Rijeka, i numeri non mentono

Nel girone primaverile sono arrivate le prime sconfitte, la difesa ha preso gol in ogni partita, è crollato il «fortino» di Rujevica e l’Hajduk ha operato il sorpasso in vetta. Ma nemmeno altrove sorridono tanto

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Rijeka, i numeri non mentono
Radomir Đalović. Foto: RONI BRMALJ

Matjaž Kek, uno che rimarrà nella storia del Rijeka, amava spesso ripetere: “I numeri e le statistiche personalmente non m’interessano, questo è soprattutto materia giornalistica, però sanno essere indicativi. Difficile onestamente che possano mentire”. Vero, anzi verissimo, perché se andiamo ad analizzare un po’ dati e cifre ecco che emergono subito alcune cose evidenti. Il Rijeka aveva chiuso il girone autunnale con uno “0” nella rubrica delle sconfitte, con appena sette gol subiti in 18 partite disputate. Nelle tre gare del girone primaverile, invece, sono ben due le battute d’arresto e tre le reti incassate, una in ogni partita (Lokomotiva, Varaždin, Istra). Inoltre, è venuto a cadere anche il “fortino Rujevica” e il primo posto il classifica è passato nelle mani dell’Hajduk. Un confronto che la dice lunga e che sicuramente non può essere frutto di una casualità. Il Rijeka delle ultime settimane è lontano parente di quello ammirato qualche mese fa e i motivi sono molteplici. Il primo, e principale, è comunque l’indebolimento della squadra, indipendentemente da ciò che potrebbe suggerire la logica o che si voglia far credere.

Partenze pesanti
Ma andiamo per ordine, argomentando il tutto. Durante il mercato invernale il club fiumano ha perso Niko Galešić, Ivan Smolčić e Marco Pašalić, oltre a Stipe Perica, Marijan Čabraja e Komnen Andrić dei quali però nessuno nemmeno si ricorda più. Galešić, dopo qualche panchina iniziale alla Dinamo, ha giocato contro lo Šibenik e, dai primi giudizi, probabilmente il posto di titolare è ora suo. Smolčić ha debuttato venerdì per il Como contro la Juventus, facendo nell’occasione un’ottima figura. A momenti sembrava già un “senatore” della squadra di Fabregas e uno che in Serie A ci sguazza “da una vita”. Pašalić ha giocato per l’Orlando City in amichevole con il Montreal e a fine partita il tecnico dell’undici della Florida, il colombiano Oscar Pareja, ha parlato chiaro: “Sono in MLS da parecchi anni e ormai capisco chi ha le potenzialità per poter sfondare. Marco è uno di questi. Dopo appena due allenamenti sta già facendo la differenza in campo”. Che dire…

Rinforzi o presunti tali?
Al loro posto sono arrivati a Fiume Mile Škorić e Luka Menalo, oltre agli attaccanti Duje Čop e Cherno Saho. All’apparenza degli arrivi utili e sensati, in pratica invece dei rebus ancora da risolvere e decifrare. Il difensore centrale, ex Osijek, ha esordito bene contro la Lokomotiva. Poi, però, contro Varaždin e Istra 1961 non ha certo impressionato, per quanto non abbia nemmeno demeritato. Menalo continua a essere una specie di oggetto misterioso, completamente fuori forma e difficile da collocare in campo. Di ruolo fa la mezzapunta di sinistra, ma lì al momento c’è un Djouahra ben più tonico e utile. Ci sarebbe spazio sulla destra, fino a qualche giorno fa una specie di “feudo Pašalić”, ma i numeri sono impietosi: zero minuti con la Lokomotiva, 16 a Varaždin e mezz’ora contro l’Istra. E senza mai incidere. D’accordo, non ne ha avuto forse nemmeno il tempo, però se Đalović lo fa accomodare sempre in panchina un motivo ci sarà pure. Čop, arrivato dalla Lokomotiva come colui che dovrebbe risolvere i problemi in attacco, ha giocato per 31’ con il Varaždin. Risultato? Un’ammonizione rimediata che, aggiunta ai due gialli accumulati con la Lokomotiva, gli hanno fatto saltare il derby. Da rivedere, con la speranza che possa davvero rivelarsi l’attaccante che il Rijeka aveva bisogno.
In attesa di Jovan Manev, più volte annunciato, ma ancora una questione “in sospeso”, nel ruolo di terzino destro si è visto Bruno Bogojević, a tratti disastroso con l’Istra 1961 dove il fiumano in maglia gialloverde, Moris Valinčić, lo ha più volte ridicolizzato nel primo tempo.

«Non ci arrendiamo»
“Avverto molta energia negativa intorno alla squadra, il che influisce anche sui giocatori. E onestamente fatico a capirlo visto che fino a domenica eravamo primi in classifica – lamenta il direttore sportivo Darko Raić Sudar –. Si parla molto della cessione dei giocatori, sarei molto felice se non dovessimo vendere nessuno, ma dobbiamo in qualche modo far quadrare il bilancio. Non abbiamo altre risorse per le spese di gestione, l’unica soluzione è la vendita dei giocatori. È normale che questo non piaccia ai tifosi e anch’io vorrei che fosse diversamente. Non ci arrendiamo e non rinunciamo al titolo, abbiamo delle ambizioni per il futuro. Cercheremo di portare alcuni nuovi giocatori e tesserare Manev. Il nostro obiettivo è sempre quello di arrivare il più lontano possibile nella lotta per il titolo”. Già, però quanto successo la scorsa stagione nel girone primaverile non induce all’ottimismo…

Se Atene piange…
“Se Atene piange, Sparta non ride”, recita un vecchio proverbio italiano in riferimento alla condizione delle due città dopo la fine della guerra del Peloponneso. Nel nostro caso Atene è il Rijeka, mentre Sparta l’Hajduk e in parte la Dinamo. Vero che nel fine settimana entrambe hanno vinto, ma non è tutto oro ciò che luccica. In precedenza, infatti, gli spalatini avevano pareggiato al Poljud con lo Slaven Belupo per poi cedere alla Lokomotiva. Sabato è arrivato un sofferto 1-0 ai danni del Varaždin, al punto che Gennaro Gattuso ha ammesso con grande sincerità: “Stavolta probabilmente non ha vinto la squadra migliore…”. L’Hajduk gioca male, e questo è innegabilmente un dato di fatto, ma ha un Marko Livaja in grado di fare la differenza. Ivan Rakitić non “gira”, mentre i tanti acquisti semisconosciuti non hanno certo qualità sopraffine. Dalle parti del Poljud la speranza è che Michele Šego e Jan Mlakar possano dare una mano al capitano quando si tratta di trovare la via del gol. Per ora Ringhio ha il sostegno dei tifosi, ma è sempre più nel bersaglio dell’opinione pubblica per il “non gioco” della squadra. E a Spalato quando partono le negatività spesso arriva anche il culmine, con decisioni a tratti affrettate e irrazionali.

Tempismo… sbagliato
La Dinamo ha un altro tipo di problemi. La qualità della rosa è fuori discussione, di gran lunga la migliore del campionato. Finora, questo è innegabile, al Maksimir quasi tutte le attenzioni erano rivolte alla Champions League. Gli zagabresi sono usciti a testa alta, battendo il Milan, ma venendo penalizzati dagli altri risultati, e ora possono dedicarsi appieno a campionato e Coppa Croazia. Un déjà vu che rischia di assomigliare molto a quello della scorsa stagione, quando la Dinamo rimontò lo svantaggio in campionato dal Rijeka e si aggiudicò anche il Sole di Rabuzin, sempre ai danni dei fiumani. Lo scenario si sta in sostanza già ripetendo, anche perché il protagonista principale, Bruno Petković, dovrebbe tornare a disposizione fra un mese, giusto in tempo per il finale di stagione. Per ulteriori informazioni chiedere magari a Nediljko Labrović…
Dalle parti del Maksimir sono comunque anche parecchio autolesionisti. L’esonero del direttore sportivo Marko Marić, per quanto possa essere giustificato, è arrivato forse nel momento sbagliato come tempistica e ha rischiato di provocare uno tsunami. “Marić mi ha portato alla Dinamo e la prima idea che mi era venuta in mente era che anche noi allenatori dovevamo andarcene. Ma Marko mi ha detto che non è cambiato nulla in proposito, di restare. Poi mi è arrivata anche la chiamata del presidente, il quale mi ha ribadito la fiducia. Con Marić se ne va un mio amico, ma per quanto sia difficile da accettare ho una missione da portare avanti qui alla Dinamo”, chiarisce Fabio Cannavaro dopo che domenica si era sparsa la notizia che il campione del mondo 2006 aveva messo il suo mandato a disposizione. Il 51enne napoletano rimane dunque in sella sino a maggio, poi si vedrà. Dipende soltanto ed esclusivamente da un fattore: il titolo in tasca o meno. Nel frattempo al Maksimir si cerca un nuovo diesse, che dovrebbe essere straniero sul modello del portoghese Boto all’Osijek e del francese Vitali all’Hajduk. Un binomio allenatore-DS stranieri (Coppitelli/Boto, Gattuso/Vitali, Cannavaro/?), ritenuto meno suscettibile alle pressioni dei manager e della stampa rispetto a molti tecnici e diesse locali. E come tali in grado di lavorare con maggiore tranquillità…

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