ETICA E SOCIETÀ È valido un regionalismo inclusivo

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ETICA E SOCIETÀ È valido un regionalismo inclusivo
Foto Željko Jerneić

La presentazione di un libro importante è trascorsa in modo piuttosto inosservato a Fiume. Si tratta di Resisting Inter-Ethnic Violence: Community Approaches to Conflict Transformation in Croatia and Bosnia-Herzegovina della dott.ssa Valentina Otmačić, pubblicato da Routledge, una delle case editrici di punta nel campo delle scienze sociali e umanistiche. Hanno partecipato Nada Glad, giornalista nel Gorski kotar durante gli anni della guerra e Amela Hajvaz, precedentemente giornalista presso lo Studio FS-3 e Radio Tuzla. L’incontro è stato organizzato da Nebojša Zelič, mio collega presso il Dipartimento di Filosofia nella nostra città.

L’elemento interessante elaborato durante l’incontro riguarda il ruolo dell’identificazione locale come forza di contenimento della ferocia interetnica che ha contraddistinto le guerre nello spazio dell’ex Jugoslavia. Le tre protagoniste dell’evento hanno spiegato che le persone che abitavano nelle zone di cui parlavano erano riuscite a limitare la spietatezza bellica grazie al buon livello di comunicazione e interazione tra le componenti nazionali residenti sul territorio. Sebbene distinti, i gruppi nazionali non avevano smesso di concepire gli individui che appartenevano ad altre comunità come persone con cui si condivideva il territorio, con l’intenzione di proteggersi reciprocamente e continuare a vivere assieme.
Dopo questa esposizione di ciò che mi sembra un nucleo concettuale del regionalismo, mi è sembrato utile ripensare quest’idea politica. Il concetto va considerato con le dovute qualifiche. Esiste un regionalismo inclusivo, come quello esposto dalle partecipanti alla presentazione del libro. L’idea centrale di questo regionalismo è un’integrazione trasversale tra le persone che trovano la propria identificazione anche in comunità nazionali diverse, ma che sono unite dall’idea di condividere un territorio e di volerlo fare come una comunità che rappresenta un’intersezione di identità differenti. Queste identità si incontrano, intendono conoscersi e arricchirsi reciprocamente, vogliono edificare un presente e un futuro comune, vedono nella cooperazione un modo per costruire il benessere per tutti e tutte. Dall’altro lato, esiste un regionalismo esclusivo. Anche se si punta all’identificazione di un’identità trasversale, questa è opposta a chi è esterno alla regione o non è originariamente residente in essa.

Il regionalismo è spesso visto come un rischio dalle nazioni (intese come comunità o progetti politici nazionali). In effetti, lo è, ma unicamente in casi specifici. Me ne vengono in mente tre. La prima condizione è che il progetto nazionale sia esclusivo o suprematista. In questa concezione, la nazione vuole essere il titolare esclusivo di un territorio, con le altre comunità nazionali che non sono ammesse o, al massimo, tollerate in una condizione di inferiorità. La seconda condizione riguarda un regionalismo esclusivo, dove le persone che condividono un territorio rifiutano un senso di appartenenza comune con chi non ne fa parte. In questa concezione, vengono esclusi anche i connazionali esterni alla regione. La terza condizione è rappresentata da un progetto regionalista secessionista.Non posso commentare i fatti specifici esposti dalle partecipanti alla presentazione del libro, ma condivido l’idea generale, quella di un regionalismo inclusivo. Come sostenere un’identificazione trasversale tra chi condivide il territorio specifico? È necessario alienare la competitività tra le comunità nazionali. Ciascuno vive e sviluppa la propria identità, con l’occhio e il cuore aperti nei confronti di quelle delle altre persone e delle loro particolarità, in un processo virtuoso dove ci si arricchisce grazie al sostegno vicendevole. L’impegno è quello di sviluppare una conoscenza e una solidarietà reciproca. È importante lo sforzo per la creazione di una memoria storica condivisa. Inoltre, va mantenuta l’identificazione e la solidarietà anche con i concittadini esterni alla regione, con i quali si conferma la condivisione dell’elemento statale che rimane ferma.

Non è semplice, ma credo sia l’unica prospettiva per una prosperità stabile in un mondo contraddistinto dal pluralismo e da storie complesse di domini e abusi, che si alternano tra comunità diverse. Dalla collaborazione nasce il benessere, dalla conflittualità la fragilità del bene.

*Professore ordinario di Filosofia Politica

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