Venezia e il cantico del mare

Una considerazione nata dalla valutazione di una realtà che ci priva della nostra obiettività. La vista delle grandi navi che stavano distruggendo l’ambiente della città lagunare mi ha portato a pensare a un’altra distruzione: quella del Mediterraneo

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Venezia e il cantico del mare

Venezia, più che una città è uno scrigno che racchiude la magnificenza di un’epoca dove il preziosismo creato dall’uomo e modellato dalla natura e dà forma, da sempre, a un’immagine che nei secoli ha coltivato il suo dinamismo sino a essere cantata come un incessante laboratorio di sperimentazioni tecnologiche, rispondenti alle problematiche di un ambiente veramente singolare. Recentemente, nel trovarmi in gita nella città lagunare, mi sono fermato esterrefatto a guardare uno di quei enormi “mostri” naviganti che sfilavano solenni lungo la Laguna rompendo ogni criterio di romanticismo che al di fuori di ogni sentimentalismo Venezia è riuscita a conservare nella sua storia. È strano come l’evidenza di certi fatti possa scavare nella mente avvenimenti simili o situazioni che coinvolgono il pensiero nella dinamica del tempo. Così la vista delle grandi navi che stavano distruggendo l’ambiente della città lagunare, mi hanno portato a considerare un’altra distruzione: quella del Mare Mediterraneo. Mi è sembrato utile a ricordarlo, anche se ne ho già parlato diverse volte su queste pagine.

I cambiamenti climatici

Sono purtroppo diverse le minacce che da tempo incombono nel nostro mare. Innanzitutto il “cambiamento climatico” che ormai è valutato senza alcun dubbio come il pericolo maggiore. Infatti la temperatura è aumentata di circa 1,2°C, mentre nel Mediterraneo ha raggiunto un valore di 1,6°C. E si prevede inoltre che nel 2050 la temperatura delle nostre acque aumenterà di circa 3°C. Questo purtroppo è un problema che lascia moltissimi di noi indifferenti. La Convenzione di Barcellona per la Protezione del Mediterraneo, già nel 1978 aveva evidenziato il crearsi di tale squilibrio critico-graduale. Un’altra minaccia, anch’essa non molto presa in considerazione è quella che dovrebbe essere combattuta con un cambiamento dei modelli di produzione e del consumo al fine di poter arrivare al famoso sviluppo sostenibile. Uno sviluppo che possa così proteggere la biodiversità che sta cedendo nel rifiuto dell’economia circolare. Occorre inoltre formalizzarsi nell’occorrenza di convincersi per concretizzare seriamente la via verso una sicurezza alimentare e una, assolutamente precaria, come quella idrica; per non parlare dell’efficienza energetica. Si parla spesso della promozione turistica nonché del trasporto sostenibile che sono due vitalità inter-allacciate, ma disconnesse nel concreto a causa di una scarsa collaborazione degli addetti dei settori. Dunque, come si vede, possiamo sottolineare l’impegno dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale indirizzato verso un impegno di tutti gli operatori e naturalmente della popolazione attiva nella conservazione della ricca biodiversità di tutto il nostro prezioso Mediterraneo.

La densità della popolazione

Un altro problema molto rilevante è dato dal problema dell’aumento ormai insostenibile della densità della popolazione, proprio nelle aree costiere dove si vedono crescere le zone edificate. Tutto ciò crea delle serie conseguenze per i terreni agricoli e naturalmente per gli ecosistemi in generale, non tralasciando gli impatti sulla salute dovuti all’inquinamento atmosferico provocato dagli impianti, non sempre funzionanti, per il trattamento delle acque reflue. La politica della Convenzione di Barcellona purtroppo non è stata esaustiva per ciò che ha convenuto in fase della protezione ambientale del mare. Il Mediterraneo ha raggiunto un punto critico e si prevede, per lui, un futuro ancora peggiore. C’è tutto nell’economia del nostro mare: si evince così l’importanza vitale nella pesca, nel turismo, nell’acquacultura, nel trasporto marittimo, nello sviluppo dei porti e in ogni tipo di commercio. Il mare va concepito come un bene comune che può e dovrebbe superare i confini dei pubblici quanto quello dei privati concittadini. Per tale motivo si dimostra indispensabile adattare il processo di pianificazione, qualunque esso sia e i contenuti dei piani marini a ogni seria realtà basata sulle conoscenze, naturalmente quelle disponibili.

L’incubo chiamato plastica

Tuttavia la sfida principale e più costosa rimane la plastica. Oggi ci siamo finalmente resi conto di questa terribile realtà che è il “cancro” dei mari. Si è calcolato che circa 780 tonnellate di plastica finiscono ogni giorno nelle acque del Mediterraneo, una cifra sbalorditiva, mentre vengono scoperte molte discariche costiere incontrollate e naturalmente inquinanti. Una problematica risalente a molti anni fa è quella della plastica che è diventata una parte intrinseca per la vitalità delle balene, dei delfini e delle tartarughe. In particolare uno studio su questi simpatici rettili con il carapace ha dimostrato come l’accumulo degli additivi chimici dovuti all’indigestione della plastica fosse un impatto fisico decisamente negativo e dunque molto pericoloso per la specie. Non si può certamente calcolare la quantità di plastica accumulata in tutti i mari, ma si parla di circa otto milioni di tonnellate di rifiuti all’anno riversati nel complesso dei mari. Volendo specificare potremmo dire che ogni secondo vengono versati negli oceani circa 200 chilogrammi di spazzatura, con una stima totale di 60 milioni di frammenti. Studi e valutazioni sulle tartarughe hanno fornito un risultato da considerarsi a rischio della loro estinzione, dovuto alla concentrazione proprio a causa della presenza dei plastificanti. Nel frattempo abbiamo constatato che diversi siti di riproduzione di questi simpatici rettili sono ormai scomparsi, in tutto il mondo, a causa della invasione sconsiderata dell’uomo.

Lo studio di Ocrida

Comunque studi, prove e ricerche per continuare a udire il “cantico” del nostro mare ogni tanto ci portano a scandagliare incredibili similitudini. Questa è la volta di un lago ubicato tra l’Albania e la Macedonia. Si tratta del lago di Ocrida (Ohrid), uno dei laghi più antichi d’Europa. Alcuni scienziati hanno trovato il modo di leggere il futuro dei cambiamenti climatici europei, studiando la biodiversità di questo lago nel quale vivono oltre 300 specie animali e vegetali, tutte endemiche e sconosciute in altri luoghi del mondo. È stato un lavoro di perforazione fatto sul fondale di 568 metri, con l’analisi del polline e di altre ricerche geochimiche. Gli studiosi hanno così potuto descrivere i cambiamenti ambientali del passato, ricostruendo in modo preciso l’intera storia del lago mentre le sue variazioni climatiche sono servite a comprendere un intensificarsi nel tempo dei cicloni sul Mediterraneo occidentale, con particolare intensità soprattutto in autunno. È stato accertato che tale anomalia era dovuta al riscaldamento autonomo della superficie del mare durante l’estate. Lo studio durato oltre cinque anni ha dimostrato che gli stessi effetti potrebbero replicarsi nel Mediterraneo, sia oggi che nei prossimi anni. È così emerso che a causa del riscaldamento globale il futuro potrebbe darci delle estati sempre più aride e degli autunni con forti precipitazioni, procurandoci cicloni e monsoni al di là della norma.

Un divieto bello e utile

Pioveva piuttosto forte quel giorno che osservavo la grande nave che solcava lenta la placida Laguna Veneta. Era l’8 luglio e proprio in quel giorno era la ricorrenza della Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo, una data che sarà l’obiettivo per trovare nuove soluzioni e affrontare così i pericoli che minacciano il Nostro Mare. Speriamo bene! Intanto dal primo di agosto del 2020 le grandi navi non possono più transitare a Venezia, davanti a San Marco e sul Canale della Giudecca. Lo stabilisce un decreto legge finalmente approvato. Una decisione attesa da tempo dall’Unesco e da tutti coloro che visitando Venezia inorridivano dal transito di queste gigantesche navi in seno alla Serenissima.

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