Nella sabbia il tempo viaggia, rendendosi complice di mutamenti che si snodano, aggrovigliano e disfano attraverso ere e millenni. Ciascun granello si racconta, assumendo le vesti silenziose di un cantastorie che rievoca il passato e sussurra promesse in divenire. Nasce dalla frantumazione di incalcolabili particelle per poi disporsi in luoghi dove riemergere, appropriandosi di forme e venature cromatiche sempre nuove. Non vi è mastice a unirle ed è proprio la loro natura disgregativa ad attrarle reciprocamente. L’acqua è tra gli elementi che, quasi mossa da istinto materno, interviene delicata o irruente, a rianimare i micro frammenti indisciplinati. Vi scorre all’interno plasmando inedite conformazioni e fisionomie. Una sinergia fragile eppure potente, un legame che li sostiene e arricchisce.
La sabbia indossa abiti umili, ma resistenti, realizzati in virtù di una materia duttile e sbalorditiva, talvolta impermeabile, talvolta arrendevole. Si adatta e accoglie con versatilità.
«Lo chiamiamo granello di sabbia»
Tra le nostre dita imprime stati emozionali e sensazioni che si aprono a territori interiori dell’anima. Un po’ solletica e infastidisce, un po’ accarezza e schiaffeggia. Si propone come eterna, ma è il suo essere impermanente a restituirle il vero profilo anagrafico. Qualcuno parla di lei come di una signora dalla memoria labile, mentre è tenace nel custodire archivi secolari. Possiede una rara capacità di interazione con identità variegate e in continua evoluzione.
La poetessa polacca, Wislawa Szymborska, premio Nobel per la Letteratura nel 1996, in “Vista con granello di sabbia”, presente nella raccolta di poemi “Gente sul ponte”, sottolinea come un corpuscolo così piccolo e in apparenza insignificante, sia in grado di offrire l’opportunità unica di osservare il mondo da prospettive diverse: ciò che vediamo e conosciamo è semplicemente una frazione di una verità molto più ampia. In qualche modo, si scardina la certezza dei nostri schemi mentali e delle nostre convinzioni rispetto alla dimensione fisica e alle cose che la popolano.
“Lo chiamiamo granello di sabbia.
Ma lui non chiama se stesso né granello,
né sabbia.
Fa a meno di nome
generale, individuale,
instabile, stabile,
scorretto o corretto.
Non gli importa del nostro sguardo, del tocco
Non si sente guardato e toccato.
E che sia caduto sul davanzale
è solo un’avventura nostra, non sua.
Per lui è come cadere su una cosa qualunque,
senza la certezza di essere già caduto
o di cadere ancora. […]”
Versi che inducono a riflettere sulla posizione che gli esseri viventi occupano nell’universo, sul divario tra la percezione umana della realtà e la sua vera essenza. E allora, vien da chiedersi se sia mai possibile sentirsi piccoli di fronte a un chicco di sabbia o porsi con una mente e un cuore liberi innanzi a opere artistiche che, germogliate da minutissimi residui di roccia e minerali, si trasformano in autentiche meraviglie.
La risposta è indubbiamente “sì” e dimora in un appuntamento che ogni anno, dal 2002 a Jesolo Lido, nota località balneare del Veneto, si rinnova e si conferma come fonte continua di stupore condiviso in egual misura da adulti e bambini, da anziani e giovanissimi. Il Sand Nativity, o presepe di sabbia, giunto alla ventiduesima edizione, è stato inaugurato il 29 novembre scorso, alla presenza di Monsignor Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vescovo Ausiliare e Vicario Generale Emerito del Patriarcato di Gerusalemme.
Un impatto significativo
L’esposizione, aperta al pubblico fino al 9 febbraio 2025 e situata all’interno di una spaziosa tensostruttura (750 m2), davanti al Palazzo del Turismo e alla ruota panoramica di Jesolo Lido, ha nel tempo sposato diversi progetti a fini umanitari e sui quali la generosità dei visitatori ha avuto e avrà un impatto significativo. Per realizzare questa importante iniziativa, vengono invitati tra i migliori scultori della sabbia a livello internazionale, e per l’attuale ne sono stati coinvolti ben quattordici: Hanneke Supply (Belgio), Enguerrand David (Belgio), Pedro Mira (Portogallo), Jakub Zimacek “Kuba Libre” (Rep. Ceca), Richard Baldrick (Regno Unito), Ilya Filimontsev (Russia), Dmitrii Klimenko (Russia), Vadim Gryadov (Russia), Slava Borecki (Ucraina), Michela Ciappini (Italia), Susanne Ruseler (Olanda), Helena Bangert (Olanda), Marielle Heessels (Olanda), Radek Zivny (Repubblica Ceca), lo stesso team del 2023-2024.
Il “Sand Nativity” è un evento strettamente connesso alla società contemporanea, in quanto suggerisce tematiche che richiamano e si ispirano ad argomenti di interesse collettivo. Il titolo dedicato all’edizione 2024-2025 è “Fratelli tutti”, mutuato dall’enciclica di Papa Francesco pubblicata il 3 ottobre 2020, imperniata sul dialogo interreligioso e sulla pace. Il filo conduttore tra le dodici opere esposte è incarnato dalla parabola del Buon Samaritano, di cui una scultura posizionata al termine della mostra, nello specifico, simboleggia un fatto di cronaca nera avvenuto lo scorso settembre a Mestre, durante il quale Giacomo Gobbato, un giovane di Jesolo, è stato accoltellato mentre prestava aiuto a una donna vittima di una rapina.
Qualche passo indietro e mi ritrovo al 7 novembre.
Faccio ingresso nel cantiere del “Nativity Sand” quando ancora è un fermento di lavori: operai, scultori, un odore pregnante di umidità friabile e polverosa, monoblocchi apparentemente anonimi su cui mani e occhi esperti si posano sicuri, ma discreti. È come se si preparassero a dialogare con l’idea, ancora in germe, di un disegno artistico in procinto di materializzarsi. Chi è intento a osservare un cumulo di sabbia, simulando inquadrature fotografiche; chi a riprodurre, agitando le braccia, il volume immaginario da scolpire; e chi a studiare dovizioso i particolari di bozze e schizzi.
A guidarmi con un sorriso raggiante e un entusiasmo contagioso, è la giovane coordinatrice dell’evento, addetta alle scenografie e restauratrice, la dott.ssa Elena Lana, jesolana doc, il cui legame speciale e intenso con la sabbia, coltivato fin dall’infanzia, l’ha poi condotta per mano a diventare interprete attiva e instancabile dell’evento. A esso infatti, in occasione del ventennale, ha dedicato un libro, “Just sand, la sabbia di Jesolo si fa Arte”, scritto in collaborazione con il precedente direttore artistico del Sand Nativity, lo statunitense Richard Varano.
In effetti, la dott.ssa Lana si muove con estrema naturalezza nell’area lavori, orientandomi tra le strutture e le singole unità che progressivamente vanno sviluppandosi in altezza e ampiezza. Mi fa accomodare in un angolo non lontano dal corridoio conclusivo del presepe. E così, nell’attesa, provo a fantasticare sulla visione panoramica che si regalerà fra qualche settimana ai visitatori. L’atmosfera generale, di per sé veramente gradevole, è alleggerita da battute spiritose scambiate tra gli scultori, seppur calibrate da un’attenzione e serietà verso ciò per cui si trovano lì, tutti insieme.
Mi rivolgo alla coordinatrice, che nel frattempo mi ha raggiunto, riprendendo la nostra conversazione spontanea e ondeggiante come le dune che in questo periodo proteggono il famoso litorale di Jesolo.
Parlando di Natività, quale la genesi del Sand Nativity?
“È una manifestazione nata con lo scopo di ravvivare, nella stagione invernale, la città di Jesolo Lido. Abbiamo cercato di offrire un’attrattiva che fosse diversa da quella classica o facilmente reperibile in una qualsiasi zona di mare, e che al contempo fosse legata a qualcosa, per noi, di distintivo. Utilizzare la sabbia locale ha reso l’evento marcatamente identitario. Le sculture erano già state rodate da qualche anno, ma solamente d’estate, in spiaggia. Tutto è nato nel 1998. La situazione si è evoluta e abbiamo deciso, per il motivo a cui accennavo poc’anzi, di inserire anche la manifestazione d’inverno, che è divenuta la più importante. Le opere di sabbia estive continuano a essere realizzate e ribadiscono ai turisti l’importanza di tale genere artistico, che vede il suo apice nell’esposizione invernale. È un evento che è cresciuto moltissimo negli anni, sia a livello qualitativo sia a livello di spazi. L’attuale tensostruttura è piuttosto ampia e, pertanto, consente di realizzarne di imponenti come la Natività di quest’anno, che è lunga dieci metri e alta cinque. La mole di visitatori è decisamente vasta, basti pensare che il flusso giornaliero può arrivare a seimila persone”.
Perché la sabbia? Oltre a essere un elemento rappresentativo di Jesolo Lido, esiste un significato più profondo?
“Il tipo di materia impiegata, e sottolineo di provenienza autoctona, ha una compattezza idonea a rimanere resistente senza essere troppo dura nel momento in cui la si lavora. È facilmente modellabile ed è di grande supporto agli artisti. Sono necessarie circa due settimane per la realizzazione di una scultura di sei o otto metri per quattro. Si riescono a fare grandi cose sulla sua superficie, in un tempo relativamente breve. Un aspetto interessante che vorrei segnalare è l’assenza di attaccamento da parte degli artisti del Sand Nativity verso le proprie creazioni. Sono consci che esse non rimarranno in eterno. In proposito, mi piacerebbe menzionare il concetto di effimerità riferito al materiale in sé e alle sculture che ne sono una testimonianza fisica. La sabbia tornerà a essere esattamente quel che era al principio. Se avessimo utilizzato il legno o il marmo, sarebbero le medesime anche dopo vent’anni, mentre con la sabbia si crea unicità”.
Un atto generoso degli artisti?
“Esatto! Si appassionano enormemente a un processo di lavorazione pur consapevoli che sarà qualcosa di transitorio, destinato a scomparire”.
E il tema del presepe? Esiste un filo conduttore con i precedenti?
“Abbiamo iniziato a ricercare tematiche diverse per ciascuno poiché stava diventando qualcosa di ripetitivo. Volevamo evitare di proporre le solite scene conosciute da tutti come: pastori, pecore, villaggi. Quindi, a una decina di anni di distanza, abbiamo optato per argomenti caratterizzanti. All’inizio, sono state scelte tematiche come le opere della Misericordia, attinenti alla storia cristiana. Ora, benché si mantenga una linea religiosa, ci avviciniamo alla contemporaneità. Vorremmo approfittare delle giornate natalizie per trasmettere qualcosa di rilevante. Per il 2024-2025, abbiamo scelto lo spirito della fratellanza. Siamo partiti dall’Enciclica di Papa Francesco, ‘Fratelli tutti’, correlandoci al comportamento del Buon Samaritano quale paradigma per la divulgazione di solidarietà e sostegno. Il visitatore sarà stimolato all’introspezione. Una novità dell’edizione corrente è che non vi sono molte scene storiche, ma rappresentazioni ambientate ai giorni d’oggi. Di solito, è qualcosa che limitiamo a una o due creazioni, quest’anno, invece, è la maggioranza di esse a rispondere a tale finalità. Una connessione alla vita reale. In apertura e chiusura, manterremo le scene evangeliche inerenti, appunto al Buon Samaritano, a Maria e Giuseppe che, respinti da un locandiere, trovano ricovero in una grotta. Episodio che si ricollega alla fragilità delle famiglie, soprattutto quando si trovano a vivere in Paesi stranieri”.
Delicatezza e intuizione
La Natività verrà concepita in senso strettamente tradizionale?
“Sì, però avrà una composizione particolare. Uno degli artisti è colui che si è occupato anche delle sculture che la città di Jesolo Lido ha ‘esportato’, Ilya Filimonstsev. Per il 2023-2024, è stato l’autore del presepe monumentale esposto ad Assisi e per il Natale 2018, per quello in Vaticano. È dotato di una delicatezza e intuizione universali. Inserisce la componente tradizionale in cornici davvero peculiari, in questo caso prendendo spunto dalle texture che troviamo passeggiando in riva al mare. Al centro, la Natività, spiccherà supportata da due ali laterali dove saranno collocati i protagonisti della scena, ma la composizione, nel complesso, è innovativa”.
Pur essendo un evento cristiano, il Sand Nativity propone un dialogo privo di confini territoriali e spirituali.
“È il nostro obiettivo. Vi sarà una scultura realizzata da Dimitrii Klimenko (Russia), in cui Papa Francesco stringe la mano al Grande Imam, Ahmed El-Tayeb, in segno di apertura mentale verso le culture e le religioni di altre Nazioni. L’impatto è molto forte, di altissimo valore simbolico”.
La personalità degli artisti e il background individuale influiscono? Vengono fornite loro indicazioni?
“Vorrei sottolineare che l’attuale team è abbastanza affiatato, avendo lavorato insieme l’anno precedente. Cerchiamo di accordarci in anticipo, almeno di dodici mesi, poiché hanno tanti impegni ed essendo diventato un evento cadenzato, sono contentissimi di potervi partecipare. Tornando alla domanda iniziale. Nella scelta del tema, ci avvaliamo, per la manifestazione attuale, di una consulenza della Comunità Monastica di Marango che ha suddiviso l’Enciclica in vari episodi. Il direttore artistico, ricevuti i riferimenti, li trasmette agli scultori, affidando a ognuno una tematica che è spiegata loro tramite esempi storici su cui potersi basare. Per la figura del Buon Samaritano, è stata fornita una documentazione che descrivesse l’evoluzione graduale di tale personaggio. Vengono poi fornite delucidazioni testuali ed esempi grafici. Gli artisti producono un bozzetto da visionare affinché sia confermata la coerenza effettiva con i messaggi che auspichiamo comunicare. Vi sono scultori che seguono composizioni più tradizionali, altri che invece spaziano nel moderno, da un criterio basico arrivano a un approccio non propriamente classico. Quindi, sì, dipende dalla loro personalità”.
Coesione ed equilibrio
E l’empatia, il rapporto tra artisti di nazionalità diverse? Sono fondamentali per il risultato finale?
“Credo che il direttore artistico sia la persona giusta per rispondere”. E invita David Ducharme a unirsi alla nostra chiacchierata. Canadese di origine, è lui stesso uno scultore della sabbia. Lavora a stretto contatto con gli altri artisti e, nello scendere con fare atletico da un’impalcatura, saluta in maniera affabile, già pronto a sintonizzarsi con i miei punti interrogativi.
Dunque, è difficile lavorare in gruppo?
“È la cosa più complessa, una vera sfida. Si deve essere aperti, disponibili a collaborare. È necessario un grande equilibrio. Inoltre, direi che una giusta dose di sensibilità possa aiutare a intuire e anticipare varie situazioni”.
Lei è alla seconda edizione in qualità di direttore artistico, incarico che ricopre dal 2022. Da scultore a coordinatore di un progetto consolidato negli anni passati da Richard Varano, quali le sensazioni?
“Un ruolo che ho assunto con un profondo sentimento di gratitudine, pensando soprattutto al meraviglioso lavoro svolto da Richard, che ha saputo renderlo un appuntamento attrattivo sotto ogni punto di vista. Ha contribuito a forgiare internazionalmente il brand del Sand Nativity. Le persone amano visitarlo. Vorrei portare la mia ‘voce’, ma in armonia con le voci di tutti gli scultori impegnati nell’evento. In un certo senso, mi piacerebbe ampliare e sviluppare una linea comune che ci conduca al traguardo”.
Purtroppo, improvvise questioni operative costringono David Ducharme a ritornare sulla stessa struttura da cui era sceso. Vi risale abile e veloce, lasciandomi la netta sensazione che per lui l’Arte sia anche questo, un confronto costante con gli altri. Riprendo a conversare con la dott.ssa Elena Lana, addentrandomi nell’esplorazione del Sand Nativity.
Quali tecniche e materiali, oltre alla sabbia, vengono utilizzati per creare le sculture del presepe?
“La fase iniziale consiste nel preparare il blocco di sabbia. Una squadra di operai la pressa all’interno delle casseforme in legno per ottenere una massa solida e rigida. Gli artisti iniziano a intervenire dall’alto, perché si appoggiano sulle casseforme chiuse, usandole come basamento per camminare. Disarmano livello dopo livello, scolpendo sulla porzione rimanente. Finiscono un piano e scendono al successivo. Gli ingredienti sono esclusivamente due: acqua e sabbia, incredibile, ma vero! La nostra ha radici dolomitiche ed è costituita da granelli estremamente piccoli e aguzzi”.
Una montagna di sabbia, ma esattamente quanta?
“A voler essere precisi, 1.000 mc, circa 1.500 tonnellate”.
Come viene mantenuta la stabilità delle sculture?
“L’habitat che ospita l’esposizione è umido a sufficienza da garantirne la solidità. Al contrario delle opere estive, esposte all’esterno, in cui l’acqua evapora e tendono a schiarirsi in alcuni punti. Nella tensostruttura attuale non accade. Quando le sculture perdono acqua naturalmente, non si sgretolano. Soltanto una volta, la condensa ha causato delle goccioline sulla scultura e siamo intervenuti per rimediare fino all’altezza che ci era permesso raggiungere, ossia quella più in basso”.
Ma cosa è la compattazione spesso citata?
“In gergo tecnico, è chiamata ‘compattazione meccanica’. Vengono usate delle macchine come quelle per la lavorazione del cemento, si realizzano dei livelli di venticinque centimetri di sabbia all’interno di cassoni lignei (casseforme) e una volta bagnata la superficie, si pressa il tutto. E questo, sino al livello successivo e alla realizzazione dell’intero blocco. Una volta tolto il legno perimetrale, si è pronti per scolpire”.
Trattandosi di sculture, quali sono gli strumenti a cui si fa ricorso per scalfire e modellare la sabbia?
“Principalmente cazzuole e mirette per il modellamento o piccoli soffiatori per ripulire le superfici ed eliminare i granuli. A volte, si adoperano pennelli per creare effetti speciali; a volte, forchette o pezzetti di plastica dentati per grattare, letteralmente, la superficie e conseguire risultati grafici diversi”.
Una Natività eco-friendly
Terminata la manifestazione, dove sarà trasportata la sabbia?
“Dunque, utilizziamo la stessa da venticinque anni, sono granelli che racchiudono la memoria e l’anima della nostra manifestazione. Con cura e dedizione, li ripuliamo da tutte le impurità o corpi estranei (legnetti, conchiglie e altro) e li riusiamo annualmente. Si conservano in un magazzino fino all’appuntamento successivo, estivo o invernale”.
Potremmo ritenerla un’iniziativa ecosostenibile?
“Direi di sì. Anche perché non vi sono additivi di alcun tipo o collanti. È tutto naturale e che, soprattutto, torna a essere tale”.
Alcune curiosità sulle sculture di sabbia?
“Ne avrei molte, avendo cominciato a occuparmi della manifestazione a sedici anni, ora ne ho trentaquattro! Tra l’altro è stato l’argomento della mia tesi, essendomi laureata in Economia e gestione delle Arti e delle attività culturali. Ad esempio, qualche volta le sculture possono avere dei cedimenti. Ricordo che, per un’edizione estiva dedicata alla città di Venezia, stavamo realizzando il Ponte dei Sospiri, e due giorni prima dalla fine di tutti i lavori, ne collassò metà. Fa parte del gioco. Cercammo di recuperare, lavorando sulla fascia inferiore come se fosse un basso rilievo. Mi viene in mente anche una signora che, non credendo si trattasse prettamente di sabbia e acqua, nel toccare una scultura, distrusse un dito. Lì, fu necessario il mio intervento personale per restaurare il danno arrecato”.
Come potrebbero unirsi le sculture del Sand Nativity alle tecnologie di ultima generazione, quali l’Intelligenza Artificiale?
“In tutti gli ambienti, anche quello artistico, l’Intelligenza Artificiale può dimostrarsi un valido supporto. Nel nostro caso, ho notato un’evoluzione. Nelle prime edizioni, gli artisti arrivavano con libri e modelli da ricopiare. Qualcuno, addirittura, stampava le pagine plastificate per non consentire alla sabbia di rovinarle. Pian piano, sono sopraggiunti i telefonini, gli iPad. La stessa cosa è avvenuta con i modelli. Dalla plastilina, si è passati al 3D. Non si appronta più il bozzetto su carta, ma su digitale. Si tratta di professionisti che viaggiano assiduamente ed è anche una scelta pratica, per semplificare il loro lavoro”.
Un atto di gentilezza consapevole
La dott.ssa Lana mi accompagna all’uscita del cantiere, continuando a parlarmi di questa sua esperienza e non mi è affatto difficile immaginarla bambina, a giocare sulla spiaggia di Jesolo mentre crea castelli e figure di sabbia.
Belle sensazioni, in perfetta sintonia con l’animo, non solo artistico, delle persone che lavorano al Sand Nativity. Ritagli di sabbia, che uniti, danno vita a quadri straordinari, intessuti di incanto e speranza. Qui, la vera fragranza del Natale si sprigiona travolgente, e sembra più semplice credere che una comunità migliore possa esistere, un luogo in cui un atto di gentilezza consapevole si trasformi in un granello di luce, microscopico, ma indelebile.
*Referente Senior
per Progetti Commerciali
e Culturali Sino-Europei
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