(Adnkronos) – Potrebbero tenersi lunedì prossimo a Washington i colloqui tra funzionari americani e israeliani sull’annunciata operazione dello Stato ebraico a Rafah, nella Striscia di Gaza. Lo hanno riferito funzionari americani alla Cnn, precisando che la delegazione israeliana ha proposto di riprogrammare i colloqui per lunedì, riconoscendo che le tempistiche sono complicate dalla scadenza del 31 marzo che il governo israeliano deve affrontare per elaborare una nuova legge che regola la coscrizione obbligatoria per gli ebrei ultra-ortodossi, da tempo esentati dal servizio militare obbligatorio.
Israele continua a ritenere indispensabile l’offensiva nell’area di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Allo stesso tempo però Benjamin Netanyahu sembra intenzionato a mantenere aperti i canali diplomatici per il dialogo finalizzato a garantire la liberazione degli ostaggi nell’ambito dell’intesa sul cessate il fuoco.
Il primo ministro israeliano a chiesto alla Corte Suprema israeliana di rinviare la scadenza e non è chiaro se la delegazione sarà autorizzata a recarsi negli Stati Uniti se tali piani dovessero cambiare. I funzionari statunitensi hanno affermato che non è stata definita alcuna data dell’incontro.
Intanto, secondo quanto riferito da due alti funzionari israeliani ad Axios, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant – durante la sua visita a Washington questa settimana – avrebbe proposto di creare una forza militare multinazionale con truppe provenienti da Paesi arabi per garantire l’ordine e scortare i convogli di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Stando al portale, la proposta nasce dall’esigenza di Israele di ridurre la pressione per la questione degli aiuti a Gaza, che secondo le Nazioni Unite è sull’orlo della carestia. I funzionari israeliani ritengono inoltre che una forza multinazionale potrebbe aiutare a stabilire un’alternativa al governo di Hamas nell’enclave.
Il piano prevede che la forza araba resti a Gaza per un periodo di transizione limitato e sia responsabile della messa in sicurezza del molo temporaneo che gli Stati Uniti costruiranno al largo della costa e della scorta ai convogli umanitari in modo che gli aiuti raggiungano la popolazione senza il rischio che possano essere saccheggiati da Hamas.
Gallant ha chiesto il sostegno politico e materiale degli Stati Uniti per tale iniziativa negli incontri avuti con il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, il segretario di Stato, Antony Blinken, ed il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan.
Funzionari militari e della difesa israeliani, sempre secondo Axios, hanno discusso la questione nelle ultime settimane con rappresentanti di tre Paesi arabi, compreso l’Egitto. “Ci sono progressi nel promuovere questa iniziativa sia in termini di volontà dell’Amministrazione Biden di discuterne, sia in termini di apertura dei Paesi arabi”, ha dichiarato una fonte israeliana. Secondo un funzionario arabo, tuttavia, i Paesi arabi non sono pronti a inviare truppe per proteggere i convogli umanitari al momento, ma potrebbero prendere in considerazione l’invio di truppe per una forza di mantenimento della pace dopo la guerra. Anche allora, ha precisato, la forza dovrebbe essere sotto il comando degli Stati Uniti.
Israele intanto si prepara a entrare a Rafah. “Nessun ostaggio resterà nella Striscia di Gaza”, ha promesso Netanyahu nel corso di un recente incontro con i familiari dei sequestrati, ancora nelle mani di Hamas dal 7 ottobre scorso. ”Sono i nostri eroi” li ha definiti, aggiungendo di sapere che ”ogni giorno in più che passa per loro e per voi è un inferno”. Netanyahu ha sostenuto, però, che solo la pressione militare su Hamas porterà alla liberazione degli ostaggi. Per questo, le forze di difesa israeliane ”si stanno preparando a entrare a Rafah”, nel sud della Striscia di Gaza, dove oltre un milione di sfollati hanno trovato riparo.
L’invasione via terra di Rafah “è inevitabile” per distruggere Hamas a Gaza una volta per tutte, ma “sarà possibile solo se evacuiamo i civili verso le spiagge”, ha detto l’ex generale di brigata israeliano Amir Avivi, fondatore e amministratore delegato dell’Idsf (Forum per la difesa e la sicurezza di Israele) in un’intervista esclusiva all’Adnkronos.
Resta forte però l’opposizione degli Stati Uniti a questa operazione, ad alto rischio per più di un milione di sfollati dal nord di Gaza che hanno trovato riparo nella città meridionale.
Nel frattempo il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha autorizzato la consegna di nuove bombe e aerei da guerra a Israele per un valore di miliardi di dollari, nonostante la spaccatura con Netanyahu. Lo scrive il Washington Post citando a condizione di anonimato funzionari del Pentagono e del Dipartimento di Stato.
Le fonti spiegano che il nuovo pacchetto di aiuti militari prevede la consegna di oltre duemila bombe e 25 caccia F35. In particolare, gli Stati Uniti consegneranno 1.800 bombe MK84 da 2.000 libbre, ovvero 900 chilogrammi, e 500 bombe MK82 da 500 libbre, 225 chilogrammi.
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