Rijeka-Mišković. Niente crisi del settimo anno

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Rijeka-Mišković. Niente crisi del settimo anno

FIUME | L’eliminazione già nel terzo turno preliminare di Europa League ad opera degli sconosciuti norvegesi del Sarpsborg, una serie di risultati deludenti in campionato e un malessere culminato con le dimissioni dell’allenatore Matjaž Kek, preannunciavano una stagione deludente. Il “dopo Kek” non è stato indolore. Non era semplice trovare una figura in grado di trascinare la squadra fuori da un momento delicato, con sulle spalle la pesante eredità del predecessore. Un titolo, il primo della storia del calcio fiumano, due Coppe, una Supercoppa e tre partecipazioni alla fase a gironi di Europa League non si dimenticano, o non si dovrebbero dimenticare. La decisione di assumere Igor Bišćan, seguita dalla prima grande contestazione di una parte della tifoseria, lasciava spazio a oscuri presagi. È stato pesantemente contestato il presidente Damir Mišković, senza i cui petrodollari il Rijeka oggi, nel migliore dei casi, penzolerebbe in fondo alla classifica.
È un luogo comune, privo di basi scientifiche o statistiche, che il settimo anno di un matrimonio o di una relazione di lungo corso sia quello che ne sancisce spesso la fine. Gli antropologi indicano in questo senso il quarto anno, al termine del periodo necessario per lo svezzamento dei figli che, in termini biologici, diventano indipendenti. Dopo quattro anni di matrimonio tra Mišković e il club invece della crisi sono arrivati titolo e Coppa. In quel 2017 il “progetto” Rijeka è diventato indipendente dalla Social Sport, la fondazione istituita dall’imprenditore ligure Gabriele Volpi, e il club è stato rilevato dalla famiglia Mišković. Il settimo anno, nonostante tutti i presupposti negativi, ha portato nella bacheca del Rijeka un nuovo trofeo, una Coppa Croazia a cui pochi hanno creduto in considerazione dell’obiettiva superiorità della Dinamo, confermata, anche se in modo eccessivo, dal distacco di 25 punti in classifica. I tanti infortuni hanno impedito alla compagine di Bišćan, lanciatissima in autunno, di rincorrere la capolista. Sui motivi per i quali la prima squadra è rimasta priva di nove titolari occorrerà fare qualche riflessione.
Il bambino è svezzato e deve crescere in modo indipendente, e l’unico modo per esserlo è di acquistare per poco e vendere per tanto. Oggi ci troviamo nel mezzo del secondo piano quinquennale sotto la gestione Mišković. La seconda “petoletka”, oltre ai risultati sportivi, prevede la riduzione dei costi di mantenimento della rosa e, in questo periodo, il lancio di almeno cinque giocatori del proprio vivaio.
Come avviene regolarmente tutti gli anni, la fine del campionato determina l’inizio del calciomercato, tre mesi interminabili in cui occorrerà fare cassa e poi completare la rosa nel migliore dei modi. Sono eventi che si ripetono, come i monsoni che a Fiume, in particolare a Cantrida, dovrebbero portare non le piogge, già abbondanti, ma i soldi per realizzare un sogno, quello di tornare a giocare lì. La speranza dei tifosi è che si concretizzi quanto contenuto nel memorandum firmato da Mišković con i potenziali investitori cinesi. Su questo tema c’è il top secret, come sottolinea il presidente della società fiumana, il quale ha più volte precisato che non si tratta di un fulmine a ciel sereno, ma di un progetto di cui si parla da oltre un anno. Gli investimenti dalla Cina sono attesi anche dai cantierini del “3. maj”, però il calcio e il mondo che lo circonda sembrano essere un progetto più sicuro su cui investire.

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