
Con l’avvento del Registro della popolazione e l’addio all’appuntamento decennale con i Censimento si pone il problema di come verranno raccolti i dati sulla nazionalità dei cittadini, che non sono solo un fatto privato, ma sono importanti per l’attuazione dei diritti delle minoranze su base nazionale e locale. Rispetto alla versione iniziale del disegno di legge sul Registro, ora non c’è più la minaccia di sanzioni pecuniarie per i cittadini che non faranno pervenire alla Direzione fiscale i dati sulle unioni civili, le convivenze, la religione, la lingua materna e l’appartenenza nazionale. Si teme pertanto che molti cittadini eviteranno di inviare questi dati. La questione che si pone ora è come farà l’Istituto nazionale di statistica (DZS), che si ritroverà a dover usare i dati del Registro della popolazione, a raccogliere le informazioni ad esempio sulla nazionalità e sulla lingua materna. In una nota inviata alla stampa zagabrese il DSZ ha sottolineato: “L’Istituto nazionale di statistica rileverà i dati sulle unioni civili e sulle convivenze in base alle dichiarazioni volontarie che le persone inseriranno nella banca dati. A prescindere dal modo in cui i dati vengono raccolti, la copertura statistica dovrebbe in definitiva essere completa, poiché per le persone che non forniscono dati o non vogliono dichiararsi dall’ottica nazionale vengono registrate statisticamente con la modalità ‘sconosciuto’ o ‘non dichiarato’. Ad esempio, in base al Censimento del 2021, sono state 66.581 le persone che non hanno voluto rispondere alla domanda sulla religione, mentre per 83.045 cittadini quest’informazione è risultata sconosciuta. Sul quesito della nazionalità, 22.388 persone non hanno voluto dichiararsi mentre per altri 26.862 cittadini questo dato è stato registrato come sconosciuto. Il dato sulla lingua materna è sconosciuto per 20.840 persone”, è stato riferito dal DZS.
A questo punto si rischiano dai incompleti. “Una parte dei cittadini non si esprimerà sicuramente nel Registro della popolazione sull’appartenenza nazionale ma, semplicemente, ometterà di fornire quest’informazione. Non avremo perciò dati completamente esatti, ma solo parzialmente esatti. Se buona parte degli appartenenti alle minoranze non si dichiarerà tale nel Registro, alcune etnie potrebbero perdere i diritti di cui godono ora. Può succedere che, laddove ora stando al Censimento del 2021 rappresentano più di un terzo della popolazione complessiva, perdano il diritto al bilinguismo scendendo sotto la soglia di un terzo in qualche Città o Comune”, ha spiegato Mato Palić, esperto di diritto costituzionale, che ha fornito possibili soluzione al problema della tutela della privacy dei dati. “Si potrebbe limitare l’accessibilità in modo che i dati siano visibili solo al Ministero delle Finanze e non agli altri Dicasteri o, per esempio, all’Istituto croato per l’assicurazione sanitaria (HZZO)”, ha dichiarato Palić, aggiungendo inoltre che bisognerà modificare la Legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali, nella parte in cui si rileva che per determinare la consistenza numerica una minoranza fanno fede i risultati del Censimento della popolazione. Il termine Censimento della popolazione andrà sostituito con Registro della popolazione”, ha evidenziato l’esperto di diritto costituzionale.
Consigli e Rappresentanti
Va rilevato che nel caso della CNI i diritti all’uso della lingua ovvero al bilinguismo sono sanciti dagli Statuti regionali e locali, per cui non dipendono dai dati del Censimento e neppure in futuro potranno dipendere da quelli del Registro. Per altre etnie invece la situazione cambia. Per quanto concerne invece il diritto ai Consigli e ai Rappresentanti delle minoranze, questo è legato per tutte le etnie e quindi anche per la CNI alla consistenza numerica su un determinato territorio. Ecco perché, a meno di modifiche sostanziali alla legislazione sui diritti delle Comunità nazionali, anche in futuro rimarrà importante dichiarare al cospetto delle autorità la propria appartenenza nazionale.
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