Sport fiumano: un patrimonio da conservare

Palazzo Modello ha ospitato un incontro incentrato sulle imprese di due grandi campioni del passato come il calciatore Rodolfo Volk e il marciatore Abdon Pamich

0
Sport fiumano: un patrimonio da conservare
Abdon Pamich, Marino Micich e Giovanni Stelli. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Abdon Pamich, Ulderico Sergo, Sem Malvich, Ezio Loik, Rodolfo Volk, Marcello Mihalich, Mario e Giovanni Varglien, Gianni Cucelli, Orlando Sirola. E ci fermiamo qui, perché la lista è bella lunga. Fiume ha dato i natali a numerosi atleti che hanno scritto pagine indelebili dello sport internazionale. Basti pensare alle medaglie a cinque cerchi conquistate da Abdon Pamich (oro a Tokyo 1964 e bronzo a Roma 1960 nella 50 km di marcia) e Ulderico Sergo (oro a Berlino 1936 nei pesi gallo), nonché a Mario Varglien il quale, e pochi lo sanno, è l’unico calciatore fiumano a essersi laureato campione del mondo nel 1934 con la nazionale azzurra guidata in panchina dal leggendario Vittorio Pozzo. Ma il ricordo di questi personaggi e delle loro imprese si fa sempre più sbiadito: un po’ perché lontani nel tempo e un po’ perché le vicende geopolitiche nel secondo dopoguerra non hanno certamente contribuito a conservarne la memoria. Ed è proprio partendo da questo presupposto che Palazzo Modello ha ospitato la conferenza intitolata “Da Volk a Pamich: pagine gloriose di sport fiumano”, prendendo spunto dai libri “Sciabbolone!” di Giorgio Di Giuseppe e “La grande avventura dello sport fiumano”, scritto a quattro mani da Abdon Pamich e Roberto Roberti.

Ottavo re di Roma
In apertura Gianna Mazzieri Sanković ha letto alcuni passaggi degli articoli di suo padre Ettore Mazzieri, compianto giornalista sportivo del nostro quotidiano, sugli inizi di Volk al Gloria e successivamente alla Fiumana, nata dalla fusione proprio tra il Gloria e l’Olympia, che con i suoi gol – in coppia con l’amico e rivale Mihalich – trascinò alla storica promozione nella Divisione Nazionale, l’odierna Serie A. In quell’estate passò alla Roma diventando uno dei primi idoli del Testaccio. Sulle sue cinque stagioni vissute all’ombra del Colosseo Marinko Lazzarich, ricollegandosi allo Sciabbolone di Di Giuseppe, ha snocciolato un paio di dati che bene illustrano la sua prolificità con la maglia giallorossa. Volk fu il primo calciatore della Roma ad aver superato le cento segnature in Serie A (106 in 161 presenze), restando a lungo in testa a questa speciale classifica, prima di essere superato da Francesco Totti, Amedeo Amadei, Edin Džeko e Roberto Pruzzo. Ma con una media realizzativa di 0,77 gol a partita è il centravanti più prolifico rispetto al quartetto che lo precede. Ad esempio Totti si è fermato a 0,39… “Rudi” si è messo dietro pure altre bandiere della Roma come Vincenzo Montella, Abel Balbo e Marco Delvecchio. E non è tutto. Con 7 reti rifilate alla Lazio è stato a lungo il miglior marcatore del derby della capitale, sia per quanto riguarda la sponda giallorossa che quella biancoceleste. Peraltro fu l’autore del gol decisivo nel primo derby romano giocato l’8 dicembre 1929 (1-0 per il giallorossi). Nella stagione precedente siglò pure una tripletta nella prima partita dei capitolini in campo internazionale, a Parigi contro il Club Français. Nella stagione 1930/31 si laureò capocannoniere della Serie A con 29 reti messe a segno. “Non c’è da stupirsi che gli abbiano affibbiato il soprannome di ottavo re di Roma. Ben prima di Francesco Totti…”, conclude Lazzarich.

Mercificazione degli atleti
Sul suo periodo romano si è soffermato Giorgio Di Giuseppe, in particolare attraverso l’amicizia che lo legava a Fulvio Bernardini, con il quale formò una coppia di attaccanti formidabile in quegli anni. “L’amicizia tra i due fu immediata perché in campo si capivano al volo – racconta l’autore –. Infatti, a Roma uno era considerato il braccio e l’altro la mente. Tra loro c’era feeling anche perché caratterialmente erano molto simili, entrambi molto riservati. Anche quando Volk sul finire della carriera tornò a Fiume i due continuarono a frequentarsi e Bernardini, anche se non è sicura questa cosa, venne probabilmente a trovarlo a Fiume un paio di volte. Si incontrarono nuovamente poi nel dopoguerra: Volk era un esule e Bernardini lo aiutò a trovare un lavoro al CONI. La loro amicizia durò per sempre”.
Nella parte finale dell’incontro Abdon Pamich ha parlato dei suoi successi nella marcia e di quando lo sport era in primis un divertimento. “A quell’epoca si praticava sport per il gusto di farlo. Io lo facevo anche per superare i miei limiti e per accrescere l’autostima, che era piuttosto bassa. Oggi invece lo sport è un business e gli atleti vengono mercificati in tutti i modi diventando carne da macello. Adesso si basa tutto sul guadagno, c’è una pressione enorme sugli atleti e non c’è più quella componente di divertimento. Io mi divertivo un sacco a marciare per 50 chilometri”, sorride Pamich. Un concetto, quello della mercificazione dello sport, ribadito in apertura anche da Marino Micich e Giovanni Stelli.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display