Il progetto per il secondo blocco della centrale nucleare di Krško rischia di fallire come quello per l’ampliamento della centrale termoelettrica di Šoštanj. Lo hanno fatto presente a Portorose gli attivisti di Greenpeace, provenienti da otto Paesi diversi, in margine ai lavori della Conferenza nucleare internazionale.
Video Greenpeace Slovenia
Dopo aver richiamato l’attenzione dei partecipanti e dei visitatori occasionali con striscioni e bidoni di scorie radioattive posticci, hanno chiesto al governo sloveno di ponderare bene i passi da intraprendere. In particolare si esige che siano esposti chiaramente gli obblighi dello Stato per un secondo reattore nucleare, i rischi di una simile manovra per le pubbliche finanze e di riflesso sulla qualità della vita dei cittadini.
È stato fatto inoltre presente che i costi per la costruzione di impianti nucleari sono notevolmente saliti negli ultimi tempi e che quindi non sono più in armonia con le stime sinora note.
Non si è fatta attendere la replica dei sostenitori del secondo blocco della centrale. A loro nome la piattaforma “JedrskaSI” ha ricordato che sono sempre di più i Paesi che per garantirsi l’energia elettrica necessaria e non inquinare l’ambiente ricorre al nucleare.
Soltanto in Europa attualmente sono stati impostati 40 nuovi reattori. Fare paragoni con la termo-centrale sarebbe iniquo, poiché è chiaro che la tecnologia usata da questo impianto è obsoleta, mentre l’energia nucleare è in piena espansione. Come hanno aggiunto, le fonti energetiche rinnovabili hanno ancora limiti tecnici e non possono alimentare autonomamente il sistema energetico.
Sono convinti che per raggiungere l’indipendenza strategica sono necessarie tutte le fonti energetiche a basse emissioni di carbonio disponibili. “L’opposizione all’energia nucleare ci legherà a lungo termine ai combustibili fossili o alla loro mancanza e di conseguenza a importazioni costose”.
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