Rožman: «Mi mancavano il campo e la squadra»

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Rožman: «Mi mancavano il campo e la squadra»

La strada verso i ritorno alla completa normalità è ancora lunga e complicata, piena di potenziali pericoli e irta di ostacoli, ma ogni piccolo passo compiuto dà fiducia e speranza che la luce in fondo al tunnel della crisi igienico-sanitaria sia ormai prossima. Possiamo definire così anche il ritorno al lavoro da parte di Simon Rožman, il tecnico sloveno del Rijeka che è uscito ieri dal periodo di autoisolamento di 15 giorni cui devono sottostare tutti coloro che fanno ingresso in Croazia dall’estero. Rožman ha “tastato” il campo, dando indicazioni ai suoi giocatori a debita distanza. A proposito della squadra, si lavora in due gruppi, rispettando ovviamente tutte le misure di sicurezza. Ciò significa che Gorgon e compagni si allenano sì in gruppo, ognuno però nella sua “fetta” di campo, senza il diretto contatto con i compagni di squadra.
Situazione insolita, ma utile
Tornando a Simon, va detto che il tecnico di Slovenj Gradec ha trascorso interamente il periodo di autoisolamento allo stadio di Rujevica, nello sky box solitamente riservato al presidente Damir Mišković durante le partite. Ciò che è solitamente una comoda tribuna personale è stata trasformata per l’occasione in una stanza con letto e altre comodità per la vita quotidiana. A volerlo è stato proprio Rožman, di modo da poter osservare dal vivo gli allenamenti della squadra. “Credo che si sia trattato della migliore soluzione possibile, quella che mi ha consentito di stare allo stesso tempo abbastanza lontano e abbastanza vicino al resto della squadra e dello staff tecnico – racconta –. Da qui ho avuto il controllo della situazione. La mia giornata tipo? La mattina mi alzavo abbastanza presto visto che il sole picchiava direttamente sull’appartamento. Poi mi sentivo con i miei collaboratori e insieme si preparava il piano di lavoro quotidiano. A dire il vero lo studiavo la sera prima creando un videoclip con informazioni più dettagliate. Dopo l’allenamento mattutino, che veniva anche filmato per intero, arrivava l’ora di pranzo: le pietanze mi venivano lasciate dal team manager, dall’economo o da chi era libero in quel momento. Li ringrazio di cuore per tutta l’attenzione che mi hanno riservato. Nel pomeriggio si replicava con la seduta di lavoro, mentre in serata preparavo già la strategia per il giorno seguente. Cercavo di approfittare del tempo a disposizione per riguardarmi qualche vecchia partita del Rijeka oppure di qualche big europea: in questo modo vedi sempre dei dettagli che ti erano magari sfuggiti prima e impari qualcosa di nuovo. In ogni caso è stata una nuova sfida, anche perché in una situazione del tutto particolare, con pochissima fase pratica e tantissima teoria, Però, devo ammettere che dagli spalti si vedono alcune cose che magari non hai modo di notare dalla panchina. Insomma, non tutto il male viene per nuocere”.
«Vedo tanti volti sorridenti»
Dire che Rožman non vedeva l’ora di tornare in campo è superfluo. “Mi mancavano tanto il terreno di gioco, l’energia e la sinergia venutasi a creare con la squadra – ammette –. La pausa è stata lunga e al momento non sappiamo ancora quando e se torneremo a giocare. Dobbiamo approfittare di questa situazione per fare degli accorgimenti in tutta tranquillità. In primis mi riferisco alla tattica individuale. Devo fare i complimenti ai ragazzi per il modo con cui hanno affrontato questo momento particolare. Dopo il successo sull’Hajduk eravamo concentratissimi sull’Istra 1961, ma poi la situazione è precipitata e la pandemia non ci ha lasciato scampo. Il club, devo dire, ha reagito in maniera saggia e decisa, tutelando la salute di tutti i suoi tesserati. Visto il dramma che si stava vivendo in Italia abbiamo capito che non c’era assolutamente da scherzare. I ragazzi hanno affrontato l’autoisolamento in modo serio e professionale. Ho avuto modo di essere in contatto con ciascun di loro mediante le varie applicazioni multimediali, dando consigli utili. Alla ripresa dei lavori si è visto subito che non si erano lasciati andare. Ciò che mi rallegra particolarmente è vedere nuovamente il sorriso sui loro volti e una grande motivazione a riprendere laddove ci aravamo fermati. Con questi presupposti ci toglieremo delle belle soddisfazioni nel momento in cui si tornerà a giocare. Quando questo potrà avvenire nessuno lo sa dire con certezza. Io sono per giocare, a patto che questo non metta in pericolo la salute di tutti. Il calcio è la mia vita, io vivo di calcio e per il calcio e senza il calcio non so francamente cosa farei in futuro”.
«Un senso di responsabilità»
Parlando di Rožman, impossibile sorvolare sul fatto che il tecnico sia stato il primo ad avere accettato le misure di risparmio proposte dalla società, senza la minima polemica. “Bisogna essere realisti e solidali nel capire che c’è in gioco il futuro del club e dei suoi dipendenti. Da parte nostra c’è bisogno di un forte senso di responsabilità e attaccamento alla maglia. Mi fa piacere che alla fine si sia arrivati all’intesa, anche perché la comunicazione tra le parti è stata molto buona e tempestiva. Abbiamo preferito discuterne tra noi, senza spifferare tutto ai quattro venti. Alla fine sono io che devo ringraziare il club, i giocatori e i dipendenti per avere dato a tutti quanti la possibilità di continuare a lavorare al Rijeka”, conclude il tecnico sloveno.
Escoval nel gruppo. Oggi Pires
Oltre a Rožman, da ieri niente autoisolamento nemmeno per il portoghese Joao Escoval. A differenza del tecnico, il difensore ha trascorso le ultime due settimane nel suo appartamento a Torretta, uscendo al massimo per gettare la spazzatura in tarda serata, quando il “movimento” di persone era minimo. Joao ha comunque la fortuna di abitare nella stessa via della cuoca del ristorante ufficiale del Rijeka, Dolores-Maja, che di tanto in tanto lo omaggiava con qualche delizia fatta in casa, come ad esempio gli gnocchi dolci. Anche in questo caso niente contatto diretto, con il “pacco” lasciato davanti alla porta e poi prelevato dal giocatore. Oggi si unirà al resto del gruppo anche il brasiliano Felipe Pires. Pure l’attaccante ha dovuto trascorrere un periodo di autoisolamento dopo essere rientrato dalla Germania, Paese dove vive la sua famiglia.

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