
Nel 2024, oltre un quinto della popolazione residente in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale: il 23,1% della popolazione, sostanzialmente stabile rispetto al 2023, ricade in almeno una delle tre condizioni che definiscono il rischio di povertà o esclusione sociale: rischio di povertà (18,9%), grave deprivazione materiale e sociale (4,6%), bassa intensità di lavoro (9,2%). Lo rileva l’Istat nel rapporto annuale.
“Le condizioni economiche delle famiglie restano fragili. La povertà assoluta è stabile rispetto all’anno precedente ma in aumento nel confronto con il 2014. Anche tra chi lavora si diffonde la vulnerabilità economica con l’aumento delle persone i cui redditi non sono sufficienti a garantire un livello di vita adeguato”, rileva l’Istat.
Il Mezzogiorno resta l’area più esposta al rischio di esclusione sociale. L’incidenza raggiunge il 39,8% nel Sud e il 38,1% nelle Isole. L’incidenza è più bassa per chi vive in coppia senza figli, soprattutto se la persona di riferimento della famiglia ha almeno 65 anni (15,6%), ed è invece quasi doppia per gli individui che vivono in famiglie in cui il principale percettore di reddito ha meno di 35 anni (30,5%).
Nel 2023 le famiglie in povertà assoluta sono 2,2 milioni (8,4%), mentre gli individui coinvolti sono circa 5,7 milioni, pari al 9,7% della popolazione residente. Le famiglie con minori restano le più esposte alla povertà assoluta. Nel 2023, tra le famiglie con figli minori l’incidenza di povertà assoluta raggiunge il 12,4% (13,8% a livello individuale), con un incremento di oltre 4 punti rispetto al 2014. I minori in povertà assoluta sono circa 1,3 milioni.
L’incidenza della povertà assoluta diminuisce con l’aumentare dell’età della persona di riferimento della famiglia: è al 6,2% tra gli individui di 65 anni e più, contro l’11,3% delle famiglie di soli giovani in condizione di povertà assoluta, 202mila. Le famiglie giovani con figli sono tra le più vulnerabili: in quelle con almeno un figlio minore l’incidenza di povertà assoluta sale al 15,2%, contro il 10% delle famiglie giovani senza minori.
Il reddito da lavoro non sempre è sufficiente a eliminare il rischio di povertà. Nel 2023 il 21% dei lavoratori risulta essere a rischio di lavoro a basso reddito. Tale rischio è più elevato tra le donne (26,6% rispetto al 16,8% degli uomini), i giovani in età inferiore a 35 anni (29,5% contro il 17,7% nella classe 55-64 anni) e i cittadini stranieri (35,2% contro 19,3% degli italiani).
In sei anni, da gennaio 2019 fino alla fine del 2024, la crescita delle retribuzioni contrattuali per dipendente è stata pari al 10,1% rispetto all’inizio del 2019, a fronte di un aumento dell’inflazione Ipca pari al 21,6%. La perdita del potere d’acquisto, secondo i calcoli dell’Istituto, è pari quindi al 10,5%.
Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.
L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.