Südtirol. Ivan Javorčić: «Ho detto di no a Mourinho perché…»

Il tecnico spalatino del Südtirol racconta la storica promozione degli altoatesini in Serie B. «Siamo riusciti a risvegliare l’interesse per il calcio in una regione dove ci sono altre discipline al primo posto»

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Südtirol. Ivan Javorčić: «Ho detto di no a Mourinho perché…»

Battendo per 2-0 la Triestina al Nereo Rocco il Südtirol ha centrato la promozione in Serie B. Un’impresa storica perché mai nessuna società altoatesina era riuscita a spingersi fino alla serie cadetta. Una cavalcata pazzesca chiusa a quota 90 punti, ma la conquista del girone A di Serie C è arrivata soltanto all’ultima giornata al termine di un incredibile testa a testa con il Padova. Uno degli artefici di questo traguardo risponde al nome di Ivan Javorčić, arrivato la scorsa estate sulla panchina bolzanina. Spalatino classe 1979, Ivan cresce nelle giovanili dello Split sbarcando giovanissimo al Brescia. Centrocampista di ruolo, con le Rondinelle disputa un campionato di Serie A, seguono poi diverse esperienze in giro per lo Stivale dividendosi tra la B e la C1, mentre con la maglia della nazionale completa tutta la trafila dall’Under 15 all’Under 21 (con quest’ultima colleziona una presenza). Una volta appesi gli scarpini al chiodo, inizia dalle giovanili del Brescia la sua carriera da allenatore. Nell’estate 2021, dopo quattro anni alla guida della Pro Patria, lascia Busto Arsizio cedendo alla corte del Südtirol (nel mezzo rifiuta pure la chiamata di Mourinho alla Roma!) e al primo anno all’ombra delle Alpi firma subito un autentico capolavoro.

Ha riscritto la storia non solo di una società, ma di un intero territorio…

“È stato un po’ come in un romanzo. E un bellissimo viaggio. All’inizio era difficile pronosticarlo perché sulla carta il Padova non avrebbe dovuto avere rivali. Subito dietro c’era la Triestina e poi c’eravamo noi assieme ad altre 5-6 squadre. Era tuttavia impensabile fare questo tipo di percorso, e soprattutto non con questi numeri. È stato un campionato emozionante e incerto fino alla fine. Con il Padova ci siamo dati la caccia per tutto l’anno. È folle se pensiamo a ciò che rappresenta il calcio per una realtà come l’Alto Adige perché siamo riusciti a risvegliare l’interesse per questo sport in una regione dove ci sono altre discipline al primo posto”.

Il dato più strabiliante è che avete subito solamente 9 gol in 38 partite. Siete la miglior difesa d’Europa…

“È un dato veramente pazzesco. Frutto però di una precisa organizzazione di gioco e delle qualità tecniche dei giocatori. Per essere così efficaci in fase difensiva dev’esserci un meccanismo perfetto in generale, quindi il modo in cui gestisci la palla, l’intensità, il pressing, la dedizione che metti in campo sia in partita che in allenamento. Tra le squadre che hanno vinto dei campionati professionistici, forse siamo quella che ha incassato meno gol nella storia”.

Foto: fc.suedtirol/facebook

Cos’è che l’ha convinta ad accettare la proposta del Südtirol?

“La loro chiara idea di dove andare e come fare. Ho visto delle strutture all’avanguardia, delle potenzialità superiori alla categoria e ho subito capito che sarebbe stata la scelta giusta per la mia crescita professionale e personale. Ero alla ricerca di un ambiente dove lavorare bene in modo da poter esprimere quelle che sono le mie caratteristiche e qualità. A Bolzano ho trovato proprio questo. E non era scontato perché quello del calcio è un mondo alquanto caotico”.

Ma è vero che la scorsa estate ha rifiutato Mourinho, il quale era pronto ad affidarle la panchina della primavera della Roma?

“Dire che ho rifiutato Mourinho è un po’ esagerato, comunque è vero che c’è stata la possibilità di guidare la seconda squadra della Roma. L’idea era quella di avvicinarla ai ‘grandi’ e di gestirla un po’ come una prima squadra, però alla fine ho scelto una strada sicuramente meno ‘popolare’ ma forse più giusta per la mia carriera in questo momento”.

Ha avuto anche altre offerte?

“Ci sono state diverse richieste, anche dalla Serie B. Evidentemente è stato riconosciuto il lavoro che ho fatto negli ultimi anni però, ripeto, il Südtirol è la scelta migliore per quelle che sono le mie prospettive in questo momento”.

Proposte dalla Croazia?

“Non in maniera concreta, nel senso che non ci sono stati contatti diretti. In questo momento la Croazia è per me abbastanza lontana professionalmente parlando”.

Che cosa si aspetta dalla prossima stagione: il tipico destino di una neopromossa costretta a lottare strenuamente per la salvezza o puntate piuttosto ad allestire una rosa di qualità in modo da disputare un campionato tranquillo?

“Dipende tutto dalla proprietà, che poi è quella che ci mette i soldi. Bisognerà prima capire quali saranno le ambizioni, le idee e la visione di quello che la società vorrà fare. È chiaro che uno step naturale sarebbe consolidarsi e mantenere la categoria, per poi crescere negli anni e magari in futuro ambire a traguardi più importanti”.

Come si trova a Bolzano?

“Professionalmente molto bene. A partire dal centro sportivo, dallo stadio nuovo e dalla possibilità di crescere in un ambiente sano e molto vicino a una mentalità tedesca. Anche personalmente mi trovo benissimo. Bolzano è un gioiello, ma più in generale è tutto l’Alto Adige a essere una regione stupenda, immersa nel verde e circondata da montagne. Senza contare che qui la qualità della vita è più alta che nel resto d’Italia”.

Ha iniziato a masticare un po’ il tedesco?

“Per forza perché appena ti muovi fuori da Bolzano ti salutano in tedesco. A parte il mio desiderio personale di studiare e di voler imparare una nuova lingua, sei anche costretto a farlo per una questione di relazioni quotidiane”.

A proposito, ma che aria tira da quelle parti? Ogni tanto si torna a parlare dell’indipendenza dell’Alto Adige…

“Sono qui da poco e quindi non mi permetto di giudicare. Queste terre hanno alle spalle una storia non facile e sicuramente ci sono una cultura e un’identità molto radicate. In realtà però non si sente parlare tanto di indipendenza. C’è ovviamente questo mix delle due lingue e culture, ma credo che nella loro diversità riescano a convivere in maniera funzionale”.

Tornando al calcio, secondo lei chi vincerà lo scudetto nel testa a testa tra Milan e Inter?

“L’Inter è oggettivamente più forte. Personalmente però vorrei vincesse il Milan, ma non per una questione di tifo, bensì per il percorso. Il Milan è un po’ un esempio su come dovrebbe essere gestita una società e una squadra in un momento storico complicato. Sono stati bravi a costruire un’identità forte con meno risorse rispetto ad altre squadre”.

Segue anche il campionato croato?

“Non con grande attenzione, ma più per curiosità. Negli ultimi anni è cresciuto parecchio e quest’anno è davvero avvincente e incerto. Conosco molto bene Tomić e Bjelica, che stimo professionalmente e umanamente, perciò faccio il tifo per loro”.

E io che pensavo tifasse Hajduk…

“Io sono cresciuto nello Split… Visto che non ho particolari conoscenze all’interno della società, preferirei veder trionfare una persona che apprezzo umanamente, ma non tanto il Rijeka o l’Osijek quanto invece Tomić o Bjelica”.

E la finale di Coppa tra Hajduk e Rijeka come la vede?

“Imprevedibile. Sono due squadre che si equivalgono e in una partita secca può sempre succedere di tutto”.

Farà magari un salto al Poljud?

“Non lo so. Comunque mi piacerebbe vederla e quindi cercherò di organizzarmi”.

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