo nemmeno il nostro trattamento può aiutare il paziente a rimettersi del tutto. Di solito i disturbi lievi si ritirano già dopo un primo trattamento della durata di 5 ore, dopo di che vengono sottoposti a ulteriori trattamenti più brevi per evitare altri problemi”.

Oltre ai subacquei, nella sala d’aspetto ci sono tantissime persone anziane. Quali malattie presentano?
“Si tratta per lo più di insufficienze venose, problemi con la circolazione con annesse ferite, ulcere causate dal diabete, ovvero ferite croniche che causano grossi problemi alle persone, ma che grazie alla camera iperbarica possono venire curate in collaborazione con il chirurgo, dermatologo e altri medici che prescrivono i farmaci giusti. Abbiamo un approccio multidisciplinare che parte dalla diagnosi del problema. In un giorno il paziente può risolvere tutto l’iter del trattamento. Il numero dei trattamenti con l’ossigeno è molto individuale e di solito si aggira sulla trentina. La durata, comunque, viene definita dall’HZZO. Noi siamo l’unico Centro che fa parte del sistema della sanità pubblica. Poi esiste il centro navale-militare a Spalato, che però prende in cura solo una parte dei pazienti, nonché le cliniche private a Crikvenica, Pola, Zagabria e Osijek”.

Il Covid ha causato dei disagi?
“Dopo lo shock iniziale, quando non sapevamo in che modo si sarebbe sviluppata la questione e quando è stato sensibilmente ridotto il numero dei pazienti, abbiamo trovato un accordo con gli epidemiologi e, in base alle loro direttive, siamo ripartiti. Seguivamo dei protocolli particolari, i pazienti venivano sottoposti al test. Abbiamo organizzato anche l’entrata dei pazienti nella camera iperbarica in modo che non ci fosse alcun contatto tra di loro. La sala d’aspetto era all’esterno. Ci sono stati dei casi quando uno dei pazienti è risultato positivo magari il giorno dopo il trattamento, però devo dire che nessuno degli altri 8 pazienti è mai stato contagiato, anche perché entravano con le mascherine e ricevevano subito la loro maschera con l’ossigeno, per cui non c’era lo spazio di tempo per potere trasmettere il contagio. Non abbiamo avuto alcun problema in questo senso ed è stato da subito chiaro che potevamo continuare a lavorare normalmente. C’è subito stato un aumento di pazienti, in particolar modo di quelli che si trovavano in ospedale per vari trattamenti e per i quali è stato appurato che la guarigione sarebbe stata più veloce con l’uso della camera iperbarica. È stato appurato che anche i problemi di sordità improvvisa possono venire risolti da noi. Purtroppo il numero dei pazienti sale di giorno in giorno e non so fino a quando saremo in grado di seguire tutti loro in quanto siamo limitati con il tempo e lo spazio e la lista d’attesa è lunga. Inoltre, per quanto riguarda tutta una lunga serie di malattie, non esistono degli studi clinici che potrebbero confermare il successo e di conseguenza l’inserimento di questi pazienti nella lista dell’HZZO”.

I pazienti affetti dal Covid che hanno bisogno della respirazione assistita potrebbero avere dell’utile dalla camera iperbarica?
“Questa è un’altra domanda che spesso ci viene posta e per la quale non esistono degli studi. Allo stadio iniziale sicuramente potrebbe giovare, però nei casi più gravi penso che non avrebbe grande effetto, in quanto prima di tutto andrebbe a cadere il sistema completo di cura, perché in quel momento nessun altro paziente potrebbe venire trattato. D’altra parte probabilmente il solo trasferimento del paziente dal reparto di cure intensive alla camera iperbarica potrebbe risultare fatale. È un tema molto complesso che richiede parecchi studi approfonditi”.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display