Rijeka. Stagione positiva? Sì, ma solo a metà

Il Rijeka si gode il quarto posto e la qualificazione in Conference League. Ma quanto successo in stagione deve fungere da insegnamento

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Rijeka. Stagione positiva? Sì, ma solo a metà
Sergej Jakirović. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

La domanda è quella classica: la stagione del Rijeka è stata positiva o no? Difficile dare una risposta secca, forse bisognerebbe analizzare meglio i vari aspetti prima di giungere a una conclusione. Ma in sostanza si può dire che l’obiettivo primario è stato raggiunto, vale a dire la qualificazione sulla scena europea. Mica “poco”, visto il disastroso girone autunnale. Queste ultime due considerazioni illustrano, in un certo senso, quanto complessa può essere l’analisi in questione. Andiamo però per ordine.

Quarto posto ed Europa
A inizio stagione la società aveva posto come traguardo il quarto posto in campionato e per lo meno le semifinali di Coppa Croazia, oltre al superamento di un turno in Europa. In campionato l’obiettivo è stato centrato, in Coppa e in Conference League no. E già qui, considerati i risultati, si potrebbe gravitare verso una “stagione al di sotto delle attese”, per di più che quelli citati erano gli obiettivi minimi. Dinamo, Hajduk e Osijek, ognuno per motivi differenti, partivano avvantaggiati (rosa, disponibilità finanziaria…, ma se un Rijeka deve ritenersi alla fine soddisfatto per aver chiuso davanti a Istra 1961, Varaždin o Slaven Belupo (per carità, senza offendere nessuno) allora onestamente non si è messi benissimo. Ricordiamo che già nell’annata 2021/22 i fiumani si erano classificati quarti, segno che le altre tre squadre avevano (e continuano ad avere) qualcosa in più. Diciamoci la verità: i tempi d’oro dell’era Damir Mišković sono passati e inutile illudersi che torneranno. La realtà è ormai questa, d’altronde quella appena conclusa è stata la peggiore delle undici stagioni targate Mišković. S’investe meno, si cerca di mantenere un profilo più basso e si rischia di imbattersi in errori come quello della scorsa estate, quando si sono fatte scelte completamente sbagliate in merito a rosa e allenatore. In buona fede, perché dai vari Halilović, Djuričin, Alvarez o Pavlović ci si attendeva comunque di fare la differenza in un campionato come quello croato. Colpa della società, certo, ma anche tanta superficialità e menefreghismo da parte dei diretti interessati. Un vortice che ha finito per travolgere anche gli allenatori Dragan Tadić, Fausto Budicin e Serse Cosmi, scelte alternative e poco adatte al momento e alla situazione. Perché, non dimentichiamo, il Rijeka aveva nel mirino Devis Mangia e Matjaž Kek, due “telenovele” non andate a buon fine per motivi che è ora inutili da elencare. Con l’allontanamento del diesse Robert Palikuča e la saggezza del f.f Srećko Juričić durante la pausa invernale si è deciso di puntare in panchina su Sergej Jakirović, al quale sono stati dati “pieni poteri” in quanto a epurazione e scelta di rinforzi, ovviamente nel rispetto delle possibilità del club. Dilaver, Veiga, Marin, Janković e Banda hanno cambiato volto alla squadra, dando vita a una rimonta culminata con il quarto posto. Di più non si poteva, anche se resta un po’ di rammarico per non aver chiuso alla fine terzi.

La Coppa Croazia un’onta
OK, quello visto nel girone autunnale era un Rijeka inguardabile e modesto, ma anche come tale doveva per forza evitare le figuracce rimediate in Coppa Croazia. La prima è arrivata nei sedicesimi, un successo ai calci di rigore (5-4) dopo l’1-1 nei tempi regolamentari contro un avversario di quarta divisione, il Moslavina Kutina. Una squadra come il Rijeka dovrebbe avere la meglio su una formazione composta da dilettanti anche a occhi chiusi. Il turno dopo, negli ottavi, è arrivata l’eliminazione (2-1) per mano del BSK Bijelo Brdo, che nel campionato di Prima Lega è al momento dietro all’Orijent (tanto per fare un esempio). Detto questo, non ci vuole molto per bollare la partecipazione come fallimentare.

Djurgarden troppo forte
In Conference League il Rijeka è entrato in scena nel secondo turno preliminare, con avversari gli svedesi del Djurgarden. Che si sono dimostrati semplicemente troppo forti, vincendo entrambi gli incontri (2-1 a Fiume e 2-0 a Stoccolma). Paradossalmente, in quel doppio confronto abbiamo visto forse il migliore Rijeka del girone autunnale. Nella gara d’andata a Rujevica Vučkić aveva illuso i fiumani, poi ripresi a cavallo tra la fine del primo tempo e l’inizio della ripresa. In Svezia, invece, i quarnerini avevano disputato un buon primo tempo, sbagliando due ghiotte occasioni e vedendosi annullare il gol di Ampem per fuorigioco. Poi, quando il Djurgarden aveva deciso che era arrivato il momento di fare sul serio, Hien e Banda hanno chiuso i conti. E qui si è vista tutta la differenza tecnica e fisica tra le due squadre. Se c’è una cosa positiva da quel confronto è che Banda è poi finito proprio al Rijeka, rivelandosi un punto di forza nella rimonta del girone primaverile. Rimanendo in tema Conference League, senza allestire una squadra competitiva non si va lontano, a meno di una grande dose di fortuna nel sorteggio. E se non si va lontano non si guadagna nemmeno tanto, senza contare che la scena europea è il miglior palcoscenico per esporre i pezzi più pregiati e poi venderli a prezzi più elevati.

Frigan e le giovani leve
Forse l’aspetto migliore della stagione del Rijeka è la promozione di tanti giovani. Matija Frigan ha chiuso con 14 gol, laureandosi top scorer della squadra e secondo miglior marcatore del campionato dopo Marko Livaja. Niko Galešić e Veldin Hodža sono ormai due punti fermi, mentre Ivan Smolčić e Adrian Liber hanno dato una mano quando chiamati in causa. Una politica societaria perfettamente “sposata” anche dall’allenatore Jakirović, che non a caso aveva chiesto durante il mercato invernale Antonio Marin e Niko Janković. Jakirović ha creduto (e puntato) molto ai giovani e alla fine è stato ripagato per la fiducia posta nei loro confronti.

Matija Frigan.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Ora l’ennesima «rivoluzione»
Se la stagione appena finita doveva essere quella che avrebbe permesso di gettare le basi per il futuro va detto che purtroppo non è del tutto così. Troppi gli arrivi e le partenze, con la squadra che verrà smantellata nel mercato estivo. Marin, Janković e Jurić rientreranno alla Dinamo, mentre Frigan se ne andrà sicuramente, forse proprio al Maksimir. Ciò permetterebbe comunque al Rijeka di poter chiedere magari il rinnovo del prestito di Antonio e Niko. Anche il nazionale Labrović e l’albanese Selahi sono sul piede di partenza, così come a fare le valigie potrebbe essere pure Ampem. E magari Hodža. I sostituti saranno tutti low cost: prestiti o arrivi a parametro zero. “Ciò che è stato ormai è acqua passata: il Rijeka non può fare acquisti cari, anzi non può comprare praticamente nessuno. Chiunque ha carattere e pensa di poter aiutare è il benvenuto. Cessioni? Sì, ce ne saranno più di una. Dobbiamo pur vivere di qualcosa”, ha fatto sapere Jakirović.
La prospettiva non è, insomma, delle più incoraggianti. Rispetto alla scorsa estate ci sono comunque delle garanzie maggiori, a partire dallo stesso Jakirović per arrivare al direttore sportivo Raić Sudar: due che se ne intendono di calcio e che difficilmente commetteranno gli errori fatti in passato da Palikuča con la “complicità” di Tadić e Budicin, che non avevano voce in capitolo. Se poi sarà un Rijeka più competitivo o meno rispetto a quello attuale, lo scopriremo dopo l’estate…

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