L’acino dorato di Moreno Degrassi

Un tour tra i vigneti del Buiese, con uno sguardo all’annata, che si presenta quasi ottima e le sfide del futuro. Oggi non basta avere un buon prodotto, ma saperlo anche presentare, perché la concorrenza è globale

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L’acino dorato di Moreno Degrassi

Cammina lungo i filari, l’uomo della vite, erede del paese dai due campanili. La direzione sicura lo porta verso il lanceolato fogliame, alla scoperta dei più preziosi tra i suoi frutti. Le sue mani segnate dalla gentil lotta ed indurite dal tempo sanno ancora porgere leggere carezze a quelle graziose, piccole rotondità ora verdastre, ora brune, giallodorate le più belle. Quante volte ha sfiorato quella piccola curva fruttata per saper cogliere nella preziosa polpa la loro incipiente maturità.
Ma ogni volta è una sensazione nuova che ora t’appaga dei giorni di fatica e le tracce del tuo viso si stemprano in un profondo, malcelato sorriso. È tempo di vendemmia, momento cruciale per dare un senso al tutto, alla tua esistenza, alla tua scelta di vita.

Ti chiami Moreno Degrassi, e non è un caso.

“Nasco a Buie, in Cittavecchia, nel lontano 1959, primi studi a Buie, poi dal Ginnasio a Udine, Facoltà di Scienze Agrarie, studio e, nel frattempo, dal ‘76 passo tre estati in Germania a lavorare in gelateria, altri ambienti, qui inizio a imparare il tedesco. L’esperienza estiva rimane un grosso aiuto per poter poi lavorare in Italia. Superati gli ultimi esami a Udine, non consegui mai la laurea. Dovetti interrompere per fare il militare, cosa che però mi permise di ottenere la doppia cittadinanza. Praticamente nasco in cantina, iniziando a lavare le damigiane. Mio padre, che di lavoro faceva l’elettrotecnico, aveva la passione, come molti allora, di produrre da sé il vino in casa, nella vecchia cantina a Buie, ma riusciva sempre ad avere mini-vinificazioni di qualità. Da lui ho imparato a cercare sempre il massimo della qualità nella produzione. In casa non si toccava mai il vino prima dei 14 anni, e anche poi lo si tagliava con l’acqua per la classica ‘bevanda’. Questione di educazione domestica, rimane sempre il piacere di bere il buon bicchiere, ma senza mai esagerare”.

Amore innato per il vino dunque che si trasforma poi, gradualmente, in professione.

“Fu con le vigne, piantate dal PIC già nel 1986, che ebbi, come altri, la possibilità di iniziare a lavorare; poi potemmo acquistare anche i terreni con la prospettiva di effettuare la prima vendemmia, nel ‘96, nella vecchia cantina sociale di Buie. L’edificio era inoperoso da 10 anni, praticamente non si poteva usare; io non ho aspettato, come fecero altri, autonomamente i contributi europei, e decisi di portate le strutture salvabili nella cantina ricavata presso la nuova casa di famiglia a Salvore. Già nel ‘94 effettuammo i primi scavi, nel ‘96 era praticamente tutto pronto per vendemmiare, fu un anno quasi di scommessa, nessuno credeva che ce la potessimo fare”.

Quindi un trasferimento necessario dalla terra al mare.

“Si, in quelle condizioni fu una cosa logica ma ancora oggi la gente mi chiede se faccio il vino con l’uva o con che cosa, vista la totale assenza di vigne vicine”.

Dunque la collocazione delle vigne rimane comunque fondamentale, su quei prati erbosi che salgono leggermente verso le piccole colline a sud di Buie, circondati da folti boschi verdeggianti.

“Ambiente ideale per gli impianti vitiferi da completare nei prossimi anni con il mio piccolo sogno, una nuova cantina modernamente arredata in mezzo alle vigne, con le verdi collinette intorno e vista sul mare; un edificio che coniughi l’amore per il vino con la praticità, per poter gustare in loco un prodotto realmente a chilometro zero”.

Affrontiamo ora i dettagli di una vendemmia moderna, non più manuale, eseguita con macchinari di ultimissima generazione.

“È già il terzo anno di fila che adoperiamo felicemente la Volentieri-Pellenc, un bel gioiellino che, meccanicamente ‘diraspa’ i grappoli con un danno ai vigneti quasi nullo. Il giusto grado di automatismo, poca elettronica ma grande versatilità, con una conduzione esperta si adatta facilmente a tutti tipi di terreni. Questo ci permette di vendemmiare in condizioni ideali, nell’ora del giorno più favorevole; in un’ora e mezza si effettua il lavoro di 20 persone, e l’uva raccolta non rimane ferma a scaldarsi nelle cassette, ma viene subito convogliata in cantina per la lavorazione successiva”.

Parliamo ora un po’ delle caratteristiche dell’uva appena raccolta.

“Quest’anno il mio moscato bianco è un’uva che potrei definire perfetta, sana, le piogge stagionali sono cadute nei tempi giusti, forse potrà essere la miglior stagione degli ultimi dieci anni. In tempi di Covid, dovendo rimanere stanziati in loco, abbiamo effettuato molta più manodopera, tanti piccoli lavoretti spesso rinviati sono stati fatti, per ottenere così un’eccelsa produzione. Prevedibilmente la qualità sarà da molto buona a ottimale, il rapporto zuccheri/acidità forse addirittura in eccesso. In questo caso, sul moscato la maturazione verrà bloccata a freddo per ottenere una fermentazione dolce che ci darà un classico vino da dessert.”

Annata dunque meteorologicamente ottima, ma per la protezione dell’uva oggi cosa si deve fare?

“Il primo nemico, la temuta grandine, non è poi così frequente, per cui il classico sistema delle reti risulta troppo costoso e poco pratico, i danni subiti non sempre giustificano la spesa. Invece localmente abbiamo il problema di vari animali selvatici che razziano tutto il possibile, per questo credo che anch’io mi attrezzerò presto con le moderne reti anti intrusione, poco gradite esteticamente ma decisamente efficaci”.
Per quanto riguarda poi il discorso biologico, la Vini Degrassi sembra al passo con i tempi: “Sì, per quello che riguarda le malattie delle viti, già da due anni, siamo in regola per il biologico, non usiamo prodotti sistemici, no ai diserbanti, inerbimento naturale dei terreni, sistema zappatura manuale; usiamo solo prodotti ecologici certificati. Gli istituti statali che controllano la produzione richiedono che per tre anni i trattamenti siano eseguiti senza l’uso di prodotti non ecologici, poi ci verrà data la possibilità di esibire l’etichetta BIO, anche se noi già negli ultimi due anni abbiamo esteso l’uniformità di trattamento bio su tutta la nostra produzione”.

Passiamo ora alla lavorazione effettuata in cantina, che presenta diverse caratteristiche davvero interessanti.

“Dunque, in cantina, dalla tramoggia lo scarico dell’uva avviene nella diraspatrice, poi, a seconda delle temperature la materia passa in un tubo di raffreddamento e poi, infine, nella pressa. Qui parte la pressatura pneumatica per circa 3 ore, abbiamo la possibilità di lavorare con varie quantità a diversi valori di pressurizzazione. Abbiamo due botti con pale interne che girano la massa per il raffreddamento con controllo costante della temperatura, capacità di 40 ettolitri, riempita per tre/quarti cosi da dare modo alla massa di fermentare liberamente. L’uva così diviene il “Pigiato”, il tempo del ciclo varia a seconda del tipo di vinificazione finale che si vuole effettuare, al terminare la fermentazione in botti a decantare pacificamente”.
Un buon vino è dunque un cerchio perfetto che si chiude, un prodotto completo e terminato con proprie qualità che lo caratterizzano in maniera singolare ed armonica. Ma nei tempi passati non era sempre così. “In effetti una volta le cantine si trovavano nelle case dell’abitato, l’uva veniva trasportata con carretti, con tempi di lavorazione che non aiutavano a preservare le caratteristiche stesse dell’uva che comunque era spesso di ottima qualità; poi per incuria venivano fatti, purtroppo, troppi errori nella lavorazione, spesso le operazioni più importanti operazioni venivano fatte con tempistiche sbagliate. Una volta tutto veniva eseguito a mano, c’era una pigiatura quasi sempre manuale, nessun controllo in laboratorio, adesso si adoperano solo lieviti selezionati per avere una buona fermentazione. Già allora c’erano tanti bravi contadini con un’ottima uva, ma poi, spesso, la rovinavano a casa con trattamenti approssimativi”.

Dunque oggi i vantaggi della vendemmia moderna sembrano essere il tempo di raccolta drasticamente ridotto, l’orario di raccolta gestibile nella giornate; la rapidità di arrivo e trattamento delle uve in cantina, il controllo delle temperature di fermentazione per mantenere le caratteristiche organolettiche dei singoli uvaggi.

“Ogni annata è sempre diversa per condizioni meteorologiche, ma in questa segnata dalla pandemia da Covid, non si sa né dove, né come andrà il prodotto. Allora si tende a fare vini più longevi, con lavorazione ed imbottigliamento anche di 7/8 anni. Il mercato forse vuole vini più leggeri, più bevibili, ma noi tendiamo a produrre comunque vini finiti, invecchiati per il tempo giusto. La società oggi generalmente è sempre di corsa, ma tutto dipende comunque singolarmente dall’utente finale. La gente comune oggi vuole vini facili e a basso prezzo, ma bisogna sfatare il mito che ogni vino consenta al massimo un tot di anni prima di essere consumato. Alcuni nostre bottiglie di Malvasia rimangono ottimo anche dopo 15/20 anni”.

Il mercato va dunque verso un prodotto medio, alla fine si distingueranno i prodotti per le caratteristiche particolari, specifiche, connaturate alla collocazione sul terreno delle viti stesse.

“Certo, ma da noi massimo rispetto dell’uva, è l’uva che ci dice dove andare, non noi che la indirizziamo in maniera distorta dalla sua natura. È come far crescere un bambino, assisterlo nello sviluppo con amore; il vino è ancora una cosa viva e noi vogliamo aiutarlo a crescere e a migliorare nella maniera più naturale possibile”.
In conclusione un leggero tratto sulla persona Moreno Degrassi: “Io ho sempre cercato di fare il mio mestiere senza guardare strettamente al guadagno, mi sento un ‘vinar’ (vignaiolo), nell’antico uso del termine, anche se oggi posso essere definito più correttamente un produttore di vino. Attualmente però non basta solo produrlo il vino, oggi la presentazione, il marketing, sono diventati molto importanti. Con la concorrenza globale, anche le crisi diventano globali. Ma nonostante ciò il nostro prodotto viene fatto come sempre, il mio vino si vende anche dopo 5/6 anni. Sicuro, la crisi c’è stata anche per noi ma non per questo si cambia nella sostanza la tipologia di produzione; abbiamo ‘approfittato’ della crisi in marzo per ridurre la produzione futura, a causa del Covid abbiamo ridotto l’imbottigliamento e lo abbiamo posticipato per i vini ‘freschi’, cosa che può rivelarsi comunque un bene. Ora incrociamo le dita per una normalizzazione ed una ripresa del mercato che ci auguriamo sia più rapida possibile”.

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