Vallelunga non è più terra di nessuno

Dopo l'opera di sminamento terminata il mese scorso, l'ex area militare nella parte settentrionale della città sta piano piano diventando una delle passeggiate più battute in attesa che la zona venga rivitalizzata

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Vallelunga non è più terra di nessuno

Luogo da mappatura per l’incuria, panorama di diffuso inutilizzo, terra di tutti e di nessuno, monumento alla distruttività umana e allo sciacallaggio, zona ancora da scoprire e che con i suoi ruderi celati dalle fronde accende curiosità e stupore ad ogni passeggiata perché dotata di fascino sui generis. Vallelunga è questo e altro, ma è soprattutto l’ex area militare rea di avere tagliato in due il porto di Pola e che con il suo secolare status di costa proibita ha negato alla Città un’ottima opportunità di crescita, espansione e sviluppo socio-economico. L’ultimo, parziale divieto d’accesso alla cittadinanza è venuto a cadere lo scorso 21 novembre dopo lo sminamento. Adesso si può tornare a esplorare questo spazio che si intaglia in maniera surreale e anacronistica entro il resto della dimensione urbana, alla pari del mondo industriale decaduto che sta racchiuso dietro le mura dell’Arsenale e alla pari dell’estesa, negata landa meridionale di Musil.

Una bellezza portuale inutilizzata

Da un esercito all’altro

Il ruolo di principale porto di guerra della Monarchia Asburgica ha ingrandito e nello stesso frastagliato Pola in porzioni civili e militari, permesse e precluse, mentre il peso di quest’eredità non si riesce ancora a smaltire e il prezzo dell’odierna smilitarizzazione non si smette mai di pagare. Prima l’imperial e regia Marina, poi i militari del Regno d’Italia, quindi le forze armate della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia e infine l’esercito della Repubblica di Croazia che ha “mollato“ la presa all’inizio di questo secolo. Sono passati quasi vent’anni, ma il ritorno alla civiltà non è ancora avvenuto. Parte delle cicatrici provocate dalla storia militare sono state rimosse quest’autunno, quando dal complesso esteso su un territorio di ben 10mila metri quadrati è stato spazzato via un intero arsenale nascosto da montagne di scarti edili. Rovistando dentro a un cumulo di 8mila metri cubici, gli artificieri hanno collezionato 60 tonnellate di bombe ed esplosivi, più o meno 40mila pezzi fatti brillare al poligono militare di Marlera. Ora l’Autorità portuale, che ha ottenuto la zona in gestione dallo stato nel 2018, può tornare a vigilarla. Tutto come prima? Si direbbe peggio di prima. Quest’impero della devastazione, che offre delle magnifiche vedute di tutto il porto e su quello che definiremmo “cimitero” dell’industria navale di Pola, racconta in effetti la storia dell’incapacità di valorizzare il potenziale ed il patrimonio rappresentato da Vallelunga.

L’edificio del comando militare

Segni di una signorilità decaduta

Sorprendente è il numero della gente che, in questi tempi contrassegnati dalla pandemia dettata dal coronavirus, ha scelto questi luoghi appartati come meta di passeggiata, al punto da non renderli più tranquilli e deserti. Basta partire dal primo portone d’accesso alla zona militare dismessa per trovare le prime strutture edili in pietra, volte e colonnine, segni di una signorilità asburgico-italiana decaduta, immersa nella sterpaglia e mangiata dall’edera come la maggior parte degli impianti del complesso militare. Procedendo tra le case, ecco una fontana, classe 1933, bel lavoro di artigianato in pietra, abbandonato a sé stesso. Quanto sono interessanti queste costruzioni, tanto sono brutali i segni del vandalismo: immondizie in ogni dove, porte, finestre e infissi inesistenti, perché strappati a forza, mucchi di tubi di gomma squartata per procurare il filo di rame… Vallelunga è un “villaggio scheletro”, imbrattato da graffiti e da murales che addirittura presentano un loro pregio artistico salva-presenza. Qui si incontra il bello, il brutto e il cattivo appaiati in un’unica dimensione spaziale: i moli dalle solide fatture in pietra e anche in metallo, come tante costruzioni nascoste tra gli alberi che funsero da abitazione e da magazzino. Ovunque le tracce della potente ferrovia che non c’è più, che si perde sotto il cemento, sottoterra o per intervento di coloro che hanno fatto man bassa di rotaie. Ovunque gli osservatori militari, torri cilindriche sulle quali è ancora possibile salire per godere di panoramiche di mare spettacolari. Così raggiungendo la fattispecie di muraglia che divide Vallelunga e Monumenti.

La solitudine di un impianto militare abbandonato

Case vecchie e malconce

Tornando nell’area silvestre, imbocchi una salita che porta verso case dall’età centenaria, malconce e architettonicamente molto apprezzabili, occupate da abusivi… Scendendo indietro, altre costruzioni, una cisterna dotata di due bacini, i magazzini a cupola che fanno da deposito di materiali per il Museo archeologico (grande la quantità di massi di pietre antico-medievali) e via di ritorno verso le strutture dove sono stati rimossi gli ordigni esplosivi, verso la grande radura che diede spazio alle adunate dell’esercito, verso il mega capannone con lo scalo per le imbarcazioni. Quanto la realtà locale può essere coinvolta in una riqualifica quando non figura da proprietaria di quest’enorme bene, quanta progettualità può venire messa in campo per il rilancio in un luogo specifico come questo?

Un albero sradicato con la chioma in mare

Un’area da rivalutare

La collaborazione tra i diversi livelli di governo finora non è stata tale da favorire la rinascita e la trasformazione dell’area dismessa. In mancanza di una coordinazione e di linee guida, si fa avanti l’interesse pubblico-privato nella confinante zona Monumenti (il Marina di Danko Končar) e l’idea (sempre ferma) della costruzione di un terminal. Mancano proposte di riconversione vere e proprie e iniziative concrete che non siano solo propense al guadagno dal turismo, ma concedano ai cittadini il diritto di disporre di una zona urbana di cui si potrebbe andare orgogliosi, a misura di abitanti, della ricreazione, dei servizi, delle imprese, del settore creativo, degli incubatori delle attività culturali e museali di altri contenuti che… fanno Città. Vallelunga e i suoi appetibili siti militari potrebbero diventare un contributo di conoscenza della realtà del territorio facendo riuso degli immobili inabitati e inutilizzati a fini sociali pubblici e di investimento, ma è indispensabile misurarsi con il tessuto urbano e formulare proposte di riutilizzo degli spazi vuoti tenendo bene a mente che la rigenerazione urbana passa necessariamente per una riqualificazione che deve essere intrisa di significati sociali, nel totale rispetto del legame al territorio stretto da ogni singolo cittadino di Pola.

La banchina una volta utilizzata dai traghetti militari: questo e altro a Vallelunga
I magazzini del Museo archeologico
Una passeggiata tra i graffiti
L’arte del murales sulle strutture in deperimento
Moli e Infinite zone d’attracco
Caseggiati mangiati dagli alberi
Osservatorio militare tra Vallelunga e Monumenti
Quel che resta dei dormitori militari
L’officina e lo scalo imbarcazioni
Il passato militare inghiottito dall’edera
Una casa signorile abbandonata
Una fontana, classe 1933

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