Edvin Calderara. Un fiumano sul trono d’Italia

Il viceallenatore dell'AN Brescia racconta il sorprendente scudetto conquistato nella serie finale contro la Pro Recco. «Sapevamo di avere i mezzi per farcela ma pensare di porre fine a un dominio lungo 14 anni era tutto tranne che scontato»

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Edvin Calderara. Un fiumano sul trono d’Italia

In tanti l’hanno definita come la caduta degli dei. Dopo 14 lunghi anni di incontrastata egemonia, la Pro Recco si è dovuta inchinare. Una caduta fragorosa, che ha fatto rumore nel mondo della pallanuoto. I liguri non sono più campioni d’Italia. A detronizzarli, e a regalarsi il secondo tricolore della propria storia, è stata l’AN Brescia che ha sorprendentemente (ma fino a un certo punto) posto fine al regno di Bijač e soci vincendo 3-1 la serie finale dei play-off. Sono tuttavia in pochi a sapere che lo scudetto dei “leoni” porta una firma fiumana. E più precisamente in panchina: Edvin Calderara, ex alunno della SEI Gelsi e della SMSI, è infatti il viceallenatore dei neocampioni d’Italia. Un passato nelle giovanili della Jadran di Kostrena prima e del Primorje poi, quindi una lunga gavetta in giro per lo Stivale, da Torino a Messina, fino all’approdo nella stagione 2017/18 a Brescia, chiamato dall’attuale tecnico Alessandro Bovo, il quale inizialmente gli affida le redini della formazione femminile, e successivamente lo vuole accanto a sé come vice in prima squadra. Una collaborazione culminata pochi giorni fa con la conquista di uno storico titolo.

 

Edvin, questo scudetto si può definire una sorpresa?

”Sì e no. Da un lato la Pro Recco vinceva il titolo da 14 anni di fila, ma comunque già da un paio di stagioni a questa parte Brescia era sempre lì. Centravamo puntualmente la finale e ogni tanto arrivavamo a un gol dalla vittoria, senza però mai compiere quell’ultimo passo, che poi è stato fatto quest’anno. Dall’altro abbiamo colmato il gap con l’acquisto di alcuni giocatori straordinari, tra i quali non posso non citare il croato Maro Joković, inseritisi perfettamente nello zoccolo duro formato dai ‘senatori’ che sono qui da 9-10 anni come il capitano Christian Presciutti o il portiere Marco Del Lungo. Ed è così che siamo arrivati a compiere il salto di qualità decisivo. Sapevamo dunque di avere i mezzi per farcela, però pensare di porre fine a un dominio di 14 anni era tutto tranne che scontato”.

Nella Final Eight di Champions è arrivato il primo storico piazzamento sul podio

Qual è stata la chiave nella serie finale?

”Il nostro carattere. Non abbiamo mai mollato. Il tutto però condito da dei giocatori che hanno davvero delle qualità eccezionali perché in vasca non basta soltanto metterci cuore, grinta e spirito di sacrifico. Un successo che inoltre assume ancora più valore se pensiamo che quest’anno si è tornati alla formula della finale play-off al meglio delle cinque partite, mentre prima si disputava in gara unica, e quindi per conquistare il titolo dovevamo battere tre volte un’autentica corazzata qual è la Pro Recco. Una seconda chiave è stato poi riuscire a vincere la prima delle due gare che abbiamo giocato in trasferta, il che ci ha messo nelle condizioni di poter chiudere i conti in casa nostra nelle seguenti due, come poi effettivamente successo”.

Presumo sia stato un campionato pesantemente condizionato dalla pandemia e che anche voi avete dovuto fare i conti con dei focolai di Covid.

”A cavallo tra ottobre e novembre eravamo rimasti fermi per un mese perché gran parte della squadra aveva contratto il virus, fortunatamente però con una sintomatologia lieve. Ovviamente quello stop forzato aveva rallentato il nostro percorso di crescita come squadra. Più avanti c’è stato un altro caso di un giocatore risultato positivo dopo una bolla di Champions League, con la squadra che ha dovuto osservare un secondo periodo di quarantena, andando quindi nuovamente a destabilizzare la continuità che si era creata. Poi a febbraio ci sono state le qualificazioni per le Olimpiadi di Tokyo, con diversi giocatori convocati nelle rispettive nazionali, il che ha interrotto una terza volta il nostro percorso di crescita. È stata quindi un’annata complicata, ma per fortuna nel finale non ci sono stati altri casi e abbiamo così potuto concludere la stagione senza ulteriori stress”.

Qualche giorno dopo la vittoria dello scudetto siete volati a Belgrado per la Final Eight di Champions League, chiusa poi al terzo posto. Un risultato di tutto rispetto, ma sicuramente sarà rimasto un po’ di rammarico per quella semifinale persa col Ferencvaros…

”È la prima volta che la società entrava tra le prime quattro d’Europa e salire sul podio è indubbiamente una bella soddisfazione, però un po’ di amaro in bocca comunque resta per il modo in cui è arrivata quella sconfitta perché la finale era davvero a portata di mano. Eravamo partiti malissimo, poi però abbiamo recuperato alla grande, prima di essere condannati da un gol arrivato a 20 secondi dalla fine. Eravamo andati a Belgrado con l’obiettivo di vincere anche la Champions, sapendo chiaramente che lì ci sarebbero state le otto squadre più forti del continente. Ripeto, da un lato dispiace essere usciti in semifinale, ma dall’altro c’è la soddisfazione per aver conquistato un terzo posto che comunque ha un suo peso”.

L’AN Brescia festeggia la conquista dello scudetto

Resterai a Brescia anche nella prossima stagione?

”Sì. Sono molto legato ad Alessandro Bovo, che non smetterò mai di ringraziare per aver creduto in me e avermi dato la possibilità di lavorare all’AN Brescia, una società solida, ambiziosa, sempre pronta ad alzare l’asticella e anche ben strutturata, a partire dalle giovanili, passando per la formazione femminile fino ad arrivare alla prima squadra. Sono perciò felicissimo di continuare a far parte del progetto”.

La parte più complicata viene però adesso perché il prossimo anno sarete chiamati a riconfermarvi, il che è sempre la cosa più difficile…

”Inevitabilmente le aspettative saranno altissime, com’è giusto che sia. Sicuramente la rosa subirà determinate modifiche, ma sempre con l’idea di rimanere ai vertici sia del campionato italiano che in campo internazionale”.

Passiamo un attimo alle Olimpiadi, ormai ai nastri di partenza: chi secondo te vincerà l’oro a Tokyo?

”Bella domanda. La nazionale più completa a mio avviso rimane la Serbia, che peraltro è campione uscente e sarà obbligata a difendere il titolo. I suoi giocatori hanno raggiunto una maturità di gioco tale da poter ambire al massimo risultato in ogni competizione, pertanto se proprio devo sbilanciarmi allora dico Serbia”.

Come vedi la Croazia?

”Si presenta con un’ottima squadra e con la coppia di centri più forte al mondo, ovvero Vrlić e Lončar, che sono fondamentali per il tipo di gioco che esprime. Certamente anche la Croazia rientra nel lotto delle favorite”.

Invece l’Italia?

”È la squadra campione del mondo in carica e sicuramente si giocherà una medaglia. Attenzione poi ovviamente all’Ungheria, che ha vinto l’ultimo Europeo; la Spagna, sempre sul podio negli ultimi tre grandi appuntamenti tra Mondiali ed Europei; e infine il Montenegro, che si presenterà con una rosa giovane ma piena di talento”.

E in un’ipotetica finale tra Croazia e Italia quale calottina indosseresti, quella a scacchi biancorossi o piuttosto quella tricolore?

”Quella biancorossa. Ho ancora ben impresse in mente le immagini della vittoria dei Mondiali di Melbourne nel 2007 e poi ancora l’oro conquistato a Londra 2012. Gente come Barać e Hinić, che prima ammiravo in tv, successivamente ho avuto modo di conoscere e pure di collaborarci perciò è normale che sia più legato alla Croazia, oltre naturalmente al fatto di esserci nato e cresciuto”.

Continui a seguire il Primorje?

”Assolutamente. Sono spesso in contatto con Igor Hinić e il suo vice Boban Voštić, il quale tra l’altro è stato il mio allenatore ai tempi delle giovanili. Dispiace che manchi un po’ di continuità, determinata ovviamente da una questione prettamente economica. Non appena un giocatore fa un po’ di esperienza con le nazionali giovanili oppure disputa un campionato di alto livello, ecco che cerca subito uno step in più ed è quindi difficile trattenerlo. Peccato non poter creare una squadra come quella che arrivò terza in Europa quando ancora giocavo nelle giovanili (stagione 2003/04, nda)”.

Quando torni a Fiume?

”Verso metà luglio. Solitamente ho un mesetto di vacanza e poi a fine agosto inizierà la preparazione in vista della nuova stagione”.

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