Basket Croazia, Pavličević: «Saltare l’Europeo sarebbe un disastro»

Il coach ci spiega la debacle della nazionale a Sarajevo. «L’errore è stato difendere il +13 dell’andata»

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Basket Croazia, Pavličević: «Saltare l’Europeo sarebbe un disastro»
Il 73enne Željko Pavličević. Foto: Sanjin Strukic/PIXSELL

Solamente gli Stati Uniti sono riusciti a rifilare oltre cento punti alla Croazia, peraltro in tre occasioni: due volte alle Olimpiadi di Barcellona 1992 – 103-70 nella fase a gironi e 117-85 nella finale per l’oro; la terza al Mondiale 2010 in Turchia – 106-78. Domenica scorsa agli USA si è aggiunta la Bosnia ed Erzegovina, che a Sarajevo ha umiliato i cugini biancorossi con un pesante 110-90, allontanandoli in maniera forse anche definitiva dagli Europei 2025. E sarebbe clamoroso non avendo la Croazia mai saltato l’appuntamento con la rassegna continentale. Per sperare ancora nel pass, la squadra di coach Josip Sesar dovrà necessariamente centrare una doppio successo nell’ultima finestra di qualificazione in programma a febbraio. Se battere Cipro non dovrebbe rappresentare un problema, lo stesso non si può certo dire per la Francia, fresca della medaglia d’argento conquistata alle Olimpiadi casalinghe di Parigi. Certo, i Bleus saranno orfani delle stelle NBA, dei giocatori che disputano l’Eurolega e si presenteranno con il ticket già in tasca, ma dopo aver incassato 110 punti contro una nazionale di seconda fascia come la Bosnia, è difficile pensare di poter sgambettare la Francia. Poi, per carità, ogni partita fa storia a sé. Ma due vittorie potrebbero anche non bastare perché dopo la debacle di Sarajevo la Croazia non è più padrona del proprio destino. Ad avere il coltello dalla parte del manico è la Bosnia, ora in vantaggio negli scontri diretti, il che significa che se Musa e soci dovessero superare la Francia (e ovviamente anche Cipro), per la Croazia sarebbe tutto inutile e sarà costretta, per la prima volta nella sua storia, a guardare l’Europeo dal divano di casa.
Per comprendere i motivi che hanno portato a questa disfatta siamo andati a scomodare Željko Pavličević, uno degli allenatori di basket più vincenti, oltre che più autorevoli e apprezzati, il quale due giorni fa nella sua Zagabria è stato insignito del premio Opera omnia Franjo Bučar, il massimo riconoscimento sportivo assegnato dallo Stato croato.

Coach, che cos’è successo a Sarajevo?

“Queste due partite vanno analizzate nel loro insieme. Nel primo match a Zagabria la Croazia ha avuto una percentuale del tiro da tre punti oltre il 50% il che ti capita, forse, in una partita su dieci. Di contro, la Bosnia è stata dominante al rimbalzo, cosa peraltro abbastanza scontata essendo fisicamente superiore, però la Croazia è riuscita a compensare questo gap grazie proprio alle alte percentuali al tiro da tre. Il primo fattore ad aver inciso a Sarajevo è stata la bolgia dello Skenderija. Semplicemente i giocatori croati, soprattutto coloro che militano nel campionato di casa, non sono abituati a giocare davanti a così tante persone e in un palazzetto così infuocato. Il secondo è la testa. All’intervallo, sul 50-50, i giocatori hanno pensato principalmente a difendere il +13 di Zagabria. Poi nei primi tre minuti del terzo quarto la Bosnia si è portata sul +13 annullando di fatto il passivo dell’andata. Lì il palazzetto è esploso e la Bosnia ha preso fiducia. Nell’ultima frazione la Croazia si è riavvicinata, ma quelle due triple di Gegić sono state fatali. Credo però che la Bosnia non ripeterà una partita del genere per un bel po’…”.

Qual è stato il principale errore commesso da Sesar?

“È difficile giudicare da fuori. Sicuramente all’intervallo Sesar non ha detto ai suoi giocatori di difendere il vantaggio di gara-1. Quando la partita è iniziata a scivolare di mano, la Croazia ha cercato di forzare il tiro e quello è stato un grave errore. Nel momento in cui le cose si mettono male è fondamentale mantenere il sangue freddo cercando di non perdere la testa. Sul -13 la Croazia era perfettamente in partita perché di fatto le due squadre stavano sullo 0-0 e quindi c’era tutto il tempo per recuperare. Lì, invece di abbassare il ritmo della gara e quindi frenare l’urto degli avversari, la Croazia si è disunita affidandosi alla giocate individuali nel tentativo di ricucire lo strappo”.

Sesar è il profilo più adatto per questa nazionale?

“Bisogna sempre tenere presente dov’era la squadra fino a 3-4 anni fa. È stato fatto un passo avanti evidente, se pensiamo alla vittoria delle prequalificazioni olimpiche e al successo in finale sulla Turchia, come pure alla finale raggiunta al preolimpico di Atene e alla vittoria sulla Slovenia di Dončić. Rispetto agli allenatori che lo hanno preceduto, con Sesar la squadra è cresciuta”.

La qualificazione all’Europeo è però ora appesa a un filo: non andarci sarebbe un dramma sportivo, forse il punto più basso mai raggiunto dalla Croazia della palla a spicchi

“Parliamoci chiaro, non rientrare tra le 24 nazionali che disputeranno l’Europeo sarebbe un disastro. La partita chiave è ora quella con la Francia, che è sì forte ma non certo imbattibile. Fisicamente sono superiori, un po’ come la Bosnia, ma con una solida percentuale al tiro, con una buona gestione del rimbalzo difensivo e con la spinta del proprio palazzetto, l’impresa è possibile. Messa con le spalle al muro la Croazia saprà secondo me sfoderare quella ‘garra’ necessaria nelle partite da dentro o fuori. E non sarebbe certo la prima volta. Dopotutto se l’Islanda può battere l’Italia in trasferta…”.

Gli azzurri erano però già certi del pass…

“È vero, ma tra il basket italiano e quello islandese c’è un abisso. L’Italia deve battere l’Islanda scendendo in campo anche con le riserve delle riserve”.

Torniamo a Sarajevo. È stata una partita in cui si sono sprecati i paragoni tra Hezonja e Musa: chi dei due è più decisivo per la propria nazionale?

“Fare un confronto tra due giocatori che ricoprono ruoli diversi ha poco senso. Hezonja è forte al rimbalzo e in contropiede, mentre Musa fa dell’imprevedibilità il suo punto di forza ed è bravissimo a smarcare i compagni. A mio avviso Hezonja, a maggior ragione in assenza di Zubac e di Šarić, è più decisivo per la Croazia che non Musa per la Bosnia. Detto ciò, parliamo di due fenomeni perché altrimenti non sarebbero insieme al Real Madrid”.

Dopo tantissimo tempo Božić è tornato in nazionale…

“La Croazia non può permettersi di fare a meno di un giocatore con queste caratteristiche e qualità. A Zagabria è stato decisivo con i suoi canestri, i rimbalzi e nell’uno contro uno. I suoi ‘no’ alla nazionale hanno sempre avuto un qualcosa di misterioso”.

Intanto prosegue il braccio di ferro tra FIBA ed Eurolega…

“Il basket europeo ha tre grandi problemi. Il primo, peraltro senza soluzione, è l’NBA. Il secondo riguarda il fatto che d’ora in poi le università americane potranno pagare i propri studenti-giocatori, e parliamo di cifre che arrivano anche fino a 100mila dollari, mentre prima era tutto limitato alle borse di studio. Temo che in futuro questo andrà a devastare lo sport europeo, in particolare quelle discipline che interessano di più al pubblico americano. Il terzo problema è l’Eurolega. L’attuale sistema di qualificazione è del tutto falsato perché non è ammissibile che un giocatore sia a disposizione una partita sì e una no. A differenza degli altri sport, il basket europeo si trova tra l’incudine e il martello: l’NBA da un lato e l’Eurolega dall’altro. La grana NBA non si può risolvere e lo sappiamo tutti, ma la FIBA un compromesso con l’Eurolega lo deve necessariamente trovare, magari prendendo spunto dal calcio dove l’UEFA è perfettamente consapevole del fatto che sono soprattutto le nazionali a far crescere la popolarità del calcio”.

Chi è secondo lei il giocatore più forte e completo al mondo in questo momento?

“Diciamo che è un po’ l’era dei giocatori europei, e qui mi riferisco a Dončić, Jokić e Antetokounmpo. Per quanto riguarda gli americani, LeBron James è sul viale del tramonto e quindi manca un po’ una superstar, anche in termini di marketing e di promozione del basket, come lo sono stati a loro tempo Michael Jordan o Magic Johnson”.

E l’allenatore?

“Senza dubbio Željko Obradović. Penso sia inarrivabile. Ma la carriera di un allenatore sa essere anche molto subdola. Nelle ultime due stagioni col Partizan, nonostante un budget da 20 milioni di euro a stagione, non è riuscito a entrare nelle otto in Eurolega. Lo sport è anche questo…”.

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