
Nel secondo dopoguerra, quando la Jugoslavia socialista lanciò con entusiasmo la costruzione di grandi opere infrastrutturali, la linea ferroviaria tra Lupogliano e Stallie divenne molto più di un semplice tracciato ferroviario: fu simbolo del progresso proclamato dall’ideologia, ma anche teatro di coercizione e di una profonda frattura tra lo Stato e la popolazione locale. Non a caso, una pubblicazione del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno l’ha definita, senza mezzi termini, “una Siberia istriana”.
Dietro la retorica ufficiale del “lavoro volontario” si celava una realtà ben diversa. Le autorità dell’epoca, in nome dell’urgenza rivoluzionaria, ricorrevano sistematicamente alla mobilitazione forzata. La polizia percorreva i paesi dell’Istria con autocarri, requisendo giovani e uomini adulti, spesso senza preavviso, alimentando un crescente risentimento, soprattutto nelle aree interne di Pisino e Pinguente, considerate marginali e “croatizzate” dall’amministrazione centrale.
Lavori quasi… forzati
Avviati nel 1948, i lavori si svolsero in condizioni estreme: alloggi di fortuna, alimentazione insufficiente, incidenti frequenti e una sorveglianza di tipo paramilitare. Alcuni cantieri somigliavano più a campi di lavoro che a siti di costruzione, con testimonianze che evocano, pur senza l’estremo della repressione fisica, i metodi dei gulag sovietici. Quando l’entusiasmo iniziale scemò e i reclutamenti divennero sempre più difficili, le autorità fecero ricorso persino ai prigionieri tedeschi ancora detenuti nel Paese.
Eppure, nonostante tutto, il 30 dicembre 1951, la linea veniva celebrata come “frutto ed orgoglio del lavoro della nostra gente”. In quella giornata simbolica si dimenticavano, però, le settimane di piogge torrenziali, gli smottamenti, gli errori progettuali e – come evidenziato dalla stampa – il “sabotaggio cominformista” operato da presunte spie infiltrate, come i famigerati Putnik e Turudić.
La posa dell’ultimo binario, avvenuta alle ore 17 del 25 dicembre 1951, venne celebrata con un telegramma ufficiale al Maresciallo Tito, che rispose con parole solenni di gratitudine ai lavoratori e, in particolare, ai giovani, per “questa nuova vittoria di lavoro”.
L’Istria… domata
“Inaugurata la Ferrovia istriana /frutto ed orgoglio del lavoro della nostra gente”, titolava La Voce del Popolo dell’epoca, sottolineando l’importanza del lavoro “volontario” del popolo istriano, che poi di volontario aveva ben poco. In un ampio servizio, il quotidiano evidenziava che “La carsica Istria è stata domata”. “Grazie agli sforzi di numerose brigate di frontisti, all’impegno degli operai specializzati e dei dirigenti tecnici, sono stati debellati, in una grave e lunga battaglia, i monti e gli abissi, le pietre ed il terreno, sono state traforate gallerie, sono state innalzate le grandiose massicciate di Granje e Kosljak. Il lungo e faticoso lavoro ed il sudore di migliaia di lavoratori vengono ad essere oggi coronati dal più grande successo: alla stazione ferroviaria di Lupogliano è giunto infatti da Arsia il primo treno carico di carbone dalle miniere istriane, del carbone ardentemente atteso dalle nostre ferrovie, dalla nostra industria e dai nostri lavoratori”, scriveva all’epoca il nostro quotidiano.

La Voce del Popolo spiega anche il significato di questa linea ferroviaria, aggiungendo anche alcuni particolari tecnici, quasi a voler sottolineare la maestosità dell’opera. E così leggiamo che “il 25 dicembre, alle ore 17, è terminata la posa dei binari lungo il tracciato della ferrovia Stallie-Lupogliano. La nuova ferrovia è lunga 53 chilometri, senza contare il tratto supplementare, lungo 1800 metri, che congiunge Stallie al centro minerario d’Arsia”.
Oggi, a distanza di decenni, quelle parole risuonano in modo diverso. Nelle gallerie scavate tra le rocce carsiche, nei ponti innalzati sopra i terreni alluvionali e nelle curve progettate per vincere una geografia ostile, sopravvive non solo un’infrastruttura ingegneristica, ma anche una testimonianza concreta delle fatiche, delle contraddizioni e delle forzature ideologiche che hanno attraversato l’Istria del dopoguerra.

Rinascita sui binari o soltanto un sogno?
“Dovrebbero durare fino al 2028 i lavori di riqualificazione della linea ferroviaria tra San Pietro in Selve-Pinguente e il confine con la Slovenia, progetto delle Ferrovie croate che prevede un investimento complessivo pari a 55 milioni di euro. Lo aveva annunciato, a fine marzo, l’amministratore delegato della ‘HŽ Infrastrukture’, Ivan Kršić, in occasione della firma del contratto con la ‘Strabag’, la società che si è aggiudicata il bando di gara per l’appalto dei lavori di ricostruzione di 50 chilometri della rete ferroviaria istriana”, aveva riportato in quella circostanza il nostro quotidiano, che segue con attenzione le vicende legate alla ferrovia istriana.
L’accordo era stato commentato anche dal vicepremier, nonché ministro del Mare, dei Trasporti e delle Infrastrutture, Oleg Butković, il quale aveva tenuto a sottolineare che il tratto ferroviario tra il confine con la Slovenia e San Pietro in Selve rappresenta un terzo della linea ferroviaria istriana, lunga complessivamente 144 chilometri. “La riqualificazione della linea ferroviaria dell’Istria è parte integrante di un più ampio programma di investimenti del valore complessivo di oltre 1,5 miliardi di euro e che puntano al potenziamento della rete ferroviaria in tutta la Croazia e all’acquisto di nuovi e moderni treni”, aveva aggiunto Butković, ribadendo che per la riqualificazione della sua rete ferroviaria la Croazia ha ottenuto ingenti finanziamenti a fondo perduto dall’Unione europea e aggiungendo che al momento sono in fase di elaborazione due progetti. Il primo prevede l’elettrificazione dell’intera rete ferroviaria, il secondo, invece, il collegamento della rete istriana a quella della Regione litoraneo-montana e, dunque, al resto del Paese.

Un annuncio sorprendente
“Sostituiremo i binari e le traverse e ricostruiremo tutti i deviatoi o scambi, i ponti e i viadotti, sostituiremo tutta la segnaletica di sicurezza di 21 passaggi a livello”, aveva precisato, invece, Ivan Kršić, che, come il ministro, ha tenuto a informare gli istriani circa la volontà del governo e, ovviamente, delle Ferrovie dello Stato di ammodernare ed elettrificare l’intera linea ferroviaria istriana, fino a Pola, come riportato dal nostro quotidiano.
Il responsabile delle infrastrutture ferroviarie aveva annunciato, infine, che di recente è stato ultimato lo studio di fattibilità per la linea ferroviaria tra Lupogliano e Arsia. Ed è sulla traccia di questa affermazione che abbiamo fatto delle indagini che hanno confermato le dichiarazioni di Kršić. Sul numero 951 (febbraio 2025) della rivista “Željezničar”, edita dalla HŽ Infrastrukture, alle pagine 8 e 9 troviamo un servizio dedicato proprio a questo troncone dimenticato della ferrovia istriana.
Anni di silenzio
Dopo anni di silenzio, quindi, la storica linea ferroviaria Lupogliano-Arsia potrebbe tornare a vivere. Il completamento dello studio di fattibilità per la sua riqualificazione, insieme a quello dei binari nel bacino di Arsia, confermano questa ipotesi. Sarebbe indubbiamente un passo importante per una delle due sole ferrovie che attraversano la penisola istriana, il cui futuro torna ora al centro dell’attenzione.

La linea, lunga circa 53 chilometri, fu costruita nel 1948 e aperta al traffico nel 1951, leggiamo nell’articolo dello “Željezničar”. Tuttavia, problemi geotecnici e una serie di frane – tra cui il celebre rilevato instabile di Cosliacco, soprannominato “la ferrovia ubriaca” – portarono alla sua chiusura il 26 dicembre 2008. Da allora, l’infrastruttura è rimasta inutilizzata, ma mai dimenticata. L’Autorità portuale di Fiume e la HŽ Infrastruttura hanno avviato pertanto negli ultimi anni un progetto congiunto per valutarne la riattivazione, con particolare attenzione al collegamento con i terminal portuali di Bršica e Stallie. Lo studio è stato realizzato da un gruppo di soggetti esecutori composto da GRANOVA d.o.o., ŽPD d.d. e dai subappaltatori MONEO Savjetovanje d.o.o., Centar građevinskog fakulteta d.o.o. e GEOTECH d.o.o.
L’idoneità del sito
Si tratterebbe veramente di un tuffo nel passato, in un passato che ormai credevamo morto e sepolto per sempre. Lo studio, redatto da un gruppo di imprese croate specializzate nel settore ferroviario e geotecnico, ha elaborato le soluzioni preliminari, la proposta tecnico-operativa, una relazione geotecnica, lo studio di fattibilità e l’analisi costi-benefici. Lo studio ha esaminato la validità della riattivazione della linea in funzione del previsto volume di traffico merci, secondo le esigenze dell’Autorità portuale di Fiume e oltre, ma soprattutto per i terminal di Bršica e Stallie, proponendo le linee guida per la stesura della documentazione successiva. Il tracciato attraversa cinque comuni dell’Istria interna – Lupogliano, Chersano, Pedena, Santa Domenica e Arsia – toccando quattro impianti ferroviari ufficiali.

Le condizioni sul terreno lungo la linea sono estremamente varie. Il tratto iniziale, da Lupogliano a Chersano, lungo 32 km, attraversa una zona collinare composta da flysch e calcari, con tratti su rilevati alti e ripidi, tagli e trincee, oltre a lunghi ponti per il deflusso delle acque torrentizie. In questa sezione sono state identificate quattro frane attive, compresa l’area critica sopra citata. I restanti 21 km si sviluppano invece in un paesaggio più dolce, con tagli e rilevati meno pronunciati. La relazione geotecnica è stata redatta per un’analisi dettagliata delle proprietà geologiche, ingegneristico-geologiche e geotecniche del terreno. L’analisi ha valutato l’idoneità del sito alla riqualificazione della linea, l’impatto sulle strutture circostanti e i potenziali rischi geotecnici per la stabilità dell’infrastruttura e la sicurezza del traffico futuro.
La variante conservativa…
Due sono le ipotesi progettuali analizzate per la riattivazione, come viene sottolineato nell’articolo. La prima variante, più conservativa, si concentra esclusivamente sulla riqualificazione dei tratti critici del tracciato. Prevede interventi su opere strutturali e geotecniche (frane, rilevati, tagli, ponti, gallerie e tombini), infrastrutture idrauliche e incroci. Comprende anche il completo rifacimento del binario superiore, e la modernizzazione e potenziamento delle apparecchiature del binario inferiore. In questa variante, la stabilizzazione dei pendii non prevede ulteriori escavazioni nei versanti esistenti.

Durante il sopralluogo è stato valutato lo stato generale della linea e classificati i materiali, con particolare attenzione ai tagli nella roccia, determinando l’indice geologico di resistenza (GSI) medio. I pendii inferiori ai 2,5 metri non necessiteranno ulteriori interventi, salvo i casi di instabilità che minaccino la sicurezza della linea. Questa variante prevede inoltre la sistemazione delle quattro frane note e l’ampliamento di alcuni tratti di rilevato che non rispettano i requisiti geometrici della sezione ferroviaria. Si tratta di una soluzione meno invasiva, pensata per contenere i costi, ma senza compromettere la sicurezza.
… e quella più stabile (e costosa)
La seconda variante include tutte le misure previste nella prima, con l’aggiunta di interventi sui rilevati e pendii instabili non considerati critici, ma comunque rilevanti per garantire la stabilità a lungo termine della linea. Essa prevede la protezione di tutti i versanti rocciosi, indipendentemente dall’altezza. Se si individuano instabilità su pendii inferiori ai 2,5 metri, si procederà alla loro profilazione con inclinazione adeguata. In più, si pianifica il rifacimento completo anche del binario inferiore. A differenza della prima variante, che si limita ai punti critici, la seconda prevede il risanamento dell’intero rilevato lungo la linea, compresi drenaggio, larghezza e altri parametri tecnici. Questa opzione garantirebbe, sì, una maggiore stabilità a lungo termine, ma aumenterebbe sensibilmente i costi dell’intervento.
Come possiamo leggere nella rivista della HŽ Infrastrukture, entrambe le soluzioni sono ancora allo stadio preliminare. Il prossimo passo, infatti, prevede l’avvio delle indagini geotecniche particolareggiate, fondamentali per ottenere dati precisi sulla composizione del terreno e definire gli interventi strutturali più adatti. Queste indagini sono previste nella prossima fase del progetto e sono descritte in accordo con le soluzioni proposte nel documento geotecnico.

Una svolta strategica
Nel frattempo – apprendiamo – proseguono anche i progetti per modernizzare l’altra grande linea dell’Istria, quella che collega il confine sloveno a Pola, passando per Pinguente, ma la riattivazione della Lupogliano-Arsia rappresenterebbe una svolta strategica per l’Istria, collegando i suoi porti e poli industriali al sistema ferroviario nazionale e internazionale. Sarebbe, soprattutto, un gesto concreto di attenzione verso le aree interne e il loro sviluppo sostenibile. Un ritorno sui binari che potrebbe unire passato e futuro.

Il futuro lo possiamo soltanto immaginare, ma il passato cercheremo di raccontarlo tra una settimana in un servizio di “archeologia ferroviaria” in cui faremo vedere i “reperti” che si possono notare oggi lungo il tracciato, in molti posti inghiottito completamente dalla vegetazione. È difficile immaginare una rinascita di questa linea, ma noi abbiamo comunque documentato le “intenzioni” di chi ha il potere di decidere il futuro.
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