
Ottobre è per antonomasia, il Mese del fiocco Rosa, che ricorda a tutti la lotta globale del tumore al seno. È il mese, inoltre, in cui si desidera rendere nota all’opinione pubblica tutta la problematica sociale delle categorie vulnerabili e deboli. Non sono poche le giornate internazionali che vengono ricordate in questo mese autunnale. Ci sono, ad esempio, quella dedicata alle persone anziane, quella dei nonni o della salute mentale, ma anche quella relativa alla nonviolenza, oppure ai senzatetto, quella contro la pena di morte, come pure la giornata in cui si parla delle case di cura e delle cure palliative, e infine dell’eradicazione della povertà.
In queste ricorrenze, sono numerose le manifestazione che vengono organizzate con l’intento di incrementare i programmi sociali volti a dare la possibilità all’individuo di inserirsi in maniera attiva nella società attuale, ma anche la deistituzionalizzazione, l’abbandono e nei casi più estremi, per combattere la violenza contro queste categorie, spesso stigmatizzate dalla società, dai datori di lavoro e, purtroppo, in certi casi, anche dalle loro stesse famiglie.
Programmi sociali a tutela dei deboli
La lotta contro tutte le forme di povertà dura da decenni e tramite i programmi sociali varati dagli Stati e dalle amministrazioni regionali e locali, si dà prova di quanto questi siano degli efficaci titolari dello sviluppo in seno alla società. Nel nostro piccolo, uno di questi programmi viene attuato a Fiume, che è anche uno dei migliori a livello nazionale. Il capoluogo quarnerino da lunghi anni supporta i suoi cittadini che, a causa di malattie, disoccupazione di lunga durata e simili difficili circostanze di vita, sono minacciati dalla povertà e dall’esclusione sociale. Per gli anziani, i disabili e i malati c’è il supporto nelle spese dell’alloggio e i pasti nelle mense, un diritto garantito a livello nazionale, ma ci sono, per le altre categorie, anche altri tipi di aiuto e assistenza mirata.
Purtroppo, negli ultimi anni, la crisi economica ha colpito duramente queste categorie di persone, soprattutto gli anziani, ma anche cittadini nel pieno della loro maturità, che si sono trovati a dovere affrontare situazioni di vita difficilissime. L’impossibilità di pagare l’affitto del proprio appartamento, di assicurarsi un pasto giornaliero decente o l’assistenza medica, sono soltanto alcune delle tante incertezze che assillano le categorie deboli. A lungo andare, il singolo, dopo avere svenduto tutto, si trova a dovere sopravvivere, per strada, al freddo invernale o al cocente caldo estivo, sulle panchine dei parchi, in qualche baracca fatiscente e umida, nei cantieri edili abbandonati e in altri luoghi che non si addicono a un vivere decente. Spesso con la salute a rischio, la persona non è più in grado di gestire la propria esistenza e si lascia andare, diventando a tutti gli effetti un barbone, un clochard, un senzatetto. Non c’è distinzione: vi si ritrovano uomini, donne e spesso anche ragazzi adolescenti, per non parlare degli anziani, la categoria messa peggio in quanto non in attività e in salute per poter lavorare.
Anche in questi casi, la Città come anche la Regione litoraneo-montana, in collaborazione con le varie associazioni sociali e caritative si prende cura di questi gruppi di persone per aiutarli nella loro integrazione sociale, offrendo loro supporto in tutti i campi.

Foto: GORAN ŽIKOVIĆ
«Oaza» e «Le rose di San Francesco»
Tutte le maggiori Città e le Regioni sono obbligate a stanziare dai rispettivi Bilanci dei fondi per i servizi di ristorazione nelle mense pubbliche, nonché a fornire un servizio d’alloggio nei rifugi o ricoveri per senzatetto. Al fine di prevenire, alleviare ed eliminare le cause dell’esclusione sociale dei senzatetto, il fornitore dei servizi di alloggio temporaneo, l’Istituto croato per il lavoro sociale e le unità di autogoverno locale e regionale, sono tenuti a collaborare e a pianificare congiuntamente le attività volte a garantire il reinserimento di queste persone nella vita della comunità. In questo contesto, ci sono varie associazioni laiche e religiose che offrono il proprio supporto alla società, le quali risultano di grande aiuto nell’arricchimento del programma sociale locale.
Una di queste strutture è il rifugio per senzatetto “Oaza”, che opera in centro città. Si tratta di un’organizzazione non governativa e senza scopo di lucro, fondata nel 2010 dall’Associazione Terra, dai suoi dipendenti e da volontari pronti a lottare contro l’esclusione sociale delle persone che richiedono assistenza. Le attività dell’associazione sono finalizzate all’attuazione di strategie locali, regionali, nazionali e internazionali il cui obiettivo è combattere la povertà, la destigmatizzazione dei senzatetto e l’esclusione sociale e contribuire ai programmi e alla salute mentale dei gruppi vulnerabili.
“Il rifugio è in grado di ospitare 13 persone nella struttura e quattro donne in un’abitazione di proprietà della Città – ci ha spiegato Dejan Travica, responsabile coordinatore delle attività del rifugio –. In questo momento tutti i posti sono occupati e c’è una lista d’attesa molto lunga. I nostri fruitori, però, non sono inattivi e non se stanno con le mani in mano, bensì partecipano attivamente a tutto occupandosi della pulizia della struttura, della cucina e dell’ordine interno. Grazie ai concorsi sociali a cui partecipiamo regolarmente, e che ci assicurano fondi sia dalle casse locali che da quelle europee, riusciamo a offrire anche tutta una serie di attività per il regolare inserimento degli assistiti nella società. Li aiutiamo ad esempio a trovare un lavoro, a richiedere documenti e di seguito, anche ad assicurarsi un posto in cui vivere. Purtroppo, negli ultimi anni l’età delle persone in nostra assistenza aumenta e nella maggior parte dei casi sono già troppo in là con gli anni per trovarsi un lavoro oppure soffrono di malate croniche o disturbi psichici. I nostri dipendenti, la dottoressa Jasenka Duvnjak e l’assistente Josip Klen, sono a completa disposizione per attuare i programmi socio-terapeutici e di assistenza nella richiesta della documentazione necessaria per qualche supporto sociale. Ci avvalliamo, inoltre, dell’aiuto di volontari a lungo termine che sono un segmento molto importante nel reinserimento dei nostri fruitori nella vita civile e sociale”.
Ogni anno la struttura ospita in media 25 persone, che vi soggiornano da un mese fino a massimi sei mesi. “Si presume che in questo lasso di tempo e con il nostro supporto attivo, queste persone riusciranno a trovare un lavoro e a diventare indipendenti o verranno ospitate in una struttura specifica a lungo termine. Abbiamo un’ottima collaborazione con la Casa per adulti di Torretta, ma anche quest’ultima ha delle liste d’attesa molto lunghe. D’altra parte, le case per anziani sono praticamente inaccessibili per i loro alti costi di soggiorno”, ci ha detto ancora Dejan Travica.

Foto: GORAN ŽIKOVIĆ
Mancanza di strutture pubbliche per malati
Un’altra struttura di accoglienza per i senzatetto è il rifugio “Le rose di San Francesco”, che opera nell’ambito della Chiesa di San Romualdo e Ognissanti a Cosala. È stato inaugurato nel 2007 su iniziativa della Fratellanza dell’ordine secolare francescano di Tersatto, che ha mobilitato non soltanto l’Arcidiocesi di Fiume, ma anche la Città di Fiume, la Regione litoraneo-montana e il Ministero delle Politiche sociali. Il parere di Travica è stato condiviso anche dal responsabile e coordinatore della struttura di Cosala, Pjer Orlić. “Purtroppo, negli ultimi due anni le persone che richiedono assistenza sono sempre più anziane e non più in grado di lavorare, sia per avere superato i limiti d’età o in quanto malate. “La nostra struttura può ospitare 12 uomini e due donne e anche nel nostro caso la lista d’attesa è lunga. La nostra missione è aiutare e supportare queste persone nella loro risocializzazione. Dal baratro a una vita modesta, ma dignitosa, questo è il nostro credo. I singoli arrivano spesso da noi, letteralmente dalla strada, con inesistenti conoscenze igienico-sanitarie, spesso malnutriti e dediti all’alcol. Dapprima, tramite incontri individuali mirati, si opera per inserirli nell’ordine del rifugio, cioè nelle regole della pulizia e della disciplina, che sono essenziali per potere iniziare un percorso inverso. Quindi si lavora sull’inserimento sociale, sulla pulizia, sulla preparazione dei pasti, si partecipa ai tanti laboratori sociali che organizziamo e per terminare, li si inserisce nel lavoro attivo. Molti nostri ex fruitori, una volta concluso il percorso, tornano da noi come volontari”.
La struttura attuale non è adatta a ospitare persone con problemi psichici o fisici. “Non siamo attrezzati per offrire un’assistenza medico-sanitaria. Ci sono stati casi in cui le strutture ospedaliere hanno tentato di farci accogliere persone gravemente malate, che non camminavano autonomamente oppure versavano in un grave stato psichico. Purtroppo non abbiamo gli spazi né il personale adatto, che potrebbero essere d’aiuto a questi malati. Questo è un grande problema a livello nazionale. Mancano le strutture per la degenza prolungata di persone socialmente deboli, sole, ammalate e spesso anziane”.
Ritornando ai fruitori regolari, il rifugio, oltre a garantire un posto sicuro con servizi volti al reinserimento di queste persone nella società civile e lavorativa, dà loro modo di rendersi utili nella preparazione di confetture varie e di imparare qualcosa di nuovo. “Grazie ai nostri benefattori, riceviamo tantissima frutta e verdura fresca, che adoperiamo per la preparazione dei pasti, ma anche per la loro conservazione e vendita alle varie manifestazione. Per il nostro sostentamento, ci avvaliamo dei finanziamenti assicurati dai concorsi pubblici a livello cittadino, regionale, nazionale e anche di Ue, come pure dalle numerose azioni umanitarie organizzate dai nostri concittadini. Inoltre, i nostri fruitori sono a disposizione delle persone, soprattutto anziani, per qualsiasi lavoretto abbiano bisogno, dal fare la spesa a piccole riparazioni domestiche. Senza compenso ovviamente”.

Foto: ŽELJKO JERNEIĆ
Soggiorno diurno e spaccio sociale
Non è da meno nell’opera di accoglimento e supporto alle categorie più deboli e bisognosi di assistenza, la Casa rifugio della sezione dell’Associazione Depaul Fiume. Anche in questo caso, negli ultimi due anni, si riscontra un aumento di richiedenti aiuto. “Siamo arrivati a preparare oltre cento pasti giornalieri e l’aumento per noi è consistente”, ci ha detto suor Veronika Mila Popić, della Congregazione delle suore della Carità di San Vincenzo de Paoli, che gestisce la struttura. “Operiamo come soggiorno diurno e, oltre a un pasto caldo, offriamo ai nostri assistiti anche varie attività. Spesso si tratta di persone anziane, sole e malate, che non hanno sufficienti entrate per permettersi un pasto caldo giornaliero oppure di persone in difficoltà momentanea o permanente, come i senzatetto o singoli impossibilitati a trovare un lavoro per il loro precario stato di salute. La maggioranza, anche gli ultimi arrivati, si dà da fare per essere d’aiuto nei piccoli lavoretti, per sentirsi utili, come ad esempio nelle pulizie interne della struttura, o nel dare una mano in cucina, preparare le tavolate per il pranzo. Sono tutto lavori che vengono svolti con impegno e dedizione da chi in un momento della propria vita si è visto costretto a bussare alle nostre porte”.
Oltre a questo, l’Associazione ha avuto un grande supporto dalla Città di Fiume, che ha messo a disposizione un lotto nel rione di Valscurigne, che è stato trasformato in un orto biologico dove gli stessi fruitori dei servizi, si impegnano a coltivare le verdure, che poi finiranno sulla tavola del soggiorno diurno. “Siamo consapevoli del fatto che le nostre capacità siano limitate, ma grazie ai benefattori e ai cittadini più fortunati, riusciamo ad assicurare ogni giorno un pasto per tutti i richiedenti”, ha concluso suor Veronika.
Infine, un’altra struttura che offre supporto è lo spaccio sociale “Il pane di Santa Elisabetta”, con la distribuzione mensile di generi di prima necessità ai bisognosi. Il piccolo “negozio” situato nel rione di Braida, è un porto sicuro soprattutto per le famiglie trovatesi in difficoltà e che non riescono ad assicurarsi quotidianamente un pasto caldo. Come ci ha confermato la responsabile dello spaccio, Elida Verunica, ultimamente la richiesta supera l’offerta e ci sono tanti nuclei familiari nuovi che sono stati inseriti nella lista di aiuti. Grazie ai centri commerciali, alle associazioni e ai singoli cittadini, i volontari riescono a rimpinguare gli scaffali con generi alimentari e di drogheria per poi confezionare i pacchi che vengono in parte ritirati personalmente dai fruitori e in parte consegnati a coloro che sono malati o anziani. La collaborazione tra l’organizzazione caritativa, fondata dall’Ordine secolare francescano nel 2011, e la Città di Fiume è da sempre stata ottima, ma ultimamente non è stata risolta ancora la questione dello spazio per il vestiario, che finora aveva sede nell’ex magazzino ferroviario in zona Žabica ovest, ora abbattuto. “Ci sono tanti singoli che hanno bisogno, oltre che del cibo, di vestirsi dignitosamente e queste donazioni, purtroppo, sono venute a mancare, con lo smantellamento del capannone che avevamo in dotazione e che era di proprietà della Città. Speriamo che questa situazione si risolva al più presto, per il bene di tutti. Anche nel caso dello spaccio sociale, notiamo che la richiesta è aumentata. La missione di tutti i volontari in generale è quella di aiutare il richiedente, essergli vicini nei momenti di difficoltà e supportalo nel suo desiderio, e soprattutto diritto, di avere una vita dignitosa”.

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