Croazia, una fucina di talenti e campioni

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Croazia, una fucina di talenti e campioni

Poco più di quattro milioni di abitanti, ma una cultura sportiva da far invidia a superpotenze come Stati Uniti, Russia, Cina e Gran Bretagna. La Croazia intera è stata per giorni in pieno delirio grazie alla finale del Mondiale in Russia contro la Francia. “Miracolo” sì, ma soltanto fino a un certo punto e a insegnarlo è la storia recente dello sport croato. Costola dell’ex Jugoslavia, in rappresentanza della parte più latina e mediterranea del sogno unitario di Tito, la Croazia ha regalato al mondo alcuni dei talenti più cristallini e scintillanti nei rispettivi sport. In questo novero erano già entrati anche alcuni calciatori: Boban, Šuker e Prosinečki, tutti in campo a Francia 1998, quando la nazionale di Miroslav Blažević perse soltanto in semifinale contro la stellare Francia di Zinedine Zidane e (soprattutto) Lilian Thuram. In questo ordine rientrerà anche Luka Modrić, senza ombra di dubbio uno dei migliori a Russia 2018, in forte odore di Pallone d’Oro nonostante la sconfitta di Mosca con la Francia. Buttando un occhio agli altri sport, ecco chi ha fatto esaltare la Croazia, da Zagabria a Pola, da Osijek a Ragusa (Dubrovnik), passando per Fiume, Spalato o Varaždin.

Petrović, il Mozart del basket

Parker, Nowitzki, Gasol, Belinelli, Dončić. Se la NBA ha potuto godere (o godrà, nel caso del ‘kid’ sloveno) di tanto ben di dio cestistico, lo deve quasi totalmente a Dražen Petrović, probabilmente il più forte giocatore europeo ad aver mai calcato un parquet. Nel Vecchio Continente fa ciò che vuole: al Real Madrid è epocale la sua prestazione da 62 punti in finale di Coppa delle Coppe contro Caserta. Sbarca in America nel 1989, quando in molti all’interno della Lega consideravano l’Europa esclusivamente come meta di vacanze. Dopo aver faticato con i Blazers, diventa l’uomo franchigia dei New Jersey Nets, con cui viaggia a oltre 20 punti di media nelle ultime due stagioni. In Croazia, dove si cerca di sopravvivere alla guerra, ci si aggrappa all’idolo Dražen, che trascina anche la neonata nazionale a uno storico argento ai Giochi di Barcellona 1992, perdendo soltanto in finale contro un Dream Team stellare.

Ivanišević e i 150mila di Spalato

“He did it”. Così i telecronisti di mezzo mondo hanno commentato la favola di Goran Ivanisević, che il 9 luglio 2001 ha scritto una delle pagine più memorabili nella storia dello sport. Il croato, numero 125 del ranking ATP e invitato a Wimbledon grazie a una wild-card, vinse per la prima volta il Championships, sfatando un tabù che lo aveva visto perdere in finale in tre occasioni, nel 1992 contro Agassi e nel 1994-1998 con Pete Sampras e diventando un eroe nazionale. Ivanišević torna in Croazia con il jet privato di Bernie Ecclestone e della moglie Slavica, amici del suo manager Ion Tiriac. L’accoglienza all’aeroporto è da eroe di Stato, ma ancora meglio è il giro in barca davanti alla baia di Spalato, la sua città. Ad accoglierlo circa 150mila persone in totale delirio, tra le quali anche campioni come Boban, Štimac e Kukoć. Ivanišević indossa una maglia dei Nets con il numero 3 di Petrović, mentre i tifosi vestono una t-shirt con la scritta “I’m a genius”, in risposta alle provocazioni di John McEnroe, che aveva descritto il croato come un tennista limitato al “serve & volley”, già apostrofato come “idiota” dallo stesso Ivanišević. Goran, che ammetterà di non aver dormito per oltre 48 ore, viene celebrato dall’aviazione croata e dal premier Ivica Račan, che lo cita come esempio per un popolo che sta imparando a camminare da solo. “Sto sognando e non voglio svegliarmi. Non mi importa più nulla se non vincerò più nemmeno un incontro”, dirà Ivanišević. Quello di Wimbledon, in effetti, fu l’ultimo trionfo della sua carriera…

Blanka, la farfalla dalmata

Calcio, basket, pallanuoto, tennis. Mai l’atletica. Strano per un Paese con una cultura sportiva come quella croata, dove i bambini vengono spediti a correre e saltare, piuttosto che davanti a una televisione a giocare a un videogame. Eppure fino al 2008 nessun atleta era riuscito a portare a casa una medaglia olimpica nella disciplina che è da sempre la regina dello sport, l’atletica leggera. Blanka Vlašić, 193 cm per 75 kg, gambe lunghissime e taglia da modella, ci riuscì a Pechino conquistando l’argento dietro alla belga Tia Hellebaut nel salto in alto. Una mezza delusione, visto che la “farfalla” di Spalato era la grande favorita della gara, essendo campionessa mondiale in carica con lo straordinario 2,05 metri fatto segnare dodici mesi prima a Osaka. Blanka vincerà il titolo iridato anche a Berlino 2009, compiendo il capolavoro ai Giochi di Rio 2016, quando porta a casa un insperato bronzo che la consacra nell’Olimpo dello sport croato. Negli ultimi anni l’atletica croata ha in Sandra Perković la propria eroina. La zagabrese ha vinto ben due ori olimpici (Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016) nel lancio del disco, strapazzando la concorrenza. Perković ha fatto anche incetta di titolo mondiali (due) ed europei (quattro), oltre ai sei successi nella Diamond League. Non dimentichiamoci neppure di Sara Kolak, oro a Rio de Janeiro 2016 nel lancio del giavellotto tra lo stupore di tutti.

Kukoč, l’… allievo di Jordan

Quando ai Mondiali juniores di Bormio del 1987 un magro e lungo 19.enne di Spalato segna 11 triple su 12 contro gli USA, si grida al fenomeno. Toni Kukoč è qualcosa che su un campo da basket non si era mai visto prima: il corpo di un pivot (207 cm), le mani di una guardia, la testa di un play. Tutto di eccellenza cinque stelle extra lusso. Con la Jugoplastika Spalato si fa conoscere in Europa, con Treviso diventa una stella al punto da spingere i Chicago Bulls a sceglierlo al draft e ricoprirlo di dollari. La famigerata “cura Pippen e Jordan” nella partita di Barcellona 1992, quando il duo dei Bulls si prese cura del loro nuovo compagno per fargli conoscere la legge NBA, lo fece accettare in un gruppo che dal 1996 al 1998 vinse tre titoli consecutivi, in cui TK7 (come probabilmente sarebbe soprannominato adesso) era il sesto uomo di lusso, capace di uscire dalla panca e spezzare in due la partita con le sue visioni a 360°, le sue triple da otto metri, il suo gioco da point-forward e quel mancino capace di pennellare assist e canestri come pochi nella storia della pallacanestro.

Janica e Ivica, gli dei della neve

Dici Croazia e pensi subito alle mura di Ragusa (Dubrovnik), alle spiagge dell’Istria, al mare di Lesina o Pago. Chi poteva immaginare che due dei migliori sciatori nel nuovo millennio sarebbero venuti da Zagabria? Ivica e Janica Kostelić hanno riscritto la storia dello sci alpino, con una completezza tecnica raramente vista. Janica è stata in assoluto la prima atleta della Croazia a vincere una medaglia olimpica , facendo addirittura una scorpacciata con tre ori a Salt Lake City e calando il poker a Torino: è una delle poche capaci di ottenere successi in tutte e cinque le specialità dello sci alpino. La poliedricità è sicuramente un marchio di famiglia, visto che anche Ivica ha messo nel suo albo d’oro quattro medaglie olimpiche, tre iridate, una Coppa del Mondo assoluta e quattro di specialità. Lo slalom di Zagabria deve il suo inserimento nel calendario della FIS proprio grazie all’appeal dei “Kostelić Brothers”, che sapevano trasformare la pista di casa in una torcida, con decine di migliaia di persone in pieno delirio in stile calcistico.

Tanti sorrisi dalla pallanuoto

In Croazia la pallanuoto è da considerare tra gli sport nazionali, al pari di calcio, del basket e della pallamano (due ori olimpici ad Atlanta 1996 e Atene 2004, nonché un titolo mondiale a Portogallo 2003 per la selezione maschile, ribatezzata “i cowboys”). I risultati della nazionale di pallanuoto, i “barracuda”, si vedono eccome: due argenti olimpici ad Atlanta 1996 (alla prima partecipazione da Stato indipendente) e Rio 2016, più il capolavoro di Londra 2012, dove è stato conquistato il primo storico oro a cinque cerchi. In questo momento la Croazia è anche campione mondiale in carica, con il successo ottenuto a Budapest nel 2017 e punta dritta al podio nella rassegna in pieno corso a Barcellona. Nella Coppa del Mondo, la formazione biancorossa va a medaglia da ben sei edizioni consecutive: per trovarla giù dal podio bisogna risalire a Montreal 2005, quando chiuse quarta. Non a caso, è bastato contare le calotte sulle tribune del Luzhniki per capire il grado di passione e competenza nella pallanuoto del popolo croato, in una nazione che non vive di solo calcio e che nonostante la sconfitta di Mosca con la Francia ha fatto impazzire più di quattro milioni di persone. Sarebbe ingiusto dimenticare, in questo contesto, il record mondiale di Miloš Milošević – spalatino trapiantato a Fiume e allenato da Dmitrij Bobev – sui 50 farfalla in vasca corta (23”30), stabilito agli Europei di Sheffield il 12 dicembre del 1998, e le imprese di altri nuotatori come Duje Draganja, Gordan Kožulj, Tomislav Karlo, Sanja Jovanović…

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